Enti inutili: il governo ha perso la battaglia, così continuano a sopravvivere dal 1956

Un ennesimo, clamoroso flop. Tra le sconfitte che il governo Monti porta a casa ( e in campagna elettorale) c’è sicuramente quella dell’annunciato taglio degli enti inutili, promesso e insabbiato tra i veti del Parlamento e un pirotecnico fuoco incrociato di tira-e-molla. A parte il capitolo Province, archiviato sul filo di lana della chiusura anticipata […]

Un ennesimo, clamoroso flop. Tra le sconfitte che il governo Monti porta a casa ( e in campagna elettorale) c’è sicuramente quella dell’annunciato taglio degli enti inutili, promesso e insabbiato tra i veti del Parlamento e un pirotecnico fuoco incrociato di tira-e-molla. A parte il capitolo Province, archiviato sul filo di lana della chiusura anticipata della legislatura (ma quando se ne riparlerà mai?) ci sono una serie di enti che, nonostante le forbici del governo, sono ancora tutti a galla. D’altra parte è dal 1956 che si parla di questi tagli e in oltre mezzo secolo di promesse ci sono state ben nove leggi ad hoc. Puntualmente disattese. Dal 2008, invece, sono appena 49, su oltre mille, gli enti inutili realmente aboliti: per gli altri la procedura è ancora da perfezionare, oppure si è passati dall’eliminazione a una semplice riorganizzazione, o ancora pendono sul dossier le incertezze di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato.

Un caso di scuola di questa melina, i cui effetti ricadono sui conti pubblici, è quello dell’Eipli, l’ente che gestisce la rete idrica di Puglia, Basilicata, Irpinia e parte della Calabria. Commissariato nel lontano 1979, l’Eipli è riapparso nel 2008 in un elenco di dieci enti da eliminare. Ma non accade nulla. Grazie a una serie di deroghe, l’Eipli è vivo e vegeto, in attesa che le regioni interessate insedino un nuovo organismo che dovrà assorbirlo. Quando? In Parlamento si prevede non prima del 2014, e così l’ente delle acque avrà ancora vita lunga.

Quanto all’Ansas (Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica), dal primo settembre scorso è scomparsa, per poi riapparire sotto le insegne dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire). Nel 2006 le parti erano invertite, ed era stata l’Ansas a prendere il posto dell’Indire: un balletto di sigle, e l’ente inutile ancora al centro del campo. Un ripensamento in zona Cesarini c’è stato anche per i tre consorzi locali dei bacini prealpini (Ticino, Oglio e Adda) che, con il decreto salva-Italia del 2011, erano stati cancellati e fusi in un’unica struttura, il Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini. Quest’anno la marcia indietro e all’interno di una della tante manovre di stabilità si è deciso di rinviare sine die la fusione e di ripristinare l’autonomia dei tre enti (inutili). Come nel caso del Banco nazionale di prova delle armi da fuoco: prima si decide di eliminarlo, trasferendo le sue competenze alle Camere di Commercio, e poi si resuscita perfino con un ampliamento delle sue competenze.
Per capire quanto costa tenere in vita gli enti inutili, anche quando si è deciso di abolirli, basta dare uno sguardo all’ultimo bilancio della presidenza del Consiglio. Qui, tra le righe, compare una spesa di 490mila euro per le spese di gestione dell’Ente italiano della montagna. Peccato che il governo aveva annunciato la sua soppressione.

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