Corruzione, perché 9 italiani su 10 stanno dalla parte di Piercamillo Davigo

Il sondaggio di Ixé: l’82 per cento dei cittadini sono convinti che in Italia si ruba più di vent’anni fa quando esplose Tangentopoli. Ma siamo sicuri che sia colpa solo dei politici? O forse c’è qualcosa di più grave nell’Italia corrotta?

CORRUZIONE POLITICI ITALIANI –

I sondaggi ci dicono in modo chiaro che cosa gli italiani pensano della corruzione: 9 su 10, secondo il rilevamento di Ixé per Agorà, sono perfettamente d’accordo con Piercamillo Davigo. Ricordiamo che il presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati nei giorni scorsi ha dichiarato che «i politici non hanno smesso di rubare, semmai hanno smesso di vergognarsi». E la stragrande maggioranza dei cittadini, l’82 per cento, sono convinti che «in Italia si ruba più di vent’anni fa». Dunque, secondo la percezione degli italiani, la slavina di Mani Pulite e di Tangentopoli che liquidò la Prima Repubblica, i maggiori partiti nati nel dopoguerra, e un’intera classe dirigente, non ha modificato i connotati del nostro rapporto con la legalità. Anzi, semmai li ha peggiorati.

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SCARSA CREDIBILITÀ POLITICI ITALIANI –

Si possono fare diversi commenti di fronte ai numeri di questi sondaggi. La scarsa credibilità del nostro ceto politico è sempre più diffusa, anche per effetto di inchieste giudiziarie che si stanno moltiplicando sul territorio. Gli italiani non credono, e non perdono occasione per ribadirlo, né nelle capacità né nell’onestà degli uomini e delle donne che poi mandano in Parlamento e nelle assemblee locali. Inoltre, sempre stando ai numeri, gli italiani sembrano quasi assuefatti all’idea che la corruzione sia un male endemico, di sistema, un marchio di fabbrica del Paese. E qui bisogna forse guardarsi allo specchio: una corruzione così dilagante, in tutti i settori, non è un cancro da estirpare che si è insinuato in un corpo sociale sano per colpa di politici corrotti e spregiudicati. No, la nostra corruzione endemica e pervasiva, ha modificato i connotati di una società, consentendo la formazione di un vero blocco sociale che vive dei ricavi delle tangenti. Stiamo parlando non di criminalità organizzata, ma di gente comune, apparentemente perbene, che ha solo una macchia: di mestiere, lavora nella fabbrica della corruzione.

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