Quella rete “democratica” che stenta a decollare

Un tema mai come oggi attuale e dibattuto, che unisce e divide operatori, distributori e gestori, ma che sembra destinato ad avere un epilogo piuttosto rapido e inevitabile: la rete intelligente. Con la crescita delle rinnovabili, infatti, il numero fino a qualche anno fa impensabile di piccoli impianti produttori di energia elettrica (giunto quasi a […]

Un tema mai come oggi attuale e dibattuto, che unisce e divide operatori, distributori e gestori, ma che sembra destinato ad avere un epilogo piuttosto rapido e inevitabile: la rete intelligente. Con la crescita delle rinnovabili, infatti, il numero fino a qualche anno fa impensabile di piccoli impianti produttori di energia elettrica (giunto quasi a quota 500.000) ha imposto una certa “intelligenza” al sistema delle reti, sempre più legato alla variabilità di fonti meno prevedibili di quelle tradizionali. Se da una parte il nostro Paese è all’avanguardia in questo settore, a livello di conoscenze, tecnologie e sperimentazioni, dall’altra c’è ancora molta strada da fare per rimuovere tutti quegli ostacoli normativi e finanziari che bloccano di fatto il decollo di un sistema composto da reti intelligenti. La tanto cercata evoluzione virtuosa del sistema, infatti, deve fare i conti con l’assenza di incentivi e riferimenti normativi che possano in qualche modo fornire un certo tipo di garanzie agli investitori. Se a ciò si aggiunge anche che il nuovo paradigma andrebbe di fatto a consacrare l’automazione delle diverse strutture produttrici di energia, superando il concetto di “da uno a molti” e arrivando a quello di “tra molti”, si capisce quanto l’argomento sia delicato.
Al convegno di ieri mattina organizzato da ISES ITALIA e AIIE si è parlato di tutto ciò. Ci siamo fatti due chiacchiere con il Presidente dell’Associazione Italiana Economisti dell’Energia, Edgardo Curcio, per capire quelle che sono le questioni ancora aperte di questa tematica in evoluzione.

Qual è il ruolo delle reti nella rivoluzione della generazione distribuita?

La prima cosa da chiarire è il concetto di smart grid, con il quale si intende cioè reti di trasmissione elettrica intelligenti che integrano e coordinano le azioni degli utenti connessi per la fornitura efficiente di un’elettricità sostenibile, economica e sicura. Si tratta di un modello in cui l’evoluzione della rete elettrica viene coadiuvata dall’impiego esteso dell’automazione, cioè dell’information technology, con una regia che integra la rete degli operatori, le infrastrutture, il trasporto e la distribuzione. In particolare, nel caso dell’energia elettrica il motore del cambiamento e della trasformazione è la generazione distribuita, un concetto legato all’introduzione delle fonti rinnovabili e alle conseguenti problematiche di integrazione nelle reti di distribuzione.

Quanto è lontana l’Italia dal realizzare un sistema di reti elettriche intelligenti?

In Italia siamo ancora lontani dal realizzare un intero sistema di reti elettriche intelligenti. Attualmente ci sono 8 progetti di ricerca nel settore delle smart grid, attivi attraverso un bando della Commissione europea; si tratta di progetti pilota in cui il Politecnico di Milano ha svolto la funzione di advisor, con l’obiettivo di procedere, dapprima, al monitoraggio dei risultati della sperimentazione e all’acquisizione di esperienze e conoscenze, per poi tracciare lo sviluppo nazionale di questo settore. Di sicuro l’operazione è piuttosto complessa e ci sono ancora ostacoli da superare sia di ordine finanziario, perché nonostante ci sia un dibattito aperto tra il Ministero dello Sviluppo Economico e l’Autorità ancora mancano gli incentivi, sia di