Chi lavora in zone di guerra è costretto a vivere in una situazione di continuo pericolo e di disagio, in condizioni di igiene e salubrità che spesso non garantiscano neanche l’acqua potabile. Solitamente ad un soldato servono 7 galloni, ovvero 25 litri circa di acqua al giorno, necessari per cucinare, lavarsi e bere. Ma procurarsi acqua in zone devastate dai conflitti è spesso difficile e costoso.
Guidata da un team di ricercatori dell’ ORNL, il Laboratorio Oak Ridge National del Dipartimento dell’Energia Usa sta testando una soluzione che potrebbe risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico in zone di guerra mediante la costruzione di un dispositivo di recupero della condensa e dell’acqua generata dal funzionamento dei motori diesel dei mezzi di trasporto militari, acqua che normalmente va sprecata.
Il funzionamento della soluzione sta nel fatto che, bruciando, gli idrocarburi producono anidride carbonica e acqua che viene rilasciata all’esterno attraverso lo scarico del veicolo. Quest’ultima però può essere raccolta prima di uscire dal tubo di scappamento. La condensazione capillare dipende dall’azione capillare che avviene nei micropori dei tubi forati; l’acqua si condensa in questi micropori e può essere estratta in seguito. Per dare un esempio concreto si può riportare il caso degli Humvee (Veicolo multifunzione su ruote ad alta mobilità), ovvero le grandi jeep in dotazione all’esercito che hanno un serbatoio da 25 litri in grado di fornire l’acqua sufficiente al fabbisogno giornaliero di 3 soldati.
Qualora il progetto dovesse essere sviluppato su scala commerciale si potrebbe far fronte al problema della siccità in numerose aree tant’è che il governo americano ha deciso di sovvenzionare il progetto proprio perché ritenuto interessante e valido.
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