Abolizione del vitalizio dei consiglieri, una sforbiciata alle spese di funzionamento, in qualche caso anche un taglio al numero di scranni delle assemblee. Dalle Regioni, nelle ultime settimane dell’anno appena trascorso, è arrivata una raffica di impegni e buoni propositi sul tema del taglio ai costi della politica. Uno stile imposto anche dal rigore delle ultime manovre, oltre che dal clima di indignazione montante nel Paese. Un trend "virtuoso" sicuramente esiste, ma qual è la portata delle scelte fatte? E la stagione degli sprechi è davvero finita? Spulciando nei bilanci regionali si scoprono diversi comportamenti in controtendenza, enormi differenze tra un ente e un altro. Ma soprattutto si capisce che il grosso dei sacrifici è rinviato alla prossima legislatura.
Addio ai vitalizi, ma dal 2015. Nelle ultime settimane alcune Regioni (Sardegna, Sicilia, Fiuli Venezia Giulia, Toscana) hanno deciso il taglio dei consiglieri, adeguandosi a quanto previsto dalla manovra d’agosto. Altre (come le Marche, la Valle d’Aosta, la Toscana) hanno votato una riduzione di benefit o di spese di trasferta. Il segnale più
significativo del nuovo corso è però l’abolizione delle "pensioni" dei consiglieri regionali. Una decisione presa il 27 ottobre dalla Conferenza delle assemblee regionali d’intesa con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. L’impegno era di tradurre in legge questa scelta sull’addio ai vitalizi nel giro di sei mesi: quindici Regioni si sono già adeguate, le altre si preparano a farlo. Il nuovo sistema, però, entrerà in vigore ovunque solo nella prossima legislatura, a partire dal 2015. Quindi i benefici del passaggio al contributivo si vedranno dal 2020, cioè tra ben otto anni, mentre consiglieri e assessori attuali conserveranno le stesse regole. Insomma, sacrifici sì ma da parte di chi sarà eletto in futuro. "Non potevamo fare di più, non è possibile toccare i diritti acquisiti", è stata la spiegazione fornita da Nord a Sud. Mario Staderini, segretario dei Radicali italiani – partito da sempre in prima fila sul tema dei costi della politica – è tranchant: "Almeno i parlamentari hanno toccato il regime attuale: il nuovo sistema contributivo pro rata, per deputati e senatori, entrerà in vigore già dal 2012. Le Regioni, invece, hanno scelto la logica del rinvio".
Indennità salve dai tagli delle Camere? In alcune finanziarie regionali approvate negli ultimi giorni è spuntato intanto un articolo che suscita perplessità e sospetti. Dal Friuli-Venezia Giulia al Lazio, dal Piemonte alla Lombardia fino alla Puglia è stata approvata una norma che sgancia le indennità dei consiglieri da quelle dei parlamentari. D’ora in poi saranno vincolate solo all’adeguamento Istat (in Piemonte, in realtà, congelato fino al 2013). Forse un modo per salvare gli stipendi dei consiglieri regionali dai tagli che dovrebbero essere approvati, entro gennaio, sia alla Camera che al Senato? Le polemiche hanno investito soprattutto il Lazio (anche per altre scelte molto discusse della giunta Polverini) e la Puglia, dove il governatore Vendola è stato costretto a intervenire garantendo: "Un secondo dopo che il Parlamento avrà modificato gli assetti retributivi, dovremo immediatamente adeguarci".
Ma quale sobrietà. In questi ultimi giorni di tagli e rincari, ha fatto particolarmente scalpore la decisione della giunta Polverini di estendere l’assegno a vita – finora destinato solo ai consiglieri – anche agli assessori esterni, che nel Lazio sono addirittura 14. Un’operazione che potrebbe costare alla Regione un milione di euro (anche la giunta ligure guidata da Claudio Burlando ha avuto qualche grattacapo sulla questione dei membri esterni della giunta). Sempre restando alla cronaca degli ultimi giorni, si segnala il record di consulenze della Regione Sicilia: 13 all’anno – l’ultima a poche ore dal Natale – per una spesa complessiva che supera il milione e 500 mila euro; e lo stop del commissario dello Stato alla legge con cui l’assemblea regionale siciliana dava il via libera a 1.600 assunzioni. Passando in Lombardia, fa rumore la notizia che l’agenzia di stampa del Pirellone costa da sola 1,7 milioni di euro. Episodi diversi, su e giù per la penisola. Segno però che alcune tendenze resistono anche in clima di austerity.
Pianeti diversi. Analizzando i dati delle indennità, si scopre che c’è un abisso tra una Regione e l’altra: tra gli 11.400 euro di un consigliere sardo e i 5.600 euro percepiti da un consigliere in Emilia-Romagna (la prima ad abolire i vitalizi, già nel 2010). Così come si nota che l’Assemblea regionale siciliana, nel suo complesso, costa a ogni contribuente cinque volte il consiglio regionale lombardo e più del doppio di quello laziale e piemontese. E che le Regioni meridionali sono nelle primissime posizioni per gli stipendi percepiti dai loro presidenti. Ma, al di là delle differenze, di sicuro moltissimo nel 2012 può ancora essere fatto.