Maria, Marina, Patrizia e Anna: quattro donne che hanno scelto di fare le colf e le badanti

Erano operaie, commesse e cassiere. Ma hanno preferito il lavoro domestico, dove stanno tornando le italiane. L’orario è più flessibile, e c’è il tempo per la famiglia

LAVORARE COME BADANTE

A volte ritornano. Il mestiere di colf e di badante sembrava definitivamente trasferito alle donne straniere, innanzitutto quelle provenienti dai paesi dell’Est europeo. E invece, negli ultimi dieci anni, dall’inizio della Grande Crisi, le italiane sono tornate a svolgere questa attività. E sono più che raddoppiate, secondo i dati della Fondazione Leone Moressa, ricavati da una ricerca svolta per conto dell’associazione Domina. Nel 2007 erano solo l’8 per cento del totale, adesso sono il 20 per cento.

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LAVORARE COME COLF

Ma non è soltanto la lunga recessione che sta spingendo le italiane a riprendere questo mestiere, non ci sono soltanto le donne che, a fronte di mariti licenziati o in cassa integrazione, reggono ormai circa 1 milione di famiglie. Il lavoro di colf e di badante si adatta meglio, rispetto ad altre soluzioni di impieghi a tempo indeterminato, per conciliare lavoro e famiglia in un Paese dove lo scorso anno 25mila mamme hanno dovuto lasciare il posto in seguito alla nascita di una figlio. Fare i lavori domestici o assistere una persona anziana che ha bisogno di compagnia, consente alle donne di ottenere quella flessibilità che tante leggi promettono e non realizzano. Come raccontano le storie di Maria, Marina, Patrizia e Anna.

Maria Antinoro 

Maria Antinoro, 60 anni, licenza media, faceva l’operaia in una fabbrica di Asti che produceva porte e infissi in legno, era molto brava a selezionare il compensato giusto e le chiedevano spesso di fare gli straordinari. Poi ha dovuto scegliere tra il lavoro e la famiglia, non più conciliabili, e ha deciso di dimettersi per seguire i figli. Ma i soldi in casa non bastavano, Maria non poteva più tornare ai ritmi di lavoro di un’azienda, e ha scelto di fare la colf a ore, 8 euro lordi con i relativi contributi: tutte le mattine, tranne il fine settimana, e quattro pomeriggi. Lava, stira, fa le pulizie domestiche, e a fine mese porta a casa circa 700 euro netti. Racconta Maria: «È un lavoro come un altro, che tra l’altro ho sempre fatto a casa mia, non mi sento declassata. Piuttosto, considerando il tipo di contratto molto diverso da quello che avevo in fabbrica, mi chiedo se riceverò mai una pensione. Ma intanto mi godo i figli…».

Marina Martirone 

La vita di Marina Martirone, 58 anni, è cambiata improvvisamente quando si è separata dal marito. Sola, con due figli da accudire, Simone e Alessia, e senza particolari esperienze di lavoro, Marina ha fatto affidamento sui suoi trascorsi di volontaria alla Caritas. Ed è diventata una badante. «Sono stata fortuna, la donna dalla quale lavoro ha quasi novant’anni, è molto lucida, ha voglia di fare racconti, di parlare della sua infanzia, e da lei ho imparato tante cose, a partire dal valore della sobrietà» ricorda Marina. Sei giorni alla settimana, Marina accudisce Ada, a Monterotondo, in provincia di Roma, e durante le sue giornate di lavoro ha imparato a fare la minestra di papaveri, come si preparava durante la guerra, ed a recuperare i vecchi vestiti, senza buttarli. Lo stipendio? 600 euro al mese, più i contributi.

Patrizia Caputo 

Patrizia Caputo, 47 anni, salernitana, fa la colf e ha due clienti: in entrambi i casi ha preso il posto di una lavoratrice straniera, una donna rumena e una giovane filippina. «Non voglio fare discorsi razzisti, ma loro hanno un diverso concetto della pulizia. Noi italiane andiamo a fondo, in ogni angolo, sotto ogni mobile, ovunque ci sia un filo di polvere. E anche per questo siamo più richieste…» racconta Patrizia. Lei faceva la banchista in un classico negozio di alimentari, che ha i chiuso sotto i colpi della concorrenza della grande distribuzione. A quel punto Patrizia ha tentato di diventare commessa in un supermercato o in un grande magazzino, ma ovunque le chiedevano la disponibilità a lavorare anche la domenica e nei giorni festivi. E lei non ha accettato. Fino a quando ha provato, con successo, a proporsi come collaboratrice domestica con una paga di 9 euro all’ora. E con l’obiettivo, da parte dei suoi datori di lavoro, di sostituire le colf straniere.

Anna Abete

Da cassiera a colf. Anna Abete, 39 anni, ha deciso di cambiare mestiere per avere più tempo da dedicare ai due figli piccoli, Alef e Sara, di 9 e 15 anni. Lavorava in un’agenzia di scommesse della Snai a Palazzolo, in provincia di Brescia, e con la quattordicesima riusciva ad arrivare anche a 1.200 euro al mese. «Ma non avevo più spazio per la mia famiglia, e mi sentivo continuamente in colpa nei confronti dei due bambini» ricorda Anna. Dopo avere lasciato il locale della Snai, dove spesso lavorava anche di sabato e di domenica, Anna ha fatto per qualche tempo la cassiera in un supermercato. Ma anche qui l’orario di lavoro era troppo lungo. A quel punto si è guardata intorno e ha scelto la soluzione più adatta alle sue esigenze: la collaboratrice domestica a ore, agli inizi senza contratto, poi con i voucher, e adesso con un part time. «Avevo paura di non farcela, e invece ho capito che il mestiere di colf era l’unico che mi consentiva di tornare a casa a un orario decente» commenta Anna, che oggi guadagna la metà dei soldi ricevuti come cassiera. Ma è felice di potere crescere i suoi figli.

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