Un “Ufficio Unico Regionale” per tagliare la burocrazia

Per tenere a freno il vortice della spesa pubblica, nell’ambito della tanto citata spending review spunta una nuova idea: come racconta Diodato Pirone sul Messaggero, il governo sta pensando di raggruppare in Uffici Unici Regionali (URU) quelle parti di amministrazione periferica dello Stato, come ad esempio gli ex provveditorati scolastici e gli uffici dei Trasporti, […]

Per tenere a freno il vortice della spesa pubblica, nell’ambito della tanto citata spending review spunta una nuova idea: come racconta Diodato Pirone sul Messaggero, il governo sta pensando di raggruppare in Uffici Unici Regionali (URU) quelle parti di amministrazione periferica dello Stato, come ad esempio gli ex provveditorati scolastici e gli uffici dei Trasporti, che già adesso sono organizzate su basi regionali e non provinciali. In sostanza le prefetture dei capoluoghi regionali (Roma, Napoli, Milano, etc.) saranno delegate a riorganizzare la logistica delle amministrazioni della scuola, dei trasporti e di altre strutture. Si punterà a raggruppare gli uffici in palazzi unici, in modo tale da risparmiare su telefoni, mobili, riscaldamento e, soprattutto, affitti. Analoga operazione sarà avviata dalle altre Prefetture, su base provinciale, per tutte le altre amministrazioni dello Stato come le Agenzie fiscali, le Soprintendenze, e così via. Anche qui nasceranno Uffici Unici Provinciali (UPU) con l’obiettivo di risparmiare sulle locazioni e sulla logistica. Per capire la portata dell’intera operazione va ribadito che a partire dai prossimi mesi, non appena il Parlamento approverà l’apposita legge di riforma costituzionale, il numero delle Province dovrebbe dimezzarsi. Le Province stesse mano a mano che scade il mandato elettorale in corso non saranno più organi eletti dal popolo ma consorzi fra i comuni governate da un presidente scelto fra i consiglieri comunali del loro territorio. Diminuendo le province diminuiranno anche le strutture provinciali a partire dalle Prefetture stesse il cui costo per abitante – come dimostrato dalla relazione sulla spending review – tende a moltiplicarsi quando sono insediate su territori molto piccoli.

QUANTI SOLDI NON VERRANNO SPRECATI? Difficile indicare al momento l’ammontare dei risparmi. Però la logistica per strutture gigantesche come quelle pubbliche incide moltissimo. La riprova arriva dall’Inps che sta varando un piano di riordino dei propri uffici con l’obiettivo di occupare oltre 229.000 metri quadri in meno entro il 2014 pari al 10% degli uffici attuali. Il criterio adottato è quello di assegnare uno spazio medio di 25 metri quadri per ogni dipendente. In pratica l’Istituto di previdenza uscirà da 78 immobili sui 680 utilizzati dando un taglio consistente ai 1,9 milioni di metri quadri che occupava nel 2008. L’obiettivo di risparmio per il piano (che non tiene conto ancora dell’arrivo di Inpdap e Enpals e che quindi andrà rivisto con ulteriori razionalizzazioni degli spazi usati) è pari a 32 milioni annui (24 milioni per minori spese di funzionamento e 8 milioni per nuove locazioni). L’Inps prevede inoltre di incassare 80 milioni una tantum per dismissioni per quanto riguarda gli immobili di proprietà dei quali si è decisa la vendita.

ABOLIRE I MOSTRI. Finalmente così sarà affrontato l’imbarazzante caso dell’Inps di Catania la cui direzione provinciale è sparpagliata in sei uffici diversi. Ma sarà ridimensionata anche la bellissima direzione nazionale in Piazza Ciro il Grande a Roma che passerà ad occupare un solo piano rispetto ai quattro attuali. Oggi, infatti, ogni dipendente della sede centrale dell’Inps può contare su un faraonico spazio di ben 180 metri quadri. L’Inps punta ad accorpare il personale esistente e a concentrare per quanto possibile i dipendenti in un solo immobile (nel caso di strutture contigue) per garantire la maggiore funzionalità degli uffici. Dovrà essere rivista la conservazione degli atti con la concentrazione degli archivi e verificata la concessione di spazi ai circoli ricreativi e alle organizzazioni sindacali.

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