n principio i succhi di arance siciliane dovevano essere inviati ai terremotati di Haiti. Poi si è capito che farli viaggiare per migliaia di chilometri era un azzardo. E allora invece che ai terremotati sono stati destinati al Banco Alimentare. Per carità, sempre di un nobile fine si tratta. Anche se resta da capire chi realmente la Regione Siciliana abbia voluto aiutare: i destinatari finali dei succhi di arance oppure i produttori agricoli e le aziende di trasformazione che si sono aggiudicate la commessa per una spesa prevista di 12 milioni di euro. Sta tutto qui il «succo» di una storia che ha acceso aspre polemiche e ricorsi al Tar. All’assessorato all’agricoltura assicurano che «si tratta esclusivamente di un’iniziativa a scopo umanitario» ma la disputa è tutta sui numeri.
Ad inizio 2010, nel bel mezzo di una crisi produttiva senza precedenti, la Regione Siciliana ha deciso di acquistare le arance pagandole fino a 25 centesimi quando il prezzo di mercato oscillava intorno ai 10 centesimi e in molti casi le produzioni restavano invendute. Quindi ha fatto una gara per la trasformazione del prodotto da confezionare in brik dotati di una particolare chiusura.
«Nel bando – attacca Marcello Cacace presidente dei giovani industriali di Confindustria Palermo che a sua volta opera nel settore della trasformazione – è stato previsto che i brik dovessero avere un tappo che in Sicilia hanno due sole aziende, quelle che poi hanno vinto». Risultato la gara è andata alla Ciprogest (ex Parmalat) di Termini Imerese e alla Ortogel di Belpasso, in provincia di Catania. Secondo gli industriali alla fine è stato un affare per tutti, tranne che per le casse pubbliche. «A conti fatti un brik di succo verrà a costare circa 3,5 euro – argomenta Cacace- quando sul mercato ha un prezzo di 1,5 euro. Se proprio la Regione voleva dare aiuti alimentari forse era meglio acquistare il prodotto direttamente al supermercato. E comunque a noi non dispiace che abbia voluto aiutare produttori e trasformatori. Ma almeno lo si faccia senza discriminare». Insomma secondo gli industriali la Regione avrebbe aggirato le norme europee in materia di aiuti di Stato oltre a creare una «forte turbativa del mercato».
«Ma non è vero – replica Rosaria Barresi dirigente dell’assessorato all’agricoltura – il nostro intervento è stato accettato in sede comunitaria. Ci siamo mossi d’intesa con l’Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura) esattamente come avviene per i produttori di parmigiano. Chi muove certe critiche si è già rivolto al Tar ed ha perso sia a Palermo che a Catania». Insomma per la Regione si tratta di un’iniziativa a scopo umanitario e contesta anche i numeri. «Non abbiamo ancora chiuso –spiega la Barresi- ma penso che a conti fatti l’operazione costerà intorno ai 9 milioni di euro». Da circa due mesi è cominciata la consegna del succhi di arance e si è scoperto che non andranno più ai terremotati di Haiti, in quanto si tratta di un prodotto estremamente deperibile. Le arance trasformate verranno pian piano inviate ai depositi del Banco Alimentare in tutta Italia.