Come si può prevenire l’Alzheimer

Proteggere il cervello, intervenire ai primi sintomi, evitare la solitudine: le speranze da un farmaco e da un test

come prevenire l'Alzheimer

ALZHEIMER

L’Alzheimer è una delle emergenze più impellenti che si trova ad affrontare l’umanità. Da una parte il costante invecchiamento della popolazione media mondiale, ma anche le abitudini errate e uno stile di vita sempre più irregolare, frenetico e stressante, incidono negativamente sulle persone, aumentando le probabilità che questa patologia emerga, e non solo in età avanzata.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS, stima che siano oltre 55 milioni i casi in tutto il mondo, ma soprattutto, sostiene che la patologia potrebbe raggiungere quasi gli 80 milioni entro il 2030.

Ecco quindi che conoscere come prevenire l’Alzheimer è fondamentale, specie se si considera che non esistono trattamenti ad oggi, o almeno, non ancora.

COME PREVENIRE L’ALZHEIMER

Conosciuta come (AD), l’Alzheimer è la tipologia di demenza più diffusa sul pianeta. Il decorso clinico è certo e conduce progressivamente ad una neuro degenerazione che colpisce le cellule nervose.

Le aree cerebrali preposte a regolare i processi della memoria e dell’apprendimento sono quelle maggiormente colpite. Ed è per questo che i pazienti, con i primi sintomi, iniziano a sperimentare momenti di perdita della memoria a breve termine.

Ad oggi l’arma più utile che abbiamo contro questa patologia neurodegenerativa è la prevenzione che può iniziare dall’adottare uno stile di vita regolare e bilanciato. Ma anche facendo più attenzione a fattori che poco si prendono in considerazione negli ultimi tempi, come per esempio stimolare il cervello in maniera positiva e dare uno spazio di privilegio alle relazioni sociali e allo stare in compagnia.

perdita di memoria: come prevenire l'Alzheimer

LEGGI ANCHE: Ha l’Alzheimer ma quando canta non si scorda una parola, ecco la storia di Ted

STIMOLARE IL CERVELLO E PRENDERSENE CURA

Se il cuore è il motore del nostro organismo, il cervello è di certo il timone che consente di immagazzinare informazioni complesse, scomporle e riutilizzarle in diversi contesti ogni giorno, grazie all’innesco di miliardi di processi neuronali.

Il cervello e l’attività cerebrale sono un dono straordinario che va preservato e anche aiutato con le giuste attenzioni. Una corretta alimentazione, un buon allenamento cerebrale e gli giusti stimoli favoriscono lo stato di salute di uno degli organi più vitali del nostro corpo.

D’altro canto, un cervello sano aiuta anche a tenere il cuore in salute, ma anche il contrario. Infatti, mantenere glicemia, colesterolo, pressione sanguigna entro i valori normali e prevenire quindi l’emergere di patologie che possono danneggiare il buon funzionamento di questi organi è un’ottima soluzione preventiva già da sé.

Bisogna inoltre prestare attenzione anche ai livelli di stress accumulato che oltre a limitare l’attività cerebrale può condurre a condizioni più preoccupanti e che evidentemente arrecano danno al cervello.

GLI EFFETTI NEGATIVI DELLA SOLITUDINE

La solitudine, sebbene in moderate dosi sia normale è anche indispensabile in alcuni momenti, può trasformarsi in un fattore di rischio per il declino cognitivo. La solitudine persistente, che sia esso desiderato o involontario, con il tempo può portare ad un declino dell’attività cerebrale.

La correlazione tra solitudine e Alzheimer è piuttosto evidente nello studio pubblicato sulla rivista Alzheimer’s and Dementia, dove i ricercatori hanno evidenziato come una solitudine persistente e protratta nel tempo possa aumentare anche di due volte il rischio che una qualche forma di demenza o Alzheimer emerga nel paziente rispetto a soggetti che hanno vissuto in un contesto di relazioni sociali stabile.

Lo studio ha preso in considerazione una fascia di età che varia tra i 45 e i 64 anni. Tuttavia, gli effetti della solitudine possono comparire anche in età più giovane e limitare la qualità dell’attività cerebrale nonché il completo funzionamento del cervello.

