Sacchetti di plastica vietati: in Europa la legge va a passo di lumaca. Facciamo da soli, e torniamo alla borsa della nonna

La normativa impone una riduzione del 50% entro il 2017 e dell’80% entro il 2019: una svolta finta e rallentata dai veti dei Paesi dell'Unione. Da una parte gli interessi dell'industria del riciclo e dall'altra di quella del biodegradabile

Se cercate una conferma di quanto la lotta per migliorare l’ambiente e ridurre gli sprechi, al netto della facile retorica e dei falsi buoni propositi, impatta direttamente con rapporti di forza politici e con interessi economici molto forti, leggete che cosa sta avvenendo nella palude di Bruxelles. Qui un Parlamento in scadenza, dopo mesi, anni, di discussioni e di veti incrociati (quanto tempo sprecato…) ha finalmente tirato fuori, in prima lettura, il testo di una legge europea per eliminare nei paesi dell’Unione i sacchetti di plastica più inquinanti. Tutto però con i tempi biblici dell’Unione europea prigioniera da un lato della sua impotenza politica e dall’altro dell’eurocrazia che spalanca le porte alle varie lobby.

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Morale: la legge impone una riduzione dei sacchetti di plastica del 50 per cento entro il 2017 e dell’80 per cento entro il 2019. Facciamo con calma, gradino per gradino a passo di lumaca, sembrano dire in coro (539 voti a favore, 51 contrari e 72 astenuti) i parlamenti europei nell’aula di Bruxelles che magari con questa finta e lenta svolta pensano di presentarsi agli elettori con la faccia green, dei politici che combattano inquinamento e sprechi. In realtà dopo il voto in Parlamento ci deve essere il via libera del Consiglio europeo, dove è molto probabile che si riapriranno i giochi, e dunque i veti, dei vari Paesi.

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In particolare, la partita vede in conflitto gli interessi dell’industria tedesca, molto attiva nell’ambito dei prodotti ricavati dal riciclo dei rifiuti, e di quella italiana, che invece ha un settore imprenditoriale estremamente vivace e avanzato nell’area del biodegradabile. Il Parlamento europeo ha fatto un compromesso, stabilendo che entro il 2019 i sacchetti di plastica, parliamo per esempio di quelli utilizzati per avvolgere la spesa alimentare, debbano essere sostituiti con sacchetti di carta riciclata o con sacchetti biodegradabili e compostabili. Un compromesso che, però potrebbe non reggere ai prossimi passaggi nelle sedi del potere europeo, sempre sensibili alle varie lobby, riportando la questione al punto di partenza. Cioè a zero, e al rischio di un ambiente che continua ad essere distrutto dai rifiuti di plastica che, tra l’altro, hanno un pesante costo a carico dei consumatori, un vero doppio spreco.

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Già, i consumatori. Forse una parola forte, e molto più concreta delle bizantine procedure della politica europea, possiamo dirla noi, i diretti interessati sia quando facciamo la spesa, e non vogliamo essere sommersi da confezioni di plastica che paghiamo, sia quando passeggiamo per strada e dobbiamo chiudere gli occhi di fronte allo scempio delle buste e delle bottiglie di plastica gettate a terra. Come? Semplicemente rifiutando, con una libera scelta, l’uso dei sacchetti di plastica, cancellandoli ogni volta che sia possibile: per la spesa, per esempio, si può tranquillamente tornare alla “busta della nonna” che non inquina, dura e non costa nulla. E quando scegliamo i sacchetti biodegradabili, facciamo attenzione a due cose. Primo: che siano made in Italy e non made in China. Secondo: che siano davvero biodegradabili, altrimenti al danno dell’ambiente si somma la beffa di una truffa.

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