Coronavirus, così si vincono ansia e paura. E non si sprecano i giorni più difficili

Una prova per il nostro carattere e per il nostro cuore. Le attività da preferire in casa. Non esagerare con l’informazione: un tg al giorno può bastare. E non modificate troppo le vostre abitudini

come vincere ansia e paura coronavirus

Un bollettino di guerra, ogni giorno, di ora in ora. Contagiati, guariti, morti. Una valanga di informazioni, non sempre coerenti e spesso intorbidite dalle fake news, che arrivano come frecce al cervello e al cuore. Un costante interrogarsi, una ricerca dentro noi stessi di domande alle quali nessuno può dare risposte certe. Quando finirà. Come saremo dopo. A quanto ammontano i nostri danni psicologici ed economici. Nel frastuono di questo tsunami di emozioni dominano, purtroppo, le peggiori: paura, ansia, sgomento, preoccupazione, panico. E l’idea che nella difficoltà ci sono anche tante opportunità da cogliere, da non sprecare, resta una bella suggestione, ma fatica a concretizzarsi.

COME VINCERE PAURA DEL CORONAVIRUS

Ecco allora l’importanza di qualche contromisura, di risposte che, come le azioni delle quali ci sentiamo vittime, mettono il gioco il cervello e il cuore. Piccoli gesti, piccole azioni, piccole nuove abitudini: ma messe insieme potentissime per uscire dal tunnel di uno stress a lunga gittata, non legato a un singolo episodio, ma capace di compromettere il benessere della nostra vita. Compreso il «restiamo a casa», male necessario, da accettare senza se e senza ma, con il quale bisogna convivere. Cercando, nella durezza del tempo che sembra scorrere molto più lentamente, di rovesciare il bicchiere, e guardare la parte piena (la possibilità di migliorare i rapporti interpersonali) e non quella vuota (il rischio di comprometterli).

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COME VINCERE ANSIA E PAURA DEL CORONAVIRUS

Le informazioni di cui avete bisogno. Non esagerate con telegiornali, talk show, smanettamento su Internet. Un conto è essere informati, cosa sacrosanta, specie in questo periodo, altro fatto è lasciarsi risucchiare dalla lavatrice dell’informazione. La macchina nelle news sul coronavirus è fatta di uomini e donne che fanno semplicemente il loro lavoro, e dunque è anche comprensibile se con titoli, tono di voce e sequenza ossessiva degli avvenimenti, calchino la mano. Ma siete voi a non dovere cadere nella trappola. In concreto: non più di uno, massimo due, telegiornali al giorno; un talk show alla settimana e senza modificare in modo radicale le precedenti abitudini rispetto a questa fonte di informazione; ricerche specifiche su Internet e solo su siti affidabili. In compenso, spazio a film, canali tematici, programmi di intrattenimento (anche di archivio), serie televisive. Vedrete che in pochi giorni il vostro tasso di ansia da troppa informazione sarà decisamente diminuito. E non avrete sprecato tempo ed energie nell’inutile ossessione di essere informati.

Altre attività da fare. Invece di stare tutto il giorno a cercare l’ultima notizia per accumulare ansia, distribuite nel corso della giornata impegni con attività di varia natura. Innanzitutto la lettura (da preferire i romanzi, e la Grande Letteratura dell’Ottocento con le sue storie eterne, dense e romantiche) e la musica. Poi esercizi fisici che potete fare in casa o, ne se ne avete, negli spazi esterni: ginnastica, pilates e yoga. Ottimo, specie per coinvolgere i più piccoli, il bricolage, e il lavoro in cucina per preparare nuove ricette. E spazio alle carte, considerandole per quello che sono: un divertente passatempo, come se fossimo durante giornate di festa.

All’aria aperta. Non vogliamo creare equivoci e quindi lo diciamo in premessa: le regole sulla nostra mobilità, sulle relazioni sociali, a proposito di coronavirus, vanno rispettate. Alla lettera. Ma sono proprio le regole, applicate con rigore, che ci consentono di godere di alcuni spazi all’aria aperta nel corso della giornata. Perché sprecarli e non coglierli, visto, tra l’altro, che ormai siamo in primavera? Sono le norme che ci consentono di andare a prendere una boccata d’aria: per fare la spesa, comprare un giornale, portare il cane a passeggio, svolgere un minimo di attività fisica. Leggetele con attenzione (ci sono anche quelle di natura regionale) e scoprirete che non siete proprio condannati alla reclusione e avete spazio e tempo anche per stare un minimo all’aria aperta. Senza infrangere la legge e venire meno ai vostri doveri di cittadino in una fase così delicata.

Non modificate troppo le vostre abitudini. Il trauma del «restare a casa» non va appesantito con un ulteriore choc: il cambio radicale delle vostre abitudini quotidiane. Quindi: mantenete la sveglia alla solita ora (anche se certo potete concedervi qualcosa in più in termini di sonno), non restate in casa in pigiama come un malato e vestitevi regolarmente, non state continuamente a mangiare e rispettate la solita dieta e i soliti orari. In questa situazione difendere le proprie abitudini significa conquistare, con i più semplici gesti del mondo, uno spazio interiore di sicurezza. Un modo per essere attivi, fare, in tempi nei quali questo verbo essere destinato alla temporanea cancellazione.