L’IMPORTANZA DELL’ATTIVITÀ FISICA

L’attività fisica è di certo parte integrante di qualsiasi ricetta che voglia favorire una prevenzione a 360 gradi di un paziente. Il nemico assoluto è invece il suo opposto, la sedentarietà. Una passeggiata o comunque un’attività prolungata ripetuta per più volte alla settimana aiuta l’intero organismo e anche il cervello, compresa la memoria e la creatività.

come prevenire l'Alzheimer

LEGGI ANCHE: Allenate il cervello con sonno, cibo ed esercizio fisico

COME PREVENIRE L’ALZHEIMER CON L’ALIMENTAZIONE

I cibi da prediligere per un’alimentazione che mira a prevenire l’Alzheimer sono quelli ricchi di vitamine e antiossidanti come verdure a foglia verde, tra cui asparagi, spinaci e rape. Ma anche il pesce azzurro, il salmone e il tonno che sono ricchi di Omega-3. La frutta deve essere sempre presente per più volte al giorno, specie quella di stagione, da preferire in assoluto. Anche frutta secca, come noci e mandorle, e olio extra vergine d’oliva con le giuste moderazioni possono aiutare.

ALIMENTI DA EVITARE PER ALZHEIMER

Alla domanda, come prevenire l’Alzheimer, è possibile rispondere con una semplice risposta: optare per una dieta più povera, ma in grado di mantenere lo stato di salute psico-fisico di una persona più a lungo. Nello specifico, è consigliato ridurre al minimo o sostituire zuccheri, sale, grassi saturi e anche le proteine derivate dagli animali. In particolar modo, evitare o comunque moderare il consumo di insaccati, salumi, formaggi e carne rossa.

ESERCIZI CONTRO L’ALZHEIMER

Il processo degenerativo dell’Alzheimer inizia 15-20 anni prima che compaiano i suoi sintomi. Questo significa che la malattia si può prevenire, a partire dai controlli cognitivi che vengono consigliati dai 50 anni in su. E da un protocollo, Train the brain (Allena il cervello), predisposto dal neurofisiologo Lamberto Maffei con l’Istituto di Neuroscienze del Cnr e l’università di Pisa. In questo protocollo sono previsti esercizi cognitivi e fisici per rafforzare la memoria e tenere in allenamento il cervello. Per esempio:
  • Ricordare sequenze numeriche prima brevi, con una o due cifre, poi sempre più lunghe, con numeri a tre cifre.
  • Fare giochi di parole, con la ricostruzione di parole alle quali mancano lettere (è il meccanismo della parole incrociate).
  • Cercare vocaboli intrusi rispetto a una lista originaria di parole più corta.
  • Fare esercizi di ginnastica aerobica che impegnano anche la memoria.

CHI È PREDISPOSTO ALL’ALZHEIMER

Secondi gli studi oggi disponibili, l’Alzheimer non ha una correlazione genetica. Tuttavia, si è scoperto che possa esistere una sorta di predisposizione familiare che potrebbe quindi rendere alcuni soggetti più esposti rispetto ad altri.

LEGGI ANCHE: Inquinamento e bambini, emergenza sanitaria: più rischi di asma, cancro e demenza da anziani

SINTOMI ALZHEIMER

Il morbo di Alzheimer è una demenza che ancora oggi è alquanto complessa da diagnosticare. Nonostante l’uso di strumenti tecnologici avanzati infatti, ancora risulta difficile differenziare le varie demenze dall’Alzheimer vero e proprio. Di fatto, è solo con l’autopsia che possono essere accertate le diagnosi e in particolare, con la verifica della presenza delle tipiche placche senili e i grovigli neuro fibrillari.

È da considerare anche la variabile sintomi che purtroppo iniziano a presentarsi in ritardo rispetto all’emergere della patologia. Questo comporta che alle prime sintomatologie sperimentate, il paziente è ormai giù in una fase in cui qualsiasi terapia non potrà apportare miglioramenti. Il decorso clinico è certo e incontrovertibile.

