Ultimatum di Obama al Congresso “Sanità per tutti gli americani”

NEW YORK – “Non sono il primo presidente a provarci – dice – ma voglio essere l’ultimo”. Barack Obama lancia il suo ultimatum al Congresso: la “sua” riforma sanitaria va fatta, e va chiusa entro quest’anno. Il presidente ritrova i toni ispirati della campagna elettorale, denuncia lo scandalo di un sistema di assistenza medica che […]

NEW YORK
“Non sono il primo presidente a provarci – dice – ma voglio essere l’ultimo”. Barack Obama lancia il suo ultimatum al Congresso: la “sua” riforma sanitaria va fatta, e va chiusa entro quest’anno. Il presidente ritrova i toni ispirati della campagna elettorale, denuncia lo scandalo di un sistema di assistenza medica che “esclude perfino molti appartenenti al ceto medio”. Fustiga il suo Paese con rara violenza: “L’America e’ l’unica democrazia avanzata, e’ l’unica nazione ricca, che si trova in condizioni cosi’ penose. Dove le assicurazioni ti possono revocare ogni assistenza col pretesto di una malattia pre-esistente; o perche’ hai perso il lavoro”. Racconta storie tragiche, come quella di una donna abbandonata dall’assicurazione nel bel mezzo della chemioterapia per il tumore al seno.

“Dobbiamo offrire un’assistenza sanitaria alla portata dei 46 milioni di americani che non ce l’hanno. Nessuno dovrebbe finire in bancarotta solo perche’ si e’ ammalato. Siamo a un punto di rottura, il tempo dei giochi politici e’ finito”. Obama annuncia la sua controffensiva sulla riforma sanitaria, un test decisivo. Lo fa in un attesissimo discorso davanti alle Camere riunite e alla nazione, in diretta alle otto di sera locali su tutti i network tv. E’ la sfida su cui si gioca la sua presidenza.

Dopo un’estate in affanno, messo in difficolta’ dagli attacchi dell’opposizione e con indici di popolarita’ in declino (il 52% dei cittadini lo boccia sulla sanita’), il presidente scende in campo e si gioca la sua autorevolezza. Capisce di aver sbagliato a lasciare la briglia sciolta al Congresso. “Non perdero’ piu’ il mio tempo”, minaccia: e’ un ultimatum contro chi vuole solo sabotare la riforma. Annuncia per la prima volta dei principi non negoziabili, i contenuti che devono essere nella nuova legge, senza i quali opporra’ il veto.

Il primo rassicura i moderati: “Non un centesimo di deficit pubblico in piu'”. Questa riforma da 900 miliardi di dollari “deve autofinanziarsi”, attraverso risparmi, tasse sulle assicurazioni private e i contribuenti ricchi. Ma ricorda che il costo di questa riforma e’ molto inferiore a quello delle guerre in Iraq e in Afghanistan, o agli sgravi fiscali per i ricchi varati da George Bush.

Il secondo principio: “Migliorare l’assistenza per chi l’ha gia’; offrirla a quelli che finora non possono permettersela”. E’ un dosaggio di giustizia sociale per affrontare una delle piaghe piu’ gravi dell’America e di stabilita’. Guai a spaventare gli americani che lavorano nelle grandi aziende, hanno polizze assicurative soddisfacenti, e percio’ temono “la mutua di Stato”. Su questo punto controverso – il varo di un’assicurazione pubblica – Obama resta prudente e non pone pregiudiziali. Non e’ vera riforma, dice, senza “un’autentica possibilita’ di scegliere, una concorrenza che offra agli americani diverse opzioni”. Oggi la sanita’ lasciata alle forze di mercato non funziona, ricorda il presidente. Le compagnie assicurative si riservano di negare le polizze ai soggetti a rischio, e perfino di cancellarle per chi viene colpito da malattie gravi. Questo “sara’ vietato per legge”.

Il costo delle polizze oggi e’ alle stelle, e’ proibitivo per piccole aziende, autonomi, disoccupati. La folle “inflazione medica” costringe gli Usa a spendere il 16% del Pil per la sanita’, molto piu’ degli altri Paesi sviluppati e con risultati inferiori. Offrire un’assicurazione pubblica in concorrenza con le private, secondo Obama “aiuterebbe a migliorare la qualita’ delle cure e a ridurre i costi”.

Il presidente fa un gesto gradito alla sinistra del suo partito, che vuole l’opzione pubblica come garanzia di equita’. Sul fronte opposto c’e’ la furiosa resistenza dei repubblicani e delle lobby del capitalismo sanitario. Obama non si spinge fino alle estreme conseguenze. Non minaccia il veto presidenziale se la riforma non conterra’ l’opzione pubblica. Puo’ accettare una fase transitoria in cui si sperimenta la creazione di cooperative per far concorrenza alle assicurazioni private.

Preannuncia una “Borsa delle polizze” in cui cittadini e datori di lavoro possano selezionare le offerte piu’ competitive. “Sono aperto a idee nuove, non ho rigidita’ ideologiche”, insiste il presidente. Condanna la campagna di calunnie organizzata dalla destra repubblicana durante l’estate, con l’appoggio della lobby assicurativa: la riforma sanitaria e’ stata accusata perfino di imporre l’eutanasi’a obbligatoria, negando le cure agli anziani per ridurre le spese. Smentisce anche l’accusa di voler estendere gratis l’assistenza agli immigrati clandestini. “La Casa Bianca ha cercato di mantenere un tono civile. Gli avversari hanno usato tattiche del terrore. Spero che il partito repubblicano riscopra la voce della ragione.
Troveranno un partner disponibile”. Riserva strali acuminati alle compagnie assicurative, che “guardano solo ai profitti da esibire a Wall Street, e strapagano i loro top manager”.

“Sull’80% delle misure c’e’ ormai un accordo”, dice, ma nonostante l’ottimismo Obama non ha fatto breccia nell’opposizione. Il partito repubblicano e’ convinto che sulla sanita’ potra’ affondare questo presidente, come fece con Bill Clinton nel 1993. Questa legge e’ uno snodo decisivo: se Obama non la porta a casa entro l’anno, tutta l’agenda delle riforme e’ a rischio. Ma se sui repubblicani non ci sono piu’ illusioni, le aperture al dialogo di Obama in realta’ hanno altri obiettivi. Vuole ricompattare il suo partito democratico, divaricato tra l’ala progressista che vuole una riforma audace, e i moderati che temono un’ulteriore esplosione di spesa pubblica. Soprattutto Obama si rivolge alla nazione, per spazzare via miti e leggende sul “socialismo sanitario” che hanno seminato l’ansia. Quattro dei cinque disegni di legge in esame al Congresso soddisfano i suoi “principi essenziali”: assicurazione obbligatoria per tutti, sussidi pubblici per chi non puo’ permettersela, controlli sulle tariffe assicurative, e divieto di escludere i pazienti.

Il presidente tira fuori, nel finale a sorpresa, una lettera che Ted Kennedy gli scrisse prima di morire. E’ il momento piu’ alto del suo discorso. “Siamo di fronte a una sfida morale, che riguarda i principi fondamentali di giustizia sociale. E’ in gioco il carattere stesso della nostra nazione. Non possiamo accettare rinvii, non possiamo fallire questo appuntamento con la storia”.

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