Periferie da rifare con il rammendo: ma i sindaci dove sono?

Ha ragione Renzo Piano: serve una nuova architettura, per ricucire le periferie. Ma i sindaci finora le hanno abbandonate. Troppo impegnati a caccia di eventi e di carriere politiche, si sono dedicati solo ai centri storici.

RECUPERO PERIFERIE URBANE –

La scommessa di cambiare le periferie, di trasformarle e di restituirle con piena dignità al tessuto urbano delle città, è sicuramente una delle leve per modernizzare il Paese. Innanzitutto per una questione abitativa: circa il 60 per cento della nostra popolazione vive appunto nelle periferie. Non tutte uguali, per livello di degrado urbanistico e architettonico, ma tutte simili per il distacco, se non l’abbandono, subìto rispetto ai centri urbani. Da Scampia a Napoli a Tor Sapienza a Roma, dallo Zen a Palermo a Borgata Vittoria a Torino. Ovunque ci sono interventi da fare, e non solo in Italia. E dove le amministrazioni sono scese in campo, c’è stata una ricaduta sul territorio e sull’economia: in dieci anni in Francia, dove il problema delle periferie è molto sentito, sono stati finanziati progetti per 12 miliardi di euro, un investimento quadruplicato sul territorio.

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LA RIQUALIFICAZIONE URBANA DELLE PERIFERIE IN ITALIA –

Da diversi anni Renzo Piano teorizza una vera filosofia urbanistica per intervenire nelle periferie. Lo fece la prima volta in un’intervista che gli feci a Parigi, diventata poi la traccia di un tema all’esame di maturità. Microchirurgia, rammendo, tessitura. Cioè un lavoro costante, quotidiano e mirato di riqualificazione urbana. Con la creazione, per esempio, di nuovi spazi verdi (attraverso anche il modello dell’orto urbano), di trasformazione delle aree dismesse (industriali, ferroviarie e militari), di rilancio dei servizi per rendere sostenibile il trasporto pubblico, di efficienza energetica, di costruzione di edifici iconici del tessuto urbano (dalle scuole alle università, dai tribunali ai musei). Insomma, secondo la teoria di Piano, la città deve allungarsi dal centro verso la periferia, e fecondare uno spazio di continuità che non separi, ma unisca i territori.

PERIFERIE URBANE: IL RUOLO DEI SINDACI –

Fin qui le idee di un grande architetto. Ma cosa manca davvero in Italia per passare dalle teorie ai fatti? Perché finora abbiamo sprecato la grande occasione di restituire una dignità alle periferie e abbiamo invece lasciato che fossero travolte dall’onda lunga dell’immigrazione non controllata? Qui sta il problema, che non è urbanistico ma politico. Proprio sulle periferie, infatti, si è consumata negli ultimi decenni l’abdicazione dei sindaci al proprio ruolo e lo stravolgimento di questa essenziale funzione di governo. Il sindaco che, per sua natura si deve occupare di buche stradali, di autobus, di raccolta di rifiuti, si è trasformato in una figura ibrida fino a perdere il contatto con la realtà. E’ diventato un candidato premier o un aspirante leader politico, ha concentrato la sua azione nei centri storici con un ruolo più vicino all’organizzatore di eventi che non all’amministratore locale. Ha rimosso, cioè, l’esistenza stessa delle periferie, dove quel lavoro di rammendo di cui parla Piano, è sul piano politico molto faticoso, complesso. E non sempre produce voti.

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