L’atlante dei paesaggi riciclati

Un viaggio in giro per il mondo scritto da due architetti, Michela De Poli e Guido Incerti. Per raccontare come ex miniere, ex discariche, ex fabbriche, tornano a vivere

recupero luoghi abbandonati

ATLANTE PAESAGGI RICICLATI

Un vero atlante dei paesaggi riciclati, luoghi abbandonati e sprecati, tornati a vivere. Posti dall’indiscusso fascino, che spesso diventano scenografie di videoclip, set cinematografici e fotografici o paesaggi intorno a cui si costruiscono racconti, leggende, romanzi. Vere e proprie mete di visite e tour guidati, tappe di appositi itinerari che si snodano tra edifici storici e fabbricati abbandonati, ma anche negli spazi che il sociologo Marc Augé chiamava “non-luoghi”: stazioni, linee ferroviarie, discariche. I numeri del patrimonio storico e paesaggistico italiano abbandonato o in disuso sono grandissimi: dati Istat del 2015 contano che si attestino intorno al 5,2% degli edifici totali censiti dall’Agenzia del Demanio. Tutti inutilizzati perché cadenti, in rovina o in costruzione.

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TERZO PAESAGGIO

L’insieme di tutti i luoghi abbandonati dall’uomo viene definito “terzo paesaggio”: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree industriali disabitate, le ex discariche o le miniere. Ma anche gli spazi più piccoli, quasi invisibili, come le aiuole non curate dove crescono rovi, erbacce e sterpaglie. La definizione nasce grazie allo scrittore e paesaggista Gilles Clément, nel libro Manifesto del Terzo paesaggio, e pone come tema quello della rigenerazione e del riuso degli spazi, urbani e non. Tema che si impone nell’agenda della sostenibilità, ed è una questione prioritaria per quanto riguarda le politiche di sviluppo urbanistico che possano frenare il consumo di nuovo territorio. Riqualificare gli spazi significa restiuire alla collettività nuovi ambienti per la socialità, come nel caso dei progetti di riqualificazione urbana, o, più semplicemente restituire loro una dimensione di uso che non ne provochi la scomparsa.  Prima di riqualificare, però, occorre censirli.

PROGETTI DI RINASCITA AMBIENTALE

Questo è quello che si propone di fare il progetto intorno all’ Atlante dei paesaggi riciclati, volume edito da Skira editore e curato dagli architetti Michela De Poli (docente di Architettura del Paesaggio all’Università IUAV di Venezia) e Guido Incerti (che svolge attività didattica e di ricerca presso la Kent State University, la Washington State University e l’Università di Ferrara), che ha l’obiettivo ambizioso di riflettere su cosa possa significare, anche in termini di nuovo sviluppo, il recupero del paesaggio e la seconda vita di interi territori.

I due professionisti hanno girato il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa, per censire 57 progetti di rinascita ambientale ed economica. Terreni bonificati, ex discariche, cave recuperate. E anche ex miniere, linee ferroviarie, siti industriali. Ciò che fino a ieri era abbandonato, distrutto e perfino pericoloso, che è tornato a vivere grazie a interventi urbanistici e architettonici di straordinario valore.

Ma non solo. Nel libro sono presentati tanti progetti realizzati per recuperare il suolo, rendendo di nuovo utilizzabili territori che negli ultimi anni hanno subito i processi di industrializzazione, e che, in un certo qual modo hanno visto compromessa la loro bellezza originaria. Una vera e propria mappa su scala globale in cui sono inseriti progetti conclusi e opere ancora in corso.

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RECUPERO DEL PAESAGGIO

gas work
seattle.gov

Un esempio? Nella Lusazia, nell’ex Germania dell’Est, in un’area di 7mila chilometri, pari alla provincia di Bolzano, fino al 1989 c’erano miniere a cielo aperto, centrali elettriche, cokerie e fabbriche. Tutto abbandonato. Fino a quando, in un arco di tempo di circa dieci anni, attraverso un’agenzia pubblica l’intero territorio è stato riqualificato con una trentina di progetti specifici. Piste ciclabili, nuova edilizia residenziale con materiali riciclabili, un grande parco culturale e una riserva naturale. Un paesaggio interamente ripensato, e un luogo finalmente vivibile.

Oppure, c’è il caso di un grande stabilimento di produzione di gas nel bel mezzo di Seattle, il cosiddetto Gas Work. Il sito, esteso per 8 ettari, è stato operativo dal 1906 al 1956, e dopo la costruzione di una rete sotterranea pressurizzata è stato dismesso e abbandonato. Il lavoro di recupero del Gas Work di Seattle è stato uno dei primi progetti di recupero industriale del mondo, diventando un parco pubblico, grazie alla riprogettazione delle strutture obsolete e del bio-risanamento a firma dell’architetto del paesaggio Richard Haag.

(Immagine in evidenza tratta da Seattle Watching, in foto paesaggio del Gas Work)

STORIE DI RECUPERO DEI LUOGHI:

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