Ti ricordi quando l’Olanda liberalizzò il consumo della canapa? Doveva succedere l’Apocalisse della droga. Ma non è andata così. Invece la legge Giovanardi ha fatto aumentare del 20% il consumo di cocaina e del 15% quello di cannabis.
Su questo argomento – permettetemi una piccola pubblicità – ho realizzato un libro, insieme a Nina Karen: L’erba del diavolo (Flaccovio editore), dove abbiamo raccolto una serie di dati e di statistiche che dovrebbero quantomeno stupire. Scorrendo i numeri scopriamo che siamo di fronte a un problema di fede. E un’idea del mondo e di Dio. La questione parte dal fatto indiscutibile che Dio punisce i peccatori. Ma i peccatori non hanno per questo smesso di peccare…
L’approccio al problema della tossicodipendenza è una sfida alla logica. Verrebbe da dire che la cosa migliore da fare sia vietare, perché le droghe fanno male e quindi lo Stato non può permettere che vengano vendute. Vogliamo forse lasciare che gli spacciatori si arricchiscano rovinando le vita dei nostri figli? La risposta possibile è solo una: vietare. Ma questa risposta vale solo se sei cattolico. Nella nostra cultura bisogna fare la cosa giusta, perseguire il meglio, punto e basta. Ma se poniamo la stessa questione a un calvinista protestante, pur essendo lui sostanzialmente un cristiano, forse non potrà rispondere nello stesso modo. Infatti i calvinisti sono convinti che fare la cosa moralmente giusta non sia sufficiente. Deve anche funzionare.
Così, ormai 40 anni fa, l’Olanda fece una scelta che apparve a molti decisamente sconcertante: fu praticata una forte depenalizzazione del consumo di tutte le droghe e fu data la possibilità di vendere piccole quantità di canapa e hashish in appositi bar detti coffee shop. Molti dissero: “Vedrete che fine farà l’Olanda, i suoi giovani finiranno per diventare tutti tossicomani o trafficanti di droga”. Dopo 40 anni i sostenitori dei divieti estremi si sono dimenticati di andare a guardare se le loro profezie di disastro si sono avverate.
In effetti, se andiamo a vedere i dati ufficiali dell’Unione Europea e delle organizzazioni internazionali, scopriamo che è successo esattamente il contrario: la tossicodipendenza e il consumo di droghe sono aumentati di più negli Stati che hanno praticato i divieti ferrei. L’Olanda al contrario si trova in una situazione enormemente migliore. Mentre i Paesi europei economicamente avanzati registrano tra i 5 e i 10 tossicomani ogni mille abitanti (Italia 7,9), in Olanda il consumo è sceso a 3,1. Parliamo dei consumatori di droghe pesanti: eroina, cocaina, anfetamine eccetera. Ma, incredibilmente, anche il consumo di canapa, ampiamente tollerato in Olanda, non è esploso e anzi si attesta tra i più bassi d’Europa. Al contrario, i Paesi più repressivi hanno registrato un aumento dei consumatori di tutte le droghe, sia leggere che pesanti.
In Olanda, invece di spendere il denaro in indagini, processi e detenzioni hanno investito nell’informazione ai giovani sui danni provocati da tutte le droghe. E i risultati si vedono!
E in particolare osserviamo che la legge Giovanardi che ha cancellato quel minimo di tolleranza verso i consumatori che era stata concessa qui da noi, ha provocato l’aumento del 20% dei consumatori di cocaina e del 15% dei consumatori di cannabis. Il che dimostra chiaramente che vietare le droghe non ne scoraggia il consumo, anzi le rende frutti proibiti e affascinanti e ne incrementa il consumo.
Ma il divieto assoluto al consumo delle droghe ha anche altri disastrosi effetti: innanzi tutto i morti per overdose e i danni causati dagli additivi usati dagli spacciatori, spesso altamente nocivi. Nei Paesi dove sono in vigore divieti, anche i consumatori di droghe leggere si devono rivolgere agli spacciatori e quindi alla malavita organizzata, che trae vantaggi maggiori dalla vendita delle droghe pesanti e quindi ne incoraggia il consumo. A questo danno si aggiunge il fatto che la droga fornisce alle organizzazioni criminali ingenti mezzi finanziari che permettono alle mafie di diventare potenti e capaci di corrompere ampi apparati dello Stato e infiltrarsi nell’economia legale, inquinandola. L’esperimento del divieto di consumare alcol in Usa fu abbandonato, legalizzando il commercio e il consumo, quando i politici si resero conto che la stessa democrazia americana era minacciata dalla potenza economica che il proibizionismo regalava alle bande che spacciavano alcol clandestinamente.
