Ravello, Auditorium abbandonato. Inaugurato 4 mesi fa, già cade a pezzi

Cemento, pietra, vetro, nuvole, mare. E polvere. Ombre di muffa, macchie di umidita’. Controsoffittatture che si staccano nel foyer; un garage pieno di calcinacci e materiale di risulta, impraticabile per le auto. Nei vani sottoscala addirittura porte ancora da cementare. Sulla moquette lattea teloni e arredi da montare. Nella sala polvere sul parquet, tanta da […]

Cemento, pietra, vetro, nuvole, mare. E polvere. Ombre di muffa, macchie di umidita’. Controsoffittatture che si staccano nel foyer; un garage pieno di calcinacci e materiale di risulta, impraticabile per le auto.

Nei vani sottoscala addirittura porte ancora da cementare. Sulla moquette lattea teloni e arredi da montare. Nella sala polvere sul parquet, tanta da far scivolare chi ci cammina.

E le poltroncine dai colori sfumati del mare impolverate e coperte alla meno peggio da teli di plastica. Sulla muratura esterna i segni di un ritocco appena terminato all’intonaco candido. Ma i materiali scrostati dai muratori sono rimasti a ingombrare il marciapiede. Sul marmo di Trani sfregano le basi di cemento che reggono i graticci che impediscono l’accesso. una scultura sensuale e intima. Si staglia nel vuoto tra l’abitato di Ravello e il declivio dei monti che a precipizio si gettano in mare.

splendida anche se chiusa. Solo qualche fortunato, una comitiva di tecnici, ingegneri e architetti, ospiti delle imprese che hanno effettuato i lavori, di tanto in tanto riesce a metterci il naso come e’ avvenuto pochi giorni fa. Insieme agli architetti e agli ingegneri avellinesi abbiamo varcato anche noi la soglia di questo gioiello abbandonato. E abbiamo scoperto che quel manufatto speciale, quel segno che un architetto di 102 anni ha fatto nascere nel suo studio dall’altra parte del mondo, ad ogni giorno che passa si degrada sempre di piu’.

Chiuso dal giorno dell’inaugurazione (gennaio scorso), l’auditorium di Ravello costruito da Oscar Niemeyer, oggi appare abbandonato a se stesso. Su quel palco oggi deserto e sporco resta l’eco dell’ultima canzone cantata a gennaio, il giorno dell’inaugurazione, da Lucio Dalla. In pochi mesi una struttura inutilizzata per forza di cose diventa preda di ragnatele, infiltrazioni d’acqua, si trasforma in ricettacolo d’immondizia.

Nasconde nelle viscere materiali mai rimossi a lavori completati. Nasconde sotto gli arredi disegnati dalla mano che schizzo’ Brasilia, ristagni d’acqua e bagni maleodoranti, quelli riservati agli artisti al piano terra in particolare.

Le splendide poltrone in pelle e i tavoli in cristallo, anch’essi di Niemeyer , sono penosamente abbandonati nei locali. In alcune sale di sgombero e’ possibile ritrovare disegni e materiali lasciati dagli assistenti del progettista che farebbero felici gli appassionati.

Difficile immaginare cosa succedera’ ai delicatissimi impianti del palcoscenico, completamente motorizzato, che e’ comandato da un pantografo con motori a catena: saranno oliati? Sono provati ogni tanto? Il montascena, un ascensore che arriva al centro dell’auditorium, sara’ revisionato? L’aggetto di 16 metri che sostiene la grande sala a picco sul mare e’ l’elemento strutturale che appare messo peggio.

Basta arrivare all’edificio dalla parte meridionale per accorgersi che la base da cui partono le travi sono ammalorate, con vistose macchie marroni che denunciano infiltrazioni. la grande volta a botte con le funi costate 50 mila euro l’una che fanno da tiranti all’ardita struttura, saranno ogni tanto ripulite da qualcuno? Ecco quel che si vede. La desolazione che si coglie negli occhi di chi guarda la silenziosa volta sghemba, assomiglia allo sguardo di un amante tradito.

Non conta chi tiene chiuso quel gioiello dal perimetro a losanga incastonato tra i limoneti e l’insediamento medievale. Non conta perche’ si lascino inutilizzati 16 milioni di euro e un sogno nato dalla mente di un architetto visionario. Non contano dieci anni passati tra ricorsi al tar e dispetti tra sindaci, scontri tra politici, diatribe su Domenico De Masi e sul suo festival: cose che Giovanni Boccaccio aveva scritto gia’ ottocento anni fa.

Conta solo l’impossibilita’ di spiegare a mister Hadao, giapponese in vacanza che tenta di visitare quel grande edificio che impressiona e commuove, e al piccolo Vincenzo, un bambino di Ravello che vorrebbe giocare a pallone sulla spianata tra l’occhio di cristallo dell’auditorium e il giardino pensile, il perche’ sia impossibile l’una e l’altra cosa.

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