Sprechi: la doppia Campania

A leggere le pagine di cronaca di queste ultime settimane sembra che ci siano due regioni Campania. La prima e’ nelle parole dei suoi amministratori, a partire dal presidente Antonio Bassolino. La retorica abbonda in questo linguaggio destinato, probabilmente, agli addetti ai lavori, al ceto politico: responsabilita’, confronto pubblico, rilancio, ripresa. Nuova fase. Ogni occasione […]

A leggere le pagine di cronaca di queste ultime settimane sembra che ci siano due regioni Campania. La prima e’ nelle parole dei suoi amministratori, a partire dal presidente Antonio Bassolino. La retorica abbonda in questo linguaggio destinato, probabilmente, agli addetti ai lavori, al ceto politico: responsabilita’, confronto pubblico, rilancio, ripresa. Nuova fase. Ogni occasione e’ buona per alimentare un dibattito lunare per la sua assoluta distanza dalla realta’. La seconda versione invece e’ quella dei fatti, che continuano a ripetersi con una tempistica disarmante. Di fatto ogni giorno. La pioggia delle 217 consulenze d’oro, per esempio, e’ un prontuario della spesa pubblica destinata soltanto a fini clientelari, con una pioggia di 1 milione e 300mila euro distribuiti senza alcun criterio di reale utilita’. Un consulente e’ stato reclutato per scrivere nientemeno che il codice deontologico delle imprese funebri (ma non basterebbe un parere dell’associazione di categoria?), mentre un suo collega si e’ cimentato nella normativa sui parassiti delle piante da frutta. Gli importi variano, e presi singolarmente non sono esorbitanti, ma colpisce la logica di un ente che trasforma la distribuzione dei fondi di bilancio nelle mance per professionisti amici: un vecchio vizio che inquina i conti e sposta, con calibrata precisione, il pendolo del consenso elettorale. Lo stesso meccanismo utilizzato dalla regione per trasformarsi in un’agenzia di collocamento. Si spiegano cosi’ gli 80 milioni necessari per una bella infornata di collaboratori e di autisti dei consiglieri regionali: mentre la regione non ha ancora provveduto a definire una pianta organica, si trova la scorciatoia della sanatoria per assumere del personale che proviene da altre amministrazioni ( li chiamano “comandati”), calpestando qualsiasi concorso o bando pubblico. Come nel caso dei posti riservati, per le aziende sanitarie finanziate dalla regione, ai lavoratori in mobilita’ delle cliniche private. Quanti sono? Come peseranno sulla gia’ disastrata spesa sanitaria? E perche’ devono godere di questo privilegio? Nessuno lo sa. L’unica voce indignata, dall’interno del palazzo, e’ quella dell’assessore Mariano D’Antonio, un professore sulla cui onesta’ intellettuale nessuno puo’ azzardare obiezioni. Il responsabile del Bilancio regionale, circondato e assediato dal partito trasversale della spesa allegra, ha scritto al Mattino per denunciare la “cattiva politica” della regione fatta “di costi insostenibili e di troppa demagogia”. Nell’elenco degli sprechi, di una gestione priva di trasparenza ed efficacia, rientrano di diritto anche i ritardi con i quali si stanno definendo i capitoli di spesa dei fondi strutturali. Sono soldi che dovrebbero servire allo sviluppo, all’occupazione, a provvedimenti per tamponare gli effetti della crisi. E la Campania pensa bene di perderli, come se non servissero. Mentre e’ necessario proteggere, sempre sotto l’ombrello del clientelismo e di una capillare rete di complicita’, i soliti fortunati

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