Roberto Formigoni: 450mila euro. Gianfranco Fini: 260mila euro e un vitalizio da ex parlamentare. Teodoro Buontempo: doppio vitalizio, come ex deputato ed ex assessore della Regione Lazio. Scorrendo le cifre di liquidazioni e pensioni che spetteranno ai trombati eccellenti delle ultime elezioni politiche si capisce bene perché i costi della politica sono ormai fuori controllo e rappresentano uno dei nervi scoperti che alimentano la perdita di credibilità del nostro ceto politico.
Populismo? Demagogia? Chiamatela come vi pare, ma alcuni dati fanno venire la pelle d’oca. Il caso di Buontempo, per esempio, non è isolato: ci sono in Italia almeno 200 ex politici ai quali spetta il doppio vitalizio. E non esistono altre categorie professionali, di comuni mortali, dove questo sia possibile con tanta, disinvolta sfacciataggine. Come la storia delle maxi liquidazioni. È vero che anche un uomo politico ha diritto al trattamento di fine rapporto: ci mancherebbe. Ma quale logica, quale trasparenza, quale etica, può esserci nell’assegnare una liquidazione di quasi mezzo milione di euro a un ex governatore come Formigoni che continuerà la sua attività politica?
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La generosità di queste buone uscite, è stato calcolato che si traduce in un meccanismo quasi due volte e mezzo più favorevole rispetto ai tfr dei normali lavoratori. Da dove nasce il diritto a tanta differenza tra un ex politico e un ex impiegato dello Stato o un ex operaio di una fabbrica? Gianfranco Fini ha diritto alla sua liquidazione: giusto. Meno corretto è il fatto che l’ex presidente della Camera potrà sommare alla liquidazione e alla pensione di ex parlamentare anche alcuni benefit: un ufficio a Montecitorio, da due a quattro collaboratori, l’auto blu. Gli stessi privilegi dei quali gode ancora l’ex presidente della Camera, il comunista Fausto Bertinotti. E le baby pensioni a Montecitorio non sono una novità.
A Walter Veltroni l’assegno della pensione iniziò ad essere corrisposto quando aveva ancora 46 anni, poi è stato sospeso in seguito al suo ritorno in Parlamento e adesso gli sarà nuovamente assegnato nonostante la sua giovane età: 57 anni. Intanto gli italiani normali vanno in pensione a 65 anni. Tutto secondo la legge ma tutto assurdo. Se infine aggiungete che, per queste elezioni, i partiti riceveranno 159milioni di euro di contributi pubblici (sarebbero stati oltre 400 senza i tagli di Monti), allora è chiaro perché il Movimento 5 Stelle chiede il taglio dei costi della politica e diventa il primo partito italiano.