«E’ un accordo nel complesso accettabile». Uno dei protagonisti italiani del lungo braccio di ferro diplomatico con la Francia sulla ripartizione dei costi della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sintetizza così la conclusione della trattativa tra le delegazioni tecniche dei due governi che ha permesso a Roma di strappare uno sconto di 400 milioni di euro su una spesa prevista di 5 miliardi e 160 milioni. L’intesa tra gli sherpa economici dovrebbe aprire adesso la strada per la firma del trattato internazionale (assolvendo così ad uno degli obblighi imposti dall’Unione Europea) e alla firma dell’incarico a Ltf, la Lyon Turin Ferroviarie, per la progettazione definitiva della tratta comune italo-francese.
Il via libera dovrebbe arrivare nel corso della riunione della commissione intergovernativa prevista per il 21 settembre. In quella sede si conosceranno altri dettagli dell’intesa che ha permesso a Roma di ottenere un riequilibrio dei costi. Finora, infatti, al netto del contributo dell’Unione Europea pari al 27%, l’Italia avrebbe dovuto tirar fuori 5,1 miliardi cioè il 63 per cento del consto complessivo. Il resto, 3 miliardi e rotti sarebbe stato coperto dai francesi. Adesso Parigi coprirà il 41,8 per cento (era il 37% nel vecchio accordo) arrivando a sborsare 3,4 miliardi mentre l’Italia stanzierà 4,7 miliardi, il 58,2 per cento.
Non è il fifty-fifty agognato dal governo Berlusconi ma, appunto, un’intesa accettabile perché tra l’altro comprende anche i costi aggiuntivi derivanti dal cambiamento del progetto e dai ritardi italiani (in una lettera dell’allora ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, l’Italia se ne faceva carico) e perché suddivide tra i due paesi gli eventuali costi aggiuntivi legati ad imprevisti nell’esecuzione dei lavori. L’accordo copre le spese della tratta comune che va da Saint Jean de Maurienne a Susa e la realizzazione delle due stazioni internazionali. Di fatto la tratta internazionale si accorcia e non comprende più lo scavo del tunnel dell’Orsiera.
Ma i progressi diplomatici non modificano la volontà del movimento No Tav di contrastare l’allargamento dell’area del cantiere dove si stanno svolgendo i lavori preparatori in vista dello scavo del tunnel esplorativo della Maddalena. Ieri sera con un’assemblea che si è svolta nella piazza del campo sportivo di Chiomonte è iniziata la quattro giorni dei comitati con il campeggio e iniziative e proteste intorno alle recinzioni in programma tra domani e la giornata di sabato. Oggi è stata organizzata una merenda pomeridiana tra i vigneti di Chiomonte.
Intanto la Coldiretti di Torino «garanzie per la prossima vendemmia delle uve di Chiomonte». «Le nostre richieste – spiega il presidente Riccardo Chiabrando, che partecipa ad incontri periodici con il prefetto, il questore di Torino e Ltf – ora sono mirate a consentire ai coltivatori di accedere ai vigneti per eseguire le lavorazioni e da, metà settembre, avviare la vendemmia». E il direttore Diego Furia aggiunge: «L’avvio del cantiere per realizzare il tratto esplorativo non può certo pregiudicare gli investimenti sinora fatti».
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