Mutilazione genitale femminile, una pratica crudele che hanno subito 200 milioni di donne

Nella giornata mondiale dell’Onu è importante ricordare come questo tipo di violenza, ancora praticata in 30 Paesi nel mondo, sia un pericolo per milioni di ragazze e bambine. Da qui al 2030, se non si interviene al più presto, ci potrebbero essere altre 68 milioni di vittime

Se la comunità internazionale non correrà ai ripari, impegnandosi in prevenzione e sensibilizzazione, da qui al 2030, 68 milioni di bambine e ragazze subiranno una qualche forma di mutilazione genitale. Pratica crudele, di natura esclusivamente culturale, è considerata da anni una violazione dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine. Ciononostante in ben 30 Paesi del mondo continua ad essere praticata liberamente. È quanto emerge in occasione della Giornata mondiale contro mutilazione genitale femminile (MGF), che si celebra ogni 6 febbraio.

GIORNATA CONTRO MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE

Ad oggi, “almeno 200 milioni di ragazze e donne vivono nel mondo con le cicatrici di qualche forma di mutilazione genitale subita nel corso della propria vita”. Lo ha dichiarato la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, in una conferenza sulla MGF organizzata in concomitanza con la giornata mondiale. Nello specifico, spiega Zampa, Le mutilazioni genitali vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni come nello Yemen”.

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MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE

La mutilazione genitale femminile consiste in una serie di pratiche, diffuse in diverse culture, attuate per scopi non medici e che mirano, nella maggior parte dei casi, ad inibire o ad eliminare le fonti di piacere sessuale della donna. Una delle forme più praticate è l’infibulazione, che consiste nel restringimento dell’apertura vaginale. Altre tipologie di mutilazioni prevedono procedure dannose per i genitali femminili che vengono effettuate attraverso perforazioni, incisioni, raschiamenti e cauterizzazioni dell’area genitale. “La pratica – ha spiegato Sandra Zampa -può causare complicanze a breve, medio e lungo termine, tra cui dolore cronico, infezioni, aumento del rischio di trasmissione dell’Hiv, ansia e depressione, complicazioni al momento del parto, infertilità e, nei casi peggiori, la morte”.

VIOLAZIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI

Le mutilazioni genitali femminili sono diffuse prevalentemente nell’Africa sub-sahariana e negli Stati arabi, ma anche in alcuni paesi dell’Asia, dell’Europa orientale e dell’America Latina. “In Europa – rileva il sottosegretario Zampa – il numero di donne e ragazze che convivono con le conseguenze derivanti dalla pratica è ancora sconosciuto, sebbene il Parlamento europeo stimi che si aggirino intorno alle 500mila, con altre 180mila a rischio ogni anno. In Italia, le stime più recenti (2017) indicano che il numero di donne attualmente presenti che sono state sottoposte durante l’infanzia a una forma di mutilazione genitale potrebbe essere compreso in un intervallo tra 61mila e 81mila“. In generale i tassi di MGF sono in aumento, in proporzione alla crescita della popolazione globale. E, solo nel 2020, circa 4,1 milioni di ragazze potrebbero essere sottoposte a questa pratica. In questa prospettiva diventa fondamentale il ruolo delle Istituzioni e dei singoli Paesi affinché sia bandita questa pratica barbara che si configura come una violazione dei diritti fondamentali. Finora qualche passo in avanti, anche per garantire la tutela della donna e il raggiungimento dei goal 3-4-5-10 previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu, è stato fatto ma è necessario moltiplicare gli sforzi. Sono ancora troppe le bambine, ragazze e donne da salvare da una crudeltà ingiustificabile.

QUANDO LE DONNE SI RIBELLANO ALLA VIOLENZA:

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