Uso medico della cannabis per il trattamento del dolore cronico

Ne soffre quasi un terzo della popolazione. Come si somministra e quali sono le controindicazioni

Uso medico della cannabis per il trattamento del dolore cronico

USO MEDICO DELLA CANNABIS PER IL TRATTAMENTO DEL DOLORE CRONICO

L’uso della cannabis, in chiave medica, per il trattamento del dolore cronico, è largamente diffuso in molti paesi, tra i quali l’Italia, dove è consentito da una legge che risale al 2006. Diversi studi ormai confermano l’efficacia della cannabis nel contrastare il dolore cronico, con due premesse fondamentali. La prima: comunque il suo utilizzo va prescritto dal medico. Seconda premessa: la cannabis deve essere prodotta da aziende che rispettano tutte le specifiche previste dalla legge. 

Per accedere a questo tipo di trattamento, i pazienti devono essere in possesso di una prescrizione medica, rilasciata solo dopo una valutazione accurata delle condizioni di salute, che giustifichino l’impiego della cannabis come terapia adatta. 

In Italia, la prescrizione è possibile per patologie quali la sclerosi multipla, il dolore neuropatico severoHIV e alcune forme di dolore cronico che non rispondono a trattamenti farmacologici tradizionali.

L’impiego di cannabis a fini medici è supportato da studi che ne attestano la capacità di alleviare il dolore, migliorare il sonno e ridurre l’ansia in pazienti affetti da diverse condizioni croniche. Ma cerchiamo di comprendere questo argomento piuttosto complesso più nel dettaglio.

PERSONE CHE SOFFRONO DI DOLORE CRONICO

Il dolore cronico è una realtà quotidiana per più di 200 milioni di persone nei Paesi occidentali, tra cui 13 milioni solo in Italia. Le patologie che più frequentemente portano a questa condizione includono:

  • Nevralgie
  • Endometriosi
  • Vulvodinia
  • Fibromialgia
  • Traumi fisici
  • Emicrania
  • Herpes zoster
  • Neuropatia diabetica

Queste condizioni causano un dolore persistente che spesso sfugge alle terapie convenzionali, rendendo il dolore cronico non solo un problema medico, ma anche un dramma sociale con un impatto importante sulla vita di chi ne soffre.

In Italia si stima che il 26% della popolazione conviva con una forma di dolore cronico ogni giorno. Un tasso davvero alto che fa intendere il motivo delle ricerche mediche in tal senso contro il dolore cronico. Si tratta, infatti, non solo di una questione sanitaria, ma piuttosto di un’emergenza sociale che richiede interventi mirati e l’attenzione sia delle istituzioni sanitarie che della società civile.

PRINCIPI ATTIVI

La cannabis medica impiegata per il trattamento del dolore cronico contiene diversi principi attivi, i più rilevanti dei quali sono il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD). Questi composti interagiscono con il sistema endocannabinoide del corpo, una rete di recettori che regola vari processi biologici tra cui il dolore, l’infiammazione, l’appetito e l’umore.

  • THC: è il principale componente psicoattivo della cannabis e svolge un ruolo cruciale nell’analgesia, ovvero nella riduzione della percezione del dolore. Agisce legandosi ai recettori CB1, prevalentemente presenti nel sistema nervoso centrale, e ai recettori CB2, presenti nel sistema immunitario e periferico.
  • CBD: d’altra parte, non è psicoattivo e ha effetti anti-infiammatori e analgesici. Interagisce con diversi sistemi recettoriali nel corpo umano, compreso il sistema dei recettori vanilloidi, gli oppioidi e i recettori della serotonina, che giocano un ruolo nella modulazione del dolore, nell’infiammazione e nell’umore.

COME AGISCE

La cannabis medica, come già accennato, agisce sull’organismo interagendo con il sistema endocannabinoide. Questo sistema è composto da recettori cannabinoidi, endocannabinoidi (cannabinoidi prodotti naturalmente dal corpo) e enzimi che sintetizzano e degradano gli endocannabinoidi. 

I PRINCIPALI RECETTORI CANNABINOIDI

  • Recettori CB1: sono responsabili degli effetti psicoattivi del THC oltre a giocare un ruolo chiave nella modulazione del dolore. Quando il THC entra nel corpo, si lega a questi recettori e altera la trasmissione delle informazioni tra i neuroni, riducendo così la percezione del dolore.
  • Recettori CB2: Sono coinvolti nella regolazione delle risposte immunitarie e infiammatorie. Il CBD interagisce con questi recettori per aiutare a ridurre l’infiammazione e l’irritazione associata a condizioni dolorose croniche.

Per assicurare che i principi attivi della cannabis siano assorbiti in modo efficace, i pazienti possono utilizzare dispositivi specifici come il Mighty vaporizzatore. Questo vaporizzatore portatile consente di inalare i cannabinoidi in forma di vapore anziché di fumo, offrendo un metodo di somministrazione che è sia meno dannoso per i polmoni sia più efficiente nel rilasciare i composti attivi. Ma quali sono i metodi di somministrazione attualmente disponibili?

COME SI SOMMINISTRA

La somministrazione di cannabis medica può avvenire attraverso diversi metodi. Tra questi, la vaporizzazione è uno dei metodi più efficaci e sicuri, specie per i pazienti che necessitano di un sollievo rapido dal dolore.