Inoltre, i tossicodipendenti da droghe pesanti sono costretti a delinquere per procurarsi il denaro per acquistarle e quindi si mettono nei guai, diventa sempre più improbabile che combinino qualche cosa di buono e quindi diminuiscono le probabilità che riescano a uscire dalla droga e rifarsi una vita. Si ottiene, anzi, un grave danno sociale aggiuntivo derivante dai reati commessi dai tossicomani e dal costo spaventoso della repressione di questi reati, che si aggiunge al costo della repressione del consumo. Ovviamente tutto questo non succede laddove le droghe pesanti sono somministrate da strutture pubbliche sotto controllo medico. In effetti, anche in ambienti di destra, proprio il costo economico della repressione del consumo delle droghe, ha convinto molti della necessità di cambiare tattica.
Ma le ragioni del proibizionismo vacillano pesantemente anche quando si pone un’altra domanda: perché l’eroina è vietata e gli psicofarmaci sono invece di libero commercio? La tossicodipendenza da psicofarmaci legali è un problema altrettanto grande della tossicodipendenza da eroina e cocaina, ma questi prodotti legali non vengono considerati altrettanto pericolosi, anzi, su questi lucrano liberamente parecchie imprese farmaceutiche, spingendone il consumo attraverso appropriate campagne promozionali indirizzate ai medici. Che senso ha trattare in modo radicalmente diverso sostanze assolutamente simili relativamente ai danni che causano alla vita delle persone?
Le politiche di repressione delle droghe sono assolutamente schizofreniche perché non trattano in modo uguale le sostanze che provocano un analogo danno fisico e sociale: se l’eroina fosse pulita e venduta in farmacia, non sarebbe più fisiologicamente o psicologicamente dannosa di altri psicofarmaci legali. Discriminazione insensata, inoltre, perché i consumatori di droghe pesanti legali sono molti di più di coloro che sono dipendenti da droghe illegali, quindi rappresentano un’emergenza sociale maggiore.
Ma la schizofrenia diventa enorme se si considera il diverso trattamento che si riserva a alcol, tabacco e marijuana. Qualunque statistica dimostra che l’alcol è certamente il più grave fattore di danno sociale. In Italia le morti attribuibili all’alcol sono fra le 21 e le 25 mila ogni anno. A questo si deve aggiungere uno spaventoso danno sociale indiretto costituito da migliaia di incidenti d’auto e dagli episodi di violenza che vedono come protagoniste persone in stato di ebrezza alcolica.
Il tabacco causa più di 80 mila morti l’anno… Dato enorme ma che andrebbe depurato, come ha fatto l’Oms in alcuni studi, dalle morti causate dall’associazione tra tabacco e inquinamento urbano. E’ un fatto che chi fuma vivendo in campagna ha indici di mortalità molto inferiori. Il tabacco causa poi danni sociali minimi dal punto di vista di incidenti d’auto e violenze.
A quanto si sa nessuno è mai morto per il consumo di canapa. I guidatori che fumano uno spinello, per lo più, poi vanno molto piano in auto e generalmente preferiscono non fare a botte. Inoltre, la canapa dà meno dipendenza sia fisica che psicologica dell’alcol e del tabacco (vedi tabelle di confronto pubblicate dalla rivista Lancet). Tutte le tabelle sulla valutazione della pericolosità tossica o sociale classificano l’alcol e il tabacco come molto più nocivi della cannabis indica, eppure la canapa è vietata e posso perfino fare la pubblicità in televisione di alcolici e super alcolici.
Questa scelta è razionale? Secondo chi sostiene la necessità della repressione del consumo di canapa ci sarebbe, legata al consumo di questa droga, una deviazione della personalità perversa molto più grave della devastazione psicologica causata dall’abuso di alcol. Insomma, lo sballo da alcol è dannoso ma comunque in qualche modo più etico, più socialmente accettabile di quello causato dall’hashish. A tal proposito non esistono ricerche o statistiche.
Ma la canapa, consumata presso molte culture in modo socialmente tollerato, è da noi avvolta di un’aurea di intollerabile peccato in modo del tutto simile all’idea che i musulmani hanno spesso sul consumo di alcolici. E’ impuro. Ora, io credo che ognuno può avere la sua fede e le sue convinzioni, ma il divieto del consumo di alcol e quello del consumo di cannabis dovrebbero restare territorio di fede o di morale personale, le leggi di uno Stato laico non dovrebbero vietare una pianta solo perché è estranea alla nostra cultura e perché delle idee preconcette la associano a sette assassine, orge beduine, rapimenti di vergini sacre e passione smodata per il rock & roll.
I benpensanti americani negli anni ’60 associavano il consumo di spinelli con la passione per le musiche scatenate e i balli che prevedevano lascivi movimenti del bacino. La marijuana e il rock & roll erano i semi del demonio. Ma oggi come oggi perfino in Vaticano hanno organizzato un concerto della musica del peccato. E il Santo Padre è stato visto muovere il collo a ritmo… Anche se solo leggermente… Magari si potrebbe considerare l’idea che le erbe e i frutti che Dio ci ha dato non possono essere vietati dalle leggi degli uomini.
di Jacopo Fo