Meno diplomati in Italia, meno ricchezza per il Paese: uno dei grandi sprechi italiani

Nell’ultimo decennio i diplomati in Italia sono calari del 6% e il Pil è fermo sotto il 3%. Un caso? No, secondo Carlo Buttaroni.

Nell’ultimo decennio i diplomati in Italia sono calati del 6% e il Pil è fermo sotto il 3%. Un caso? No, secondo Carlo Buttaroni in un articolo apparso sul quotidiano L’Unità. Vi proponiamo alcuni dei passaggi più significativi del testo.

IN CALO IL NUMERO DI DIPLOMATI IN ITALIA. Nella decade 2000-2010 c’è stato un calo del numero dei diplomati del 6% rispetto al decennio precedente e il Pil fermo sotto il 3%. Un caso? Non proprio. L’istruzione, nelle economie avanzate, è il più importante fattore di crescita. Proprio come per gli investimenti in «capitale fisico», un Paese investe in istruzione e formazione per migliorare il proprio «capitale umano» sostenendo dei costi che in futuro si trasformano in maggiori guadagni.

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IN AUMENTO I GIOVANI CHE NON LAVORANO. Nell’Europa dei 27 l’Italia è terza per quanto riguarda la quota dei NEET, i giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in percorsi formativi. Un primato negativo che ci vede preceduti solo da Grecia e Bulgaria. Un Paese, il nostro, a fondo scala per quanto riguarda la classifica sull’istruzione universitaria, nel gruppo di testa per l’abbandono scolastico e al 16° posto in merito alle competenze matematiche dei nostri studenti.

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BASSA SPESA PER L’ISTRUZIONE. L’Italia è nella parte bassa della classifica anche per quanto riguarda la spesa pubblica per l’istruzione e la formazione, ben al di sotto la media europea. E gli esempi non mancano: la Danimarca, per citarne uno, investe una quota pari al 7,8% del PIL, contro il 4,2% dell’Italia. Un’impostazione, la nostra, che nel medio/lungo periodo porterà a un minore tasso di sviluppo dell’Italia anche rispetto ai propri partner europei, con un conseguente deterioramento dei processi produttivi.

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PIU’ ISTRUZIONE SIGNIFICA PIU’ RICCHEZZA. L’Italia, quindi, se non cambia strada, si andrà ad attestare su livelli di competitività più arretrati rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, con conseguenze inevitabilmente negative sui tassi di crescita economici. Nelson Mandela ricordava spesso che «l’istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possono utilizzare per cambiare il mondo» e, sicuramente, sono l’unico strumento per non scivolare verso un futuro assai meno glorioso del nostro passato.

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