La vaporizzazione funziona riscaldando la cannabis a una temperatura che attiva i suoi cannabinoidi senza bruciarla, evitando la produzione di sostanze nocive presenti nel fumo. Questo processo garantisce un rilascio rapido e controllato dei principi attivi, facilitando l’interazione immediata con il sistema endocannabinoide e permettendo un’azione più diretta e veloce nel controllo del dolore.

Oltre alla vaporizzazione, la cannabis può essere somministrata attraverso oli e tinture, che sono assunti per via sublinguale o aggiunti agli alimenti. Questi metodi permettono una durata d’azione più lunga rispetto alla vaporizzazione, sebbene gli effetti tendono a manifestarsi in una forma più lenta.

L’assunzione, infine, può avvenire anche per via orale sotto forma di capsule. In questo caso, la dose è molto precisa e gli effetti sono prolungati, ideali, quindi, per coloro che necessitano di un sollievo continuativo lungo l’arco della giornata. L’effetto delle forme orali, tuttavia, può richiedere da mezz’ora a due ore per manifestarsi a causa della digestione e del metabolismo nel fegato.

ALTRI USI TERAPEUTICI DELLA CANNABIS

La cannabis medica è utilizzata per trattare molteplici condizioni al di là del dolore cronico, sfruttando i suoi diversi principi attivi. Questi composti hanno dimostrato di avere potenziali terapeutici in numerosi ambiti della medicina, tra cui:

  • Gestione della nausea e stimolazione dell’appetito: In oncologia, il THC è spesso usato per alleviare la nausea e il vomito associati ai trattamenti chemioterapici. Inoltre, può stimolare l’appetito in pazienti affetti da AIDS, cancro, e altre malattie che causano perdita di peso come l’anoressia.
  • Trattamento dei disturbi neurologici: Il CBD è impiegato nel trattamento di forme severe di epilessia pediatrica, come la sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox-Gastaut.
  • Effetti anti-infiammatori: Sia il CBD che il THC possiedono proprietà anti-infiammatorie, utili nel trattamento di condizioni croniche infiammatorie come l’artrite reumatoide e la malattia di Crohn. Aiutano a ridurre l’infiammazione e il dolore senza gli effetti collaterali spesso associati ai farmaci tradizionali anti-infiammatori.
  • Salute mentale: La cannabis è stata esplorata come trattamento per vari disturbi mentali, tra cui l’ansia, il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e la depressione. Il CBD, in particolare, è apprezzato per le sue proprietà ansiolitiche e antidepressive, che possono aiutare a gestire i sintomi senza provocare l’euforia o gli effetti psicotici del THC.
  • Malattie neurodegenerative: Vi sono indicazioni che i cannabinoidi possano avere effetti neuroprotettivi, potenzialmente utili nel trattamento di malattie come il morbo di Alzheimer, la sclerosi multipla e il morbo di Parkinson.
  • Gestione del sonno: La cannabis è spesso utilizzata per trattare disturbi del sonno come l’insonnia.

CONTROINDICAZIONI

Sebbene la cannabis medica offra molti benefici potenziali, è importante essere consapevoli delle sue controindicazioni e degli effetti collaterali che possono influenzare alcuni individui, specialmente quando utilizzata inappropriatamente o in dosi eccessive:

  • Effetti psicologici: Il THC, il componente psicoattivo della cannabis, può causare effetti collaterali come ansia, paranoia, e alterazioni dell’umore, soprattutto a dosi elevate. Inoltre, in soggetti predisposti, l’uso prolungato di cannabis con alto contenuto di THC può aumentare il rischio di sviluppare disturbi psicotici, tra cui la schizofrenia.
  • Interazioni farmacologiche: La cannabis può interagire con vari farmaci, alterandone l’efficacia o aumentandone gli effetti collaterali. È fondamentale discutere l’uso della cannabis con un medico, specialmente se si stanno assumendo altri farmaci, per evitare interazioni potenzialmente pericolose.
  • Effetti sul sistema cardiovascolare: Il consumo di cannabis può aumentare la frequenza cardiaca e alterare la pressione sanguigna, il che può essere pericoloso per persone con condizioni cardiache preesistenti. Gli individui con problemi cardiaci dovrebbero consultare un medico prima di utilizzare cannabis.
  • Problemi respiratori: Anche se meno dannoso rispetto al fumo di tabacco, il fumo di cannabis può irritare i polmoni e, a lungo termine, causare problemi respiratori. L’uso di vaporizzatori può ridurre questi rischi, ma non li elimina completamente.
  • Effetti sulla memoria e sulla concentrazione: L’uso a lungo termine di cannabis, specialmente durante l’adolescenza, può avere un impatto negativo sulle funzioni cognitive, inclusa la memoria, l’attenzione e la capacità di apprendimento. È consigliabile limitare l’uso di cannabis ad adulti e sotto stretta supervisione medica.

Inoltre, l’uso durante gravidanza e allattamento è sconsigliato poiché i cannabinoidi possono passare al feto o al neonato, con potenziali rischi per lo sviluppo neurologico.

Per concludere, la dipendenza e l’abuso sono un rischio reale. Di fatto, sebbene la cannabis sia spesso considerata meno dipendente rispetto ad altri farmaci, esiste un rischio di dipendenza psicologica, soprattutto con un uso frequente e a lungo termine.

Prima di iniziare un trattamento con cannabis medica, quindi, è essenziale consultare un medico per valutare i potenziali rischi e benefici in base alla propria condizione di salute e alla propria storia medica.

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