Ciclisti uccisi in Italia: uno ogni 48 ore

Una strage silenziosa causata da automobilisti delinquenti, e piste ciclabili improvvisate. Il record dei morti è sempre ad agosto. E la regione più a rischio è la Lombardia

Solo il Covid-19 era riuscito a far diminuire il numero dei ciclisti morti per incidenti stradali. Investiti da qualche automobilista spericolato. Ma finito il periodo del lockdown è ripresa anche la strage silenziosa: 180 morti nel 2021, uno ogni due giorni.

CICLISTI UCCISI IN ITALIA

Mohanad Moubarak era un bambino di 11 anni, egiziano, e in piena notte è stato ucciso a Milano, mentre passeggiava nei pressi della rosticceria “El sultan”, aperta dal padre nel 2021. Michele Scarponi pedalava tutti i giorni, la bici era la sua vita. E la sua vita si è spezzata, in un meno di un attimo, quando Scarponi, ex vincitore del Giro d’Italia, è stato falciato, proprio mentre si allenava, dall’autista di un furgone probabilmente accecato dal sole.

Michele-Scarponi_Foto-LB-2(Fonte immagine: Benfatto/Cronache Maceratesi)

QUANTE PERSONE MUOIONO IN BICI IN ITALIA?

Negli ultimi cinque anni, in Italia sono morti, investiti dalle auto, 1.075 ciclisti. Il record negativo dei decessi vede a pari passo la Lombardia e l’Emilia-Romagna, seguite da Veneto, Piemonte, Toscana, Puglia, Sicilia e Campania. L’età media dei deceduti è di 65 anni, ma purtroppo nell’elenco non mancano anche bambini, come nel caso di Mohanad. E il mese con il maggior numero di decessi è sempre agosto: sono stati 27 nel 2021.

INCIDENTI CICLISTI

Fa rabbia, diciamolo. Sentire i racconti del primo tratto autostradale inaugurato in Germania, a «esclusivo consumo delle biciclette», mentre in Italia i ciclisti continuano a essere travolti nelle strade, fa venire tanta rabbia.

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CICLISTI INVESTITI IN STRADA

I tedeschi hanno fatto una cosa molto semplice, per aumentare la rete ciclabile e la sicurezza dei ciclisti, evitando il rischio che siano investiti dalle auto. Hanno preso i soldi dell’Unione europea, dei quali disponiamo anche noi, e hanno finanziato la metà del costo (180 milioni di euro) di un’opera simbolo della nuova mobilità nel paese: un’intera autostrada che percorre 100 chilometri nella Ruhr, e attraversa centri importanti come Hamm, Duisburg, Essen e Dortmund, solo in bicicletta. L’obiettivo è indurre tutti i pendolari dell’area, dagli operai delle fabbriche della Ruhr agli studenti, a sostituire l’auto con la bicicletta. Grazie a una strada esclusiva, con una carreggiata larga cinque metri, in due direzioni di marcia.

PERCORSI CICLABILI IN ITALIA

E in Italia? I percorsi ci sono, ma quasi tutti sulla carta. Dalla ciclovia del Sole da Verona a Firenze, alla VenTo, da Venezia a Torino lungo il fiume Po, fino al Grab, il Grande raccordo anulare per la bici a Roma. I fatti, purtroppo, vanno in un’altra direzione. Nella classifica della Federazione ciclisti europei che misura l’uso della bici all’interno dei singoli paesi europei, siamo ancora scivolati, dal posto numero 15 a quello numero 17. E siamo stati superati perfino da paesi molto meno sviluppati, come la Lituania e la Croazia.

SICUREZZA CICLISTI IN ITALIA

Il punto davvero dolente della nostra mobilità in bici, che ci rende un paese poco attraente in questo settore, è la scarsa sicurezza dei pochi percorsi riservati ai ciclisti. E così siamo arrivati a 251 morti l’anno.

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LEGGE SALVA-CICLISTI

Nella solita babele di leggi e promesse e mai approvate, oppure non applicate, spiccano le norme salva-ciclisti e quelle a favore delle piste ciclabili. Sulle prime si continua a fare melina in Parlamento, e si continua a parlare di introdurre queste norme all’interno del nuovo codice della strada (altra legge della quale si parla da anni). Intanto la sicurezza stradale sta spaventosamente diminuendo in Italia, a danno, nel cinquanta per cento dei casi, degli “utenti deboli”, ovvero pedoni e appunto ciclisti.

L’altra legge invece completamente disattesa, che già esiste e se fosse applicata potrebbe cambiare il destino dei ciclisti italiani, di tutti i cittadini che fanno uso della bici in modo frequente, risale addirittura al 1998, circa vent’anni fa. È la numero 366 e prevede una cosa chiara e forte: ogni volta che si costruisce una nuova strada o si fa manutenzione straordinaria, bisogna costruire una nuova pista ciclabile oppure mettere in sicurezza quelle esistenti. Bene: una legge vitale, di questa importanza, è completamente disapplicata in Italia, tutti se ne fregano. E intanto facciamo i conti con la strage di un ciclista morto ogni 35 ore.

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