CITTADINO E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – E dire che ci avevano promesso più velocità e meno torture, più informatica e meno attese allo sportello. A leggere le statistiche appena pubblicate dalla Cgia di Mestre, invece, scopriamo che il calvario degli italiani allo sportello, alle prese con le mille trappole della pubblica amministrazione, aumenta. A ritmo perfino vertiginoso in alcune regioni. Negli ultimi dieci anni il numero delle persone che hanno atteso, in fila, più di venti minuti per ritirare un certificato dell’anagrafe è cresciuto del 43,7 per cento: nel 2003 erano 12 su 100, nel 2013 sono diventate 18 su 100.
LO SPRECO DI TEMPO DELLE FILE AGLI SPORTELLI – Va ancora peggio quando si tratta di ottenere un documento da una Asl: la metà dei cittadini aspetta più di venti minuti (erano il 40 per cento dieci anni fa), ma questa percentuale schizza al 70 per cento in Calabria e al 66 per cento in Sicilia. Già, anche in materia di file l’Italia è pur sempre divisa in due con qualcuno che deve aspettare di più rispetto al concittadino di una regione meglio organizzata.
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IL RAPPORTO TRA IL CITTADINO E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Ma come si spiega questo passo indietro? Perché il rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione, già alla radice, quando si tratta semplicemente di ritirare un documento, peggiora nonostante il progresso delle tecnologia e le tante opportunità che offre?
L’INFORMATIZZAZIONE DEI SERVIZI RICHIESTI DAL CITTADINO – Una prima risposta riguarda proprio l’avanzata delle macchine e l’arretramento degli uomini. Per un effetto boomerang l’aumento dell’informatica, ancora molto lento (avete mai provato a richiedere un certificato dal computer della vostra abitazione oppure a fare un numero verde di un’amministrazione comunale?), non si è ancora tradotto in reali benefici per gli utenti. Anzi. Da un lato il personale allo sportello è diminuito, proprio per spingere il cittadino a utilizzare la tecnologia, dall’altro però una vera informatizzazione, almeno dei servizi di base, non si è vista. Così siamo finiti nel guado. Abbiamo meno interlocutori ai quali rivolgerci di persona e siamo in attesa delle macchine che devono sostituirli. Risultato: la fila, l’orribile fila, è oggi più che mai il simbolo del muro che separa gli italiani dalla burocrazia. E quella striscia che si allunga altro non segnala che un aumento del distacco, della perdita di fiducia e di credibilità della pubblica amministrazione. Come se fossimo condannati a subire questa tortura.
LE NORME CHE COMPLICANO IL RAPPORTO TRA CITTADINI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Un secondo elemento che pesa nel peggioramento della situazione è l’incremento delle norme che, di regola, quando si tratta di documenti e certificati, si accompagna sempre a nuovi balzelli, timbri e firme. Carta chiama carta, è una vecchia regola della peggiore macchina burocratica. Dal 2008, quando ci siamo inventati perfino un ministero per la Semplificazione, sono state approvate quasi 300 leggi che hanno complicato il rapporto tra il cittadino (e l’impresa) e la pubblica amministrazione. Tutto diventa più difficile, laddove dovrebbe diventare più semplice. Una prova? Le piccole imprese italiane pagano un conto complessivo, in termini di adempimenti burocratici, pari a 31 miliardi di euro l’anno. Ma i soldi non sono tutto, e in alcuni casi rappresentano il danno minore rispetto al tempo sprecato. L’equivalente delle ore che il singolo cittadino passa in fila per avere un certificato di residenza. Dunque, nel 2006 una piccola azienda aveva bisogno di 24 giorni lavorativi per portare a compimento i vari adempimenti burocratici: adesso siamo a 30 giorni lavorativi. E l’81 per cento di queste società, non avendo strutture interne, devono ricorrere al consulente esterno. Altri costi, e altro tempo per incontri e riunioni.
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IL CAOS LEGISLATIVO IN ITALIA – Un terzo fattore di caos riguarda il fatto che in Italia le leggi e le norme si scrivono, e si sommano, sempre peggio. Il caos, in termini di interpretazione, è diventato l’ordinaria amministrazione, e ciò incide sui tempi. Un esempio classico è quello della Tasi, della quale al momento, considerando le varie modulazioni, ne esistono 7.500 versioni sul territorio nazionale. Una bomba in termini di disordine burocratico, di incertezza per le tasche dei contribuenti e di tempo sprecato per chi vuole essere in regola in un periodo nel quale si concentrano, tutte nelle stesse settimane, quasi 30 scadenze fiscali. La Tasi made in Italy non ha uguali nel mondo, e un paese dove lo Stato è ancora in piedi, la Francia, l’analoga tassa si paga nel modo più semplice e diretto: ti arriva a casa un bollettino, con il relativo importo, e devi soltanto procedere all’addebito in banca. Non hai bisogno di fare la fila, in questo caso dal commercialista o dal consulente fiscale, in attesa di capire qualcosa prima ancora di pagare.
LA CATTIVA BUROCRAZIA IN ITALIA – Infine la cattiva burocrazia, la pubblica amministrazione che complica la vita dei cittadini e delle imprese e non rende fluido il rapporto con lo Stato, è l’anticamera della corruzione e dell’opacità. Siamo un Paese dove, per anni, la speculazione edilizia è andata avanti in modo selvaggio e incontrollato. Eppure in Italia per un banale permesso edilizio servono in media 234 giorni, rispetto ai 184 della Francia ed ai 99 del Regno Unito. Quanto a un capannone industriale, non bastano 62 firme, con relative autorizzazioni per realizzarlo: una giungla, nella quale ha gioco facile il ricatto del funzionario corrotto o del politico che ti aiuta a sbrogliare la pratica.
Mentre la Cgia di Mestre certifica il nostro calvario quotidiano e misura, con un centimetro fatto di minuti in fila, il peggioramento del rapporto con la pubblica amministrazione, da Roma il governo annuncia nuove semplificazioni. È stata appena approvata, infatti, una delega per le prestazioni solo online: in pratica ogni cittadino ed ogni impresa potrà ricevere presso il proprio domicilio tutti i documenti pubblici in tempo reale. Sarebbe una rivoluzione, anche se lo stesso governo nel dare l’annuncio del cambiamento ha messo le mani avanti: ci vorrà tempo, e per il 2015 l’unica cosa pronta sarà il pin degli utenti. Per il momento rassegniamoci a fare la fila per un certificato di residenza.
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