Tutela del paesaggio, i doveri di architetti e geometri. E di tutti noi…

Un libro di Salvatore Settis spiega bene come il lavoro di un architetto, di un geometra, di un ingegnere, non possa prescindere dall’interesse della collettività. Altrimenti paesaggio, ambiente, città, luoghi, diventano il Grande Spreco dell’Italia.

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TUTELA DEL PAESAGGIO

C’è un libro, appena pubblicato, che dovremmo regalare a tutti i nostri amici architetti, geometri, ingegneri, paesaggisti, o comunque professionisti che svolgono attività che impattano sul paesaggio e sulle città: si intitola Architettura e democrazia (edizioni Einaudi), e lo ha scritto il professore Salvatore Settis, raccogliendo alcune sue lezioni universitarie.

La forza di questo breve testo è tutta legata attorno a un concetto fondamentale: un architetto, e possiamo dire in generale uno dei professionisti che abbiamo citato, non svolge solo un’attività professionale, tra l’altro molto allettante, ma deve sentire la responsabilità del lavoro che gli è stato commissionato. Una responsabilità che non si limita agli interessi e alle indicazioni del cliente-committente, ma deve allargarsi a interessi più generali, quelli della collettività, della comunità, del Noi e non dell’Io. Di tutti coloro che hanno a cuore le sorti di un bene comune, essenziale e prezioso come la tutela del paesaggio, dell’ambiente, dei luoghi, a partire dalle città, dove viviamo e conviviamo, per nostra fortuna secondo le regole della democrazia. Laddove, scrive Settis testualmente, «il paesaggio diventa il teatro della democrazia».

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COME TUTELARE IL PAESAGGIO

Già, il paesaggio, il territorio, l’ambiente. Il concentrato del più Grande Spreco del nostro Paese. Noi lo abbiamo massacrato, e continuiamo a farlo, con una cementificazione selvaggia (55 ettari al giorno di suoli perduti), e anche con un esercizio, quotidiano, irresponsabile dei nostri diritti-doveri. Troppo comodo, troppo semplice, prendercela sempre e solo con questo ceto politico così mediocre, pronto a cavalcare la prima onda di abusi e di condoni.

Il libro di Settis aiuta a guardarci allo specchio, a ricostruire le nostre piccole e grandi nefandezze, rispetto ai luoghi e al paesaggio, che sommate poi fanno il quadro del disastro dal quale dobbiamo uscire. Un tempo si diceva: I geometri hanno rovinato l’Italia. Un giudizio impietoso, e forse troppo generico rispetto a un’intera categoria di professionisti, ma un segnale d’allarme, che poi abbiamo ignorato, su un metodo diventato devastante per la Bella Italia. Il metodo di fare cose senza curare l’estetica, la storia, l’equilibrio, la sostenibilità dei luoghi. Il metodo di scovare la scappatoia della legge, o di ignorarla, per realizzare il piccolo o grande abuso, e poi magari indignarsi per quello che ha fatto il nostro vicino di casa, o di posto di villeggiatura. Il metodo di trasformare il professionista al quale ci rivolgiamo, con la sua complicità, in un opaco facilitatore (di abusi e violenze sui luoghi).

COME TUTELARE PAESAGGIO E PATRIMONIO CULTURALE

Una strada, un giardino, un marciapiede, un’isola come una montagna, una città come un borgo: tutto è nostro, tutto ci appartiene, tutto è bene comune. Ma per questo dobbiamo sentire il dovere, la responsabilità, di preservarlo, anche per chi verrà dopo di noi e che oggi non ha alcuno strumento di difesa.

Il dovere di curare il paesaggio passa anche per un albero che possiamo piantare, rinunciando ad altri usi di quel suolo. E passa per un progetto di ristrutturazione di una casa, formato da un architetto, un ingegnere, un geometra, che non può sconfinare, anche per un nostro capriccio, nella violazione, arrogante e prepotente, della legge. Qui, attenzione, sul crinale di questo Grande Spreco, si gioca un pezzo essenziale della qualità della nostra vita e dei nostri stili di vita. Ci vogliamo rinunciare o siamo pronti a considerare il paesaggio non più come un vincolo da aggirare ma come una risorsa da custodire? La risposta spetta a noi, a ciascuno di noi, a partire da architetti e geometri.

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QUANDO IL PAESAGGIO È CALPESTATO:

 

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