Così tagliano gli alberi invece degli sprechi per pagare i debiti di comuni

Avviene in Calabria, ma potrebbe ripetersi in tutta Italia. Si eliminano i boschi di abeti e faggi per evitare il fallimento dell’amministrazione. E si mettono perfino all’asta.

In Calabria lo spreco folle del Comune di Serra San Bruno che taglia gli alberi secolari per pagare debiti

TAGLIO ALBERI CALABRIA – In Calabria hanno inventato una singolare spending review  per risparmiare e per fare cassa: tagliare gli alberi. Anche i più belli, i più unici, quelli secolari, che nel mondo sono considerati “monumenti della Natura”. La pista verso questo incredibile spreco, altro che risparmio, è stata aperta dagli amministratori del comune di Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia, che in un anno hanno consentito l’eliminazione di quasi 10mila alberi nel bosco dell’Archiforo, migliaia di ettari di paradiso, uno spicchio di Sud non degradato e non devastato dalla speculazione edilizia. Qualche giorno fa l’ultimo colpo. Via con il piano per l’eliminazione di altre migliaia di alberi, tra i quali il famoso abete bianco noto come “il principe dei boschi” anche per la sua grandezza (55 metri di altezza e 5,5 di circonferenza), per il momento sospeso dopo la valanga di proteste che sono scattate sul web da parte di associazioni e di singoli cittadini.

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GLI SPRECHI DEL COMUNE DI SERRA SAN BRUNO IN CALABRIA – Stesso copione nella zona montana di Dasà, dove nel centro di una riserva naturale super protetta, in teoria, da varie leggi e regolamenti, il sindaco ha pensato bene perfino di mettere all’asta i 1.418 alberi censiti per l’abbattimento, o la strage se vogliamo essere più precisi. Qui oltre l’abete bianco, ad essere più colpiti sono i faggi, che hanno eccezionali qualità per finire poi sul mercato del legno.

(Le immagini della gallery sono tratte dalla pagina FacebookParco Naturale Regionale delle Serre“)

Quello che più fa impressione nella nuova politica “ambientalista” in versione calabrese sono le motivazioni di scelte così spregiudicate. “Gli alberi sono malati e noi abbiamo bisogno di soldi per evitare il fallimento” taglia corto Bruno Rosi, sindaco di Serra San Bruno. Probabilmente dice la verità, ma non si accorge della follia di questa verità. Gli alberi sono malati? Non è un buon motivo per eliminarli in blocco, con tutti gli effetti collaterali sul territorio a partire dal colpo al cuore della biodiversità locale. Semmai si tratta di intervenire per salvarli. Quanto al dissesto finanziario, che un comune del Mezzogiorno sia sull’orlo del fallimento è la regola, ma ciò non significa che i conti si possono sistemare liquidando, impoverendo, il proprio patrimonio naturale. È come se una diocesi, di fronte alla necessità di fare quadrare i conti sul territorio, decidesse prima di chiudere e poi di vendere le sue chiese. Anche in questo caso il paradigma, semmai, va rovesciato: quegli alberi, se ben sfruttati e valorizzati, potrebbero generare ricchezza, benessere, lavoro. E non debiti da pagare.

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Chi conosce il territorio delle Serre vibonesi sa bene, infatti, che stiamo parlando di un luogo da favola, di una vera e unica meraviglia della Bella Italia, attorno alla quale bisognerebbe sviluppare turismo di qualità, abbinato all’enogastronomia, perfino dall’estero, come farebbero in qualsiasi paese del mondo. E noi invece tagliamo gli alberi per fare cassa.

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