Se gli statali mandano in rosso l’Inps

L’Inps è in rosso, e ad affondarlo è stata la Cassa degli Statali che non ha pagato i conti. Ecco cos’è successo: a dicembre, con il decreto salva Italia, il governo Monti ha varato il SuperInps, ovvero l’accorpamento di Inps, l’istituto che si occupa delle pensioni dei lavoratori privati, Inpdap, che gestisce invece i dipendenti pubblici, e […]

L’Inps è in rosso, e ad affondarlo è stata la Cassa degli Statali che non ha pagato i conti. Ecco cos’è successo: a dicembre, con il decreto salva Italia, il governo Monti ha varato il SuperInps, ovvero l’accorpamento di Inps, l’istituto che si occupa delle pensioni dei lavoratori privati, Inpdap, che gestisce invece i dipendenti pubblici, e Enpals, l’ente per i lavoratori nel settore dello spettacolo. Il tutto per abbattere gli sprechi e per rendere l’istituto più efficiente, tanto che la relazione tecnica quantificava in «non meno di 20 milioni di euro» i risparmi ottenibili già nel 2012, per poi salire a 100 milioni nel 2014. Peccato che al contrario l’effetto si sia rivelato disastroso, come rileva Enrico Marro nel Corriere della Sera.

Tutta colpa dell’Inpdap che, entrando nell’Inps, ha scaricato sul bilancio 10,2 miliardi di euro di disavanzo patrimoniale e quasi 5,8 miliardi di euro di passivo per l’esercizio 2012. Un buco enorme che nel giro di «pochi anni» potrebbe portare all’«azzeramento» del patrimonio netto, aprendo «un problema di sostenibilità dell’intero sistema pensionistico». Insomma, l’istituto di previdenza dei dipendenti pubblici ha portato in dote un enorme disavanzo patrimoniale. Perché? Due le cause, secondo quanto riporta il Corriere. 1) La riduzione dei dipendenti pubblici nel corso degli anni, che ha ridotto le entrate mentre le spese per pensioni continuavano ad aumentare. 2) Il fatto che, fino al 1995, le amministrazioni centrali dello Stato non versavano i contributi alla Ctps, la Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato, che era una delle 10 casse fuse nell’Inpdap nel 1996 proprio perché le normative europee richiedevano la creazione di un istituto con un bilancio trasparente. Ma anche dopo il ’96, le amministrazioni dello Stato hanno versato «solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore (8,75%, ndr ) e non la quota a loro carico» pari al 24,2%. Insomma, lo Stato evadeva i contributi. E oggi a pagare è l’intero sistema.

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