Non esagerate con la sicurezza. Un altro atteggiamento da evitare è quello contrario al senso latente di paura e di ansia: il mostrarsi sempre e comunque forti, al punto da negare la gravità della situazione e la portata epocale di questa tragedia. Questo è un atteggiamento sbagliato per due motivi. Il primo è evidente: ci porta fuori dalla realtà, e prima o poi a forza di negare ciò che è sotto gli occhi di tutti, avremo un crollo. E saranno guai. Secondo motivo: la sindrome del bullo, dello spaccone, di fronte al coronavirus piano piano ci prende per mano e ci accompagna verso l’elusione delle norme di sicurezza sanitaria. Il meccanismo è questo: sono forte e non ho paura, posso affrontare qualsiasi difficoltà, e allora mi permetto anche di uscire di casa quando e come mi pare. Meglio ricordarsi che la paura è uno dei sentimenti più umani che ci accompagna per tutta la vita, e comunque dobbiamo fare i conti con la sua potenza.

Parlate con gli amici e con familiari lontani.  Questa è una delle opportunità che potete cogliere nei giorni della quarantena. Siete a casa, avete meno cosa da fare del solito, potete prendervi il vostro tempo e volete anche sentire il calore di un rapporto esterno. È il momento di telefonare agli amici, privilegiando i single che non se la passano affatto bene, senza stare con il cronometro in mano per calcolare il tempo della conversazione. È il momento di ricordarci dello zio anziano che non sentiamo da mesi, del vicino di casa disabile che non incontriamo da tanto tempo, di qualcuno che, per gli imprevedibili cicli della vita, è uscito dal nostro orizzonte, senza neanche un chiaro motivo. Fate una specie di rassegna mentale nella vostra testa, consultando magari la rubrica del cellulare e facendo scorrere tutti i nomi memorizzati: correte il rischio di avere qualche bella sorpresa, di condividere emozioni con altre persone, e di sentirvi perfino utili. E dunque più sereni.

Una ragionevole autodifesa. Sicuramente nella vita vi sarà capitato di conoscere una persona ipocondriaca. E magari voi stessi avete questo tipo di disturbo. Siete così in grado di valutare che cosa possa significare sentirsi ossessionati dalla paura di essere contagiati che porta a chiudersi a riccio ed a evitare qualsiasi contatto. Se avete ossessioni di questo genere cercate di superarle, con i consigli che vi abbiamo dato finora.  Se non ci riuscite, non sognatevi neanche di passare alla fase dei farmaci fai-da-te: in queste situazioni sono davvero micidiali. Piuttosto, e senza vergognarvi, consultate un bravo psicologo e chiedete un aiuto. Ne avete bisogno.

Il contagio emotivo. L’uso della ragione, il controllo di certe emozioni negative, la calma necessaria per affrontare una situazione così complessa, sono indispensabili nel momento in cui non siamo soli. Viviamo in casa con qualcuno. E il motivo è ben descritto dagli scienziati della mente: la paura è contagiosa, e a proposito di virus, è bene sapere che esiste il contagio emotivo del cervello. Avviene attraverso i neuroni specchio, cellule nervose che consentono di condividere con altri buonumore o malumore, fiducia o paura. Se non ci sforziamo di essere portatori sani di emozioni di segno positivo, corriamo il rischio di essere portatori sani di emozioni negative. Stiamo facendo del male agli altri, persone a noi molto care. Evitiamolo, se non altro per senso di responsabilità.

La sindrome della claustrofobia e l’opportunità del contatto. Tutti a casa, per guarire. Detta così non è poi una cosa complicata, o particolarmente faticosa. In fondo, è solo una precauzione per non ammalarsi. Ma andando poi a viverla in diretta, questa regola viaggia su un filo molto sottile che separa due scenari: un senso di claustrofobia e quindi anche di rigetto dell’altro e degli altri, una voglia di condivisione che ci avvicina all’altro e agli altri, anche quando eravamo finiti lontani. Come sempre, nel dilemma tra il bene e il male, tra i quali il confine è netto e non sfumato dalle chiacchere del relativismo, la scelta tocca a noi. Dove vogliamo stare? La convivenza è faticosa, sempre e comunque. Figuriamoci in tempi di guerra da coronavirus! Ma invece di avvitarci nel desiderio, tra l’altro inappagabile, di fuga, possiamo sforzarci nel tentativo di essere più vicini agli altri. Facendo leva non tanto sulla solidarietà, che pure non può mancare rispetto ai più deboli, ma sulla riscoperta di desideri sopiti o trascurati. Papa Francesco lo ha spiegato con parole semplici e chiare: i giorni più duri e difficili del coronavirus, sono quelli più adatti per ritrovare la vicinanza con le persone più care. Anche attraverso la semplicità dei gesti, dalla carezza alla parola, e i fondamentali della vita, quei valori che poi ci accompagnano fino alla morte. Finora, con i nostri consigli, vi abbiamo parlato di prove di carattere; questa invece è una prova del cuore. L’importante è non sprecare  la doppia occasione.

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