Torniamo a parlare di sanità e sprechi e oggi ci spostiamo in Campania, a Napoli, per parlarvi di un ospedale, il policlinico universitario Federico II: 21 padiglioni di sporcizia, degrado e abbandono più totale. Una situazione inaccettabile per una struttura sanitaria.
Come leggiamo nell’inchiesta realizzata da Repubblica, lo scenario che ci si trova davanti percorrendo i tunnel che collegano i diversi reparti è quello tipico di un film horror: pareti bucate e ammuffite, cavi che pendono dal soffitto, garze marce che si sfaldano da tubature arrugginite e gocciolanti, stanze sporche piene di calcinacci, fango e polvere. E ancora i quadri elettrici privi degli appositi coperchi di protezione e le cabine di manutenzione impianti aperte perché qualcuno ha pensato bene di rubare i lucchetti.
Ovviamente nessuno rispetta le norme sulla prevenzione degli infortuni e sulla sicurezza del lavoro: il personale medico e quello che si occupa del trasporto merci, compresi i contenitori con dentro i pasti, attraversano le gallerie senza curarsi di ciò che vi è intorno.
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Peccato che si tratti del più articolato polo ospedaliero universitario del Mezzogiorno: 440 mila metri di superficie, 21 palazzine per l’assistenza, 26 dipartimenti, mille posti letto di ricovero ordinario e 200 di day hospital, 800 medici e 1200 infermieri. E peccato che la struttura sia in questo stato di totale degrado a soli quarant’anni dalla sua costruzione.
Un decadimento quello del Federico II già annunciato anni fa, nel 2005, da Carmine Marmo allora direttore dell’Azienda universitaria ospedaliera che, sempre sulle pagine di Repubblica, denunciava una manutenzione di cui nessuno si era mai preoccupato.
Da allora nulla è cambiato se non in peggio a partire dalle cucine al cui interno si preparano i pasti in situazioni igieniche praticamente inesistenti: in particolare, i contenitori del cibo non sono usa e getta ma vengono lavati e poi successivamente riciclati. Ma non è tutto: una volta pronti, vengono trasportati da un reparto all’altro attraverso gli stessi montacarichi utilizzati dalla spazzatura.
Manca inoltre un vero e proprio dipartimento di emergenza e accettazione (Dea) e stando agli ultimi dati disponibili, il policlinico si caratterizza per un’alta mortalità delle operazioni al cuore. Nel 2011 sono stati eseguiti solo 90 bypass coronarici isolati, in continuo decremento dal 2009, con una mortalità del 5 per cento contro una media nazionale del 2 per cento: nei migliori ospedali italiani è inferiore all’1 per cento.
Per non parlare poi dello scandalo legato ai parti cesarei. Il Federico II è una delle maggiori maternità del Sud per numero di parti: solo nel 2011 sono stati 2217. Tra le donne che non avevano avuto un precedente parto chirurgico, ben il 60 per cento è stato sottoposto a parto cesareo. Una percentuale imbarazzante rispetto a una media nazionale già altissima del 27 per cento, soprattutto in una struttura universitaria che dovrebbe formare i futuri ostetrici a gestire i parti. Il perché di questa situazione è semplice: i medici organizzano meglio il loro lavoro e il loro tempo libero. Inutile dire che non si partorisce quasi mai di cesareo durante il fine settimana. E per giustificare questo incredibile eccesso di parti cesarei molti ginecologi napoletani registravano diagnosi di presentazioni anomale del feto. Una recente indagine condotta dai carabinieri del Nas su ordine del ministro della Salute Balduzzi ha scoperto che molte di queste diagnosi non hanno alcuna documentazione clinica.
Infine come non citare la produzione di documenti sanitari falsi. Durante il “sopralluogo” del cronista di Repubblica al Policlinico, è stato accertato che esiste la possibilità di ottenere l’attestato indispensabile per lavorare negli ambienti sanitari, non dopo aver frequentato l’apposito corso di formazione ma usando un fac-simile stampato direttamente dal computer. Pare che parte del personale sia dotato di questo attestato falso.