Rifiuti a Napoli, Italia condannata a Strasburgo

Il piano rifiuti della Campania prende forma. Ed entro lunedì prossimo, annuncia il governo, arriverà in commissione Ue. In seguito, il 25 gennaio – ha detto il ministro per l’Ambiente Corrado Clini – «parlerò con il commissario». «Siamo riusciti – afferma – a mettere insieme tutti e stiamo lavorando su un piano che comincia ad […]

Il piano rifiuti della Campania prende forma. Ed entro lunedì prossimo, annuncia il governo, arriverà in commissione Ue. In seguito, il 25 gennaio – ha detto il ministro per l’Ambiente Corrado Clini – «parlerò con il commissario». «Siamo riusciti – afferma – a mettere insieme tutti e stiamo lavorando su un piano che comincia ad essere consistente». Ieri, lunedì, il ministro – che sta partecipando al forum «L’Italia verso Rio +20» – aveva incontrato il vicesindaco di Napoli, Tommaso Sodano, e i rappresentanti di Regione e Provincia di Napoli.

E sempre in tema di rifiuti, sull’Italia si abbatte una sentenza di condanna comminata addirittura dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Secondo la Corte, lo Stato italiano sin dal 1994 e fino al 2009 non è stato capace di gestire adeguatamente l’emergenza rifiuti in Campania. Una pronuncia soltanto simbolica perché i risarcimenti chiesti dai ricorrenti non sono stati riconosciuti dall’organismo giudicante.

L’EMERGENZA INFINITA – La crisi dei rifiuti in Campania, che è alla base della condanna della Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, scoppiata nel 1994 è durata fino al 2009, e tutt’oggi ritorna a cicli più o meno regolari (l’ultima nel giugno scorso). La condanna della Corte fa riferimento alla «incapacità prolungata delle autorità italiane di assicurare il funzionamento regolare del servizio di raccolta, di trattamento e di eliminazione dei rifiuti» che «ha colpito il diritto dei richiedenti, al rispetto della loro vita privata e del loro domicilio». Secondo i giudici di Strasburgo, inoltre, la mancata raccolta ed eliminazione dei rifiuti dalle strade, contrariamente a quanto sostenuto dallo Stato italiano, non fu provocata da cause di «forza maggiore».

SOMMA VESUVIANA – Tutto parte da un ricorso presentato da 18 cittadini di Somma Vesuviana, in provincia di Napoli. La Corte ha riconosciuto la violazione del diritto alla salvaguardia della vita privata e familiare: lo Stato cioè non può costringere i suoi abitanti a vivere tra i rifiuti. Non è stato però riconosciuto il danno alla salute. I giudici di Strasburgo hanno ritenuto che la vita e la salute dei ricorrenti non sono state messe in pericolo dall’emergenza rifiuti e che gli studi scientifici presentati dalle parti sull’esistenza di un legame tra un aumento dei casi di cancro e la gestione dei rifiuti in Campania arrivano a risultati divergenti.

SOLO SPESE LEGALI – Allo stesso tempo la Corte di Strasburgo non ha riconosciuto l’indennizzo di 15 mila euro per danni morali richiesto dai ricorrenti asserendo che la constatazione della violazione del loro diritto alla vita privata e familiare è da considerarsi una riparazione sufficiente del danno morale subito. I giudici hanno anche stabilito che lo Stato italiano dovrà versare all’avvocato Errico di Lorenzo, che aveva chiesto oltre 20mila euro – oltre a rappresentare il gruppo è uno dei ricorrenti, 2.500 mila euro per le spese legali sostenute.

L’ASSESSORE REGIONALE – «Sapevamo di aver ereditato un disastro. Siamo al lavoro per superare questi venti anni di ritardi e inadempienze» commenta l’assessore campano all’Ambiente, Giovanni Romano. «La Corte condanna la vecchia incapacità di gestire adeguatamente l’emergenza e chi ha saputo dire solo ‘no’, ponendo veti con una visione solamente ideologica».

LEGAMBIENTE – Legambiente soddisfatta. La sentenza di condanna della Corte dei diritti dell’uomo, secondo gli ambientalisti, «è assolutamente condivisibile». In Campania non si può prescindere dall’inevitabile costruzione degli impianti di smaltimento della frazione residuale dei rifiuti – sostengono gli ambientalisti – ma la strategia vincente non può che essere fondata sull’estensione della raccolta domiciliare a tutti gli abitanti della regione partendo dalle grandi aree urbane (vedi il capoluogo e la popolosissima provincia), unita alla diffusione delle politiche di prevenzione già praticate in diverse parti d’Italia.

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