Così siamo spiati al supermercato

Seguiti scaffale per scaffale, per capire i nostri orientamenti da consumatori per poi martellarci con le proposte commerciali.

COME SIAMO SPIATI AL SUPERMERCATO

Spiati, mentre facciamo la spesa al supermercato. Seguiti passo dopo passo, reparto per reparto, scaffale per scaffale, per capire i nostri orientamenti da consumatori per poi martellarci con le proposte commerciali. Negli Stati Uniti sono oltre 500mila i consumatori che hanno accettato il patto proposto dalla società Placed di Seattle: l’acquirente dice in quale reparto del grande magazzino si trova, e in cambio riceve dei buoni spesa da spendere nello stesso punto vendita.

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Le tecniche con le quali siamo spiati minuto su minuto sono sempre più sofisticate. La società Realeyes (letteralmente: “occhi veri”) piazza nei negozi delle telecamere più avanzate di quelle che si trovano negli aeroporti, che servono a studiare le reazioni facciali e le emozioni del consumatore di fronte a un prodotto.

Questi dati vengono poi elaborati da un cervellone elettronico e poi utilizzati per lanciare ai singoli acquirenti offerte su misura, proposte di vendite ad personam. Alle casse sono sempre più gli esercizi commerciali che chiedono l’email del consumatore: servono per elaborare le indicazioni sui gusti e per mandarci offerte ad hoc, per singoli prodotti o specifiche promozioni. Altri grandi magazzini riescono a catturare il cellulare del consumatore, e poi lo martellano con le proposte. Una pioggia di sms.

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Per non parlare delle applicazioni. Il wifi del telefonino del cliente consente di seguire i suoi movimenti nel negozio per poi studiarli e tradurli in offerte commerciali, alcuni software leggono le nostre reazioni di fronte a uno scaffale e ancora con un sistema di “tracking” riconoscono il sesso e l’età dei consumatori o anche la sua frequenza nel negozio. Altra valanga di offerte.

A guardare da vicino l’enorme mole di tecniche che vengono adottate per sguirci durante la spesa, viene naturale la consguenza: non siamo liberi di fare le nostre scelte di consumatori e siamo sotto l’occhio vigile e attento di una sorta di Grande Fratello del supermarket. E questo significa che, di fronte al marketing dello shopping, abbiamo perso la nostra privacy e la nostra riservatezza. Ne vale la pena?

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