I sintomi più evidenti e da non trascurare come campanelli d’allarme per l’Alzheimer sono i seguenti:
  • Perdita della memoria a breve termine
  • Regresso del linguaggio
  • Riduzione dell’autonomia nelle attività quotidiane
  • Disturbi legati al sonno
  • Depressione con peggioramenti che possono condurre a deliri, allucinazioni e stati di agitazione frequenti
  • Perdita della cognizione del tempo
  • Senso di disorientamento spaziale

FARMACO CONTRO L’ALZHEIMER

La nuova speranza contro l’Alzheimer si chiama lecanemab: un medicinale che avrebbe mostrato alcune qualità per intervenire non solo sui sintomi, ma direttamente sulla malattia. L’agenzia federale americana Food and drug administration, che si occupa della sicurezza dei farmaci, ha dato un giudizio favorevole sui dati clinici con i risultati della terapia contro l’Alzheimer a base di lecanemab. Adesso la parola tocca all’analoga agenzia europea.

Il lecanemab appartiene alla categoria dei farmaci monoclonali, in forte espansione negli ultimi anni, e agisce come un localizzatore della proteina beta-amiloide, colpevole della formazione di minuscole ma numerose placche nel cervello capaci di danneggiare i neuroni. Il lecanemab va preso in somministrazione endovenosa ogni due settimane, ed è inutile per chi si trova già in una forma di demenza avanzata, così come è sconsigliato a pazienti che assumono anticogulanti o trombolitici. Motivo in più per avere diagnosi precoci e non con ritardi medi, come avviene in Italia, di 10-12 mesi. Il lecanemab, il cui sviluppo è guidato dall’azienda farmaceutica giapponese Eisai, è ancora oggetto di studi che confermino il suo valore clinico e riducano al minimo i rischi per la sicurezza del paziente. Al momento, il lecanemab è stato associato a possibili controindicazioni come emorragie cerebrali e gonfiore del cervello. Intanto anche la presidente dell’Associazione italiana contro l’Alzheimer, Patrizia Spadin, ha espresso un giudizio favorevole sul lecanemab e sulle sue potenzialità.

DUE CELLULE CHE PROTEGGONO DALL’ALZHEIMER

Sulla rivista Cell sono stati pubblicati i risultati di un’importante ricerca svolta su 427 anziani deceduti, alcuni con demenza o Alzheimer in fase avanzata. Sono stati così individuati due tipi di neuroni inibitori, più numerosi nei soggetti sani, anche in presenza delle tipiche placche dell’Alzheimner. Si tratta dei geni della relina, una proteina che partecipa allo sviluppo dei circuiti nervosi; e dei genidella somatostatina, un ormone regolatore. Se i risultati della ricerca dovessero essere confermati, si aprirebbe una nuova strada per lo studio dell’Alzheimer e per la sua cura.

TEST RAPIDO PER L’ALZHEIMER

Anche per la diagnosi dell’alzheimer si stanno facendo importanti progressi. La novità più interessante arriva dall’università di Pittsburgh, in America, dove un gruppo di ricercatori ha individuato un modo per arrivare a una diagnosi precoce della malattia. Partendo da un semplice esame del sangue.

Il test distingue la proteina tau di origine cerebrale (bd-tau) da quella prodotta in altre parti del corpo. Ed è proprio il biomarcatore bd-tau che consente di distinguere l’alzheimer da altre malattie neurodegenerative. I vantaggi della diagnosi precoce sono diversi. A parte la possibilità di intervenire con maggiore tempestività, attualmente la diagnosi dell’alzheimer arriva dalla risonanza magnetica, dalla pet o dalla puntura lombare. Tutti esami molto costosi e dai tempi lunghi.

COME PREDIRE LE DEMENZE ANCHE 10 ANNI PRIMA

Un altro studio, pubblicato su Nature Aging, ha messo a fuoco un gruppo di proteine il cui livello nel sangue potrebbe aiutare a predire una forma di demenza con ben 10 anni di anticipo rispetto alla diagnosi. La ricerca, durata quasi 15 anni,ha coinvolto 1.417 partecipanti  e sono state individuate, all’interno di 1.463 proteine, quelle che potrebbero essere i migliori biomarcatori di un declino cognitivo. Dall’analisi dei dati, a tutte le forme di demenza sono state associate le proteine Gfap, Nefl, Gdfl5 e Ltbp2. In particolare, la proteina Gfap inizia a cambiare già 10 anni prima della diagnosi. Siamo ancora in una prima fase di studio, ma sicuramente la pista è giusta, e consentirà predire le demenze con largo anticipo, per poi almeno rallentare e gestire nel tempo.

A CHI RIVOLGERSI IN CASO DI SINTOMI DI ALZHEIMER O PARKINSON?

Se un vostro parente o una persona vicina mostra i sintomi dell’Alzheimer (o anche del Parkinson), potete rivolgersi a questi indirizzi.
  • Centri per i disturbi cognitivi e le demenze. Sono 400, distribuiti in tutto il territorio nazionale: attraverso Google, con la signa Cdcd, abbinata al nome della regione dove vivete, trovate quelli più vicini. Purtroppo un quarto di questi centri è aperto soltanto un giorno alla settimana. I centri si occupano della diagnosi, della valutazione e del trattamento dei disturbi cognitivi e delle demenze.
  • Centri diurni. Sono strutture semiresidenziali per patologie legate alla demenza.
  • Strutture residenziali. Qui invece ci sono dei veri e propri ricoveri per i trattamenti.
  • Mappa online dei serviziComprende il totale delle 4.500 strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche o convenzionate, per l’assistenza e la cura delle demenze. Non tutte davvero funzionanti.
  • Pronto Alzheimer. Si tratta di una linea telefonica gratuita per avere consulenza e supporto, gestita dalla Federazione Alzheimer Italia. E’ attiva dal lunedì al venerdì, dalle 9 del mattino alle 18 del pomeriggio, e risponde al numero 02- 809767
  • Servizi Sociali del comune. Se il paziente non è più autosufficiente, ci si può rivolgere ai Servizio di assistenza domiciliare (Sad) del proprio comune. In questo caso, ci sarà un operatore che si occuperà a domicilio del malato, con una tariffa a ore calcolata in base all’Isee.

CHE FARE CON LE PERSONE AFFETTE DA DEMENZA

I numeri dicono che in Italia ci sono 1 milione e 100mila persone che soffrono di demenza, delle quali circa 600mila sono malati di Alzheimer. Il tempo per arrivare a una diagnosi, mediamente, è di due anni, mentre i segnali precoci arrivano attorno ai 50 anni. Come comportarsi con una persona affetta da demenza?
  • Non mettete fretta quando dovete fare qualcosa insieme, e usate poche parole per aiutare un malato di Alzheimer a fare qualcosa che per lui ( o lei) è diventato molto complesso.
  • Non risentitevi di fronte a una reazione fatta di nervosismo e di rabbia. Il malato di demenza perde le staffe ogni volta che non riesce a fare qualcosa, anche di semplice.
  • Quando ha voglia di fare le cose da sola, non ostacolatela, ma semmai incoraggiatela: è un modo per aiutarla a convivere con la malattia.
  • Cercate di non perdere mai un canale di comunicazione.
  • Leggete storie e fate racconti.
  • Incentivate una possibile conversazione anche se molto frammentata.
  • Quando fa fatica a fare qualcosa davanti ad altre persone, prendere i soldi per pagare alla cassa oppure scegliere un acquisto, sostenetela e aiutatela nei calcoli, per lei davvero difficili.
  • Se ripete spesso le stesse cose non cedete alla tentazione di innervosirvi e di rimproverala.
  • Parlate lentamente, fate domande con le giuste pause. E ripetete fino a quando non avrete la certezza che abbia capito.
  • Se la incontri per strada e la vedi in difficoltà, chiedile di aiutarla. Senza forzature.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

KuBet
KUBet - Trò chơi đánh bài đỉnh cao trên hệ điều hành Android
Torna in alto