Tariffa rifiuti, è caos sull’Iva

L’Iva sulla tassa per i rifiuti va pagata. Un finale inatteso per quel 45% di enti locali che adotta la Tariffa igiene ambientale (Tia) introdotta dal decreto Ronchi del ’97 in alternativa alla vecchia Tarsu. Dopo le associazioni dei consumatori, l’Anci, le commissioni tributarie e la Corte Costituzionale, una circolare del dipartimento delle Finanze nega […]

L’Iva sulla tassa per i rifiuti va pagata. Un finale inatteso per quel 45% di enti locali che adotta la Tariffa igiene ambientale (Tia) introdotta dal decreto Ronchi del ’97 in alternativa alla vecchia Tarsu. Dopo le associazioni dei consumatori, l’Anci, le commissioni tributarie e la Corte Costituzionale, una circolare del dipartimento delle Finanze nega definitivamente il diritto al rimborso dell’Iva pari al 10%, in contrasto con una sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2009. Il motivo? E’ scritto chiaramente nel documento del ministero: "La Tia non ha natura tributaria e, conseguentemente, è soggetta ad Iva".

Un balletto lungo un anno. Con la sentenza 238 del 2009 la Corte Costituzionale aveva invece riconosciuto la natura tributaria della Tia e sancito l’illegittimità dell’Iva sulle bollette dei rifiuti, sulla base del principio che non si può applicare una tassa su un’altra tassa. Non solo: la Consulta aveva anche detto che gli utenti hanno diritto ai rimborsi di tutta l’Iva versata dal 2005 (quando la Tia ha sostituito la vecchia Tarsu) ad oggi.

Per quasi un anno i Comuni sono andati avanti in ordine sparso nel concedere o no i rimborsi e nel continuare o no ad applicare l’Iva, anche perché l’esecutivo non ha mai preso una decisione definitiva in merito. Qualche mese fa, rispondendo a un’istanza presentata dalla Trevisoservizi, l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che l’Iva non doveva essere applicata alla Tia, in quanto tributo. "Il governo – spiega

Tatiana Oneta, fiscalista dell’associazione Altroconsumo – ha deciso di non tenere in considerazione la sentenza della Consulta e lo statuto del contribuente: ora stiamo valutando quali azioni intraprendere. A buon senso i cittadini che non hanno pagato l’Iva lo scorso anno non dovrebbero restituire nulla allo casse dello Stato, fino a che non venga stabilita un’interpretazione univoca e definitiva della reale natura di questo versamento".
 
La Capitale in prima linea. Il comune di Roma, in linea con la sentenza della Corte, dal 2010 non ha applicato più l’Iva sulla tassa dei rifiuti. Anche se, parallelamente, l’Ama – l’azienda municipale di raccolta e smaltimento dei rifiuti – ha aumentato la bolletta ai privati del 10%, ovvero di una percentuale uguale all’Iva eliminata. Una mossa che non ha cambiato nulla nelle tasche delle famiglie romane, ma che ora con il ritorno dell’Iva potrebbe avere tutt’altro peso. Dal primo gennaio 2011, infatti, i romani si troveranno a pagare un effettivo 10% in più sulla bolletta. Il governo, intanto, pretende dalla Capitale la restituzione dell’Iva non versata lo scorso anno, che ammonta a 70 milioni di euro. "Stiamo trattando con il ministero dell’Economia – ha sottolineato il nuovo assessore al Bilancio del comune di Roma Carmine Lamanda – per trovare un modo indolore di restituire l’ammanco all’erario e cercare di sgravare le famiglie da questo nuovo onere. Siamo però vincolati alla legge nazionale e quindi non possiamo fare nient’altro che applicarla, salvo aiuti che possono venire dal governo".
 
Altri comuni, invece, non ci stanno a restituire allo Stato i soldi dell’Iva non versata. Accade in Piemonte dove la Corte dei Conti regionale va in senso opposto all’esigenza delle Finanze di far cassa: nel parere 65/2010 afferma, infatti, che la Tia è un’entrata tributaria, quindi senza Iva.

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