Università degli sprechi: materie aumentate del 50% in 5 anni: ora gli insegnanti sono 180 mila

ROMA – Dalla crisi dobbiamo passare al rinnovamento, gli atenei stranieri fanno passi avanti mentre noi rischiamo di accumulare un grave ritardo. Sono le parole preoccupate di Enrico De Cleva, presidente della Conferenza dei rettori, che esorta a risalire la china. Ma sara’ dura. L’universita’ italiana e’ malata di gigantismo. Sono esplosi i corsi di […]

ROMA – Dalla crisi dobbiamo passare al rinnovamento, gli atenei stranieri fanno passi avanti mentre
noi rischiamo di accumulare un grave ritardo. Sono le parole preoccupate di Enrico De Cleva, presidente
della Conferenza dei rettori, che esorta a risalire la china. Ma sara’ dura. L’universita’ italiana e’
malata di gigantismo. Sono esplosi i corsi di laurea e abbiamo raggiunto l’incredibile cifra di 8.540, tra
lauree triennali e magistrali, includendo gli spezzoni di corsi del vecchio ordinamento che nessuno liquida
finche’ ci sara’ un solo studente che e’ iscritto fuori corso. Ma la moltiplicazione dei corsi di laurea
ha alle spalle altri fenomeni: la giungla degli insegnamenti, che hanno raggiunto quota 180mila. L’Italia
e’ l’unico paese al mondo ad avere un numero cosi’ spropositato di insegnamenti universitari. Secondo
una rilevazione fatta mesi fa dal Cnvsu, il Comitato nazionale di valutazione, risulta che il numero delle
materie e’ aumentato del 50% in cinque anni. E la moltiplicazione non si e’ ancora fermata. Gia’, perche’
al tempo della rilevazione gli insegnamenti erano 171.415, ora sono 7.500 in piu’. Ma non basta. Se
non ci si limita a osservare il divario rispetto a cinque anni, ma ci si confronta con il periodo ante-riforma,
quello prima del 3+2, allora l’incremento delle materie universitarie e’ del 300 per cento. Possibile?
Si’. E non e’ solo conseguenza dell’ampliamento dei campi della cultura e della scienza.
Questi numeri nascondono giochi di potere, guerre interne al mondo accademico, spartizioni di posti,
lotterie di cattedre, sprechi e corsi di laurea da moltiplicare. Fenomeni patologici, che si sovrappongono
alla corsa alle cattedre e alla trasformazione degli insegnamenti in “contenitori” di sigle astruse. Dalla
Scienza del packaging al Benessere del cane e del gatto, alla Protezione delle piante. E c’e’ un’altra cosa
inquietante. Il 40% degli insegnamenti universitari, pari a 69.384, al momento dell’esame da’ diritto
soltanto a 4 crediti. Con liti furibonde per l’equivalenza disciplina-crediti perche’ nessun docente vuole
“valere” meno del vicino di stanza. Dunque, c’e’ una pletora di materie “minori” che e’ servita solo a coltivare
qualche orticello.
Certo, i fenomeni di gigantismo sono iniziati con l’applicazione del 3+2 – avverte il senatore Giuseppe
Valditara, Pdl, e membro della Commissione cultura a Palazzo Madama – C’e’ stata una proliferazione di
corsi con effetti devastanti. Quando in Germania ce n’erano 800 noi gia’ ne avevamo 3.200. E poi siamo
saliti ancora, fino a superare gli 8 mila. Ecco perche’ non e’ piu’ rinviabile un criterio di distribuzione dei
fondi sulla base dei risultati ottenuti. Dobbiamo incoraggiare comportamenti virtuosi, perche’ si innalzi
la qualita’ e si risanino i bilanci, altrimenti corriamo il rischio che gli atenei si trasformino in superlicei.
Siamo di fronte all’invenzione di sempre nuove discipline. Ma come siamo arrivati a tanto? Di specializzazione
in specializzazione – sostiene Andrea Cammelli, direttore del Consorzio interuniversitario che
raggruppa una cinquantina di atenei – abbiamo finito per spezzettare la conoscenza in una miriade di
segmenti, in cui ciascuno si scava una nicchia e coltiva le proprie ambizioni. Ho la sensazione – aggiunge
Andrea Cammelli – che cosi’ perdiamo l’unita’ del sapere. L’autonomia degli atenei non e’ certo
anarchia, pero’ mancano indicazioni chiare. Sicche’ si fa presto a trovare il silenzio dei colleghi, perche’ la
regola neppure tanto nascosta e’ che oggi tocca a me un privilegio e domani a te. Cosi’, come per i concorsi,
c’e’ chi e’ pronto a prestarsi o a chiudere gli occhi per farsi dei crediti e poi passere all’incasso. E’
l’ennesima dimostrazione che c’e’ tanto da cambiare nell’universita’.
Pero’ Cammelli difende anche un altro principio: L’universita’ non e’ solo questo. Tagliamo gli eccessi,
ma stiamo attenti. Se falciamo tutto insieme, in modo indiscriminato, insieme alla zizzania distruggiamo
anche quello che c’e’ di buono. Non possiamo demolire il sistema, perche’ dalle ceneri non si costruira’
piu’ nulla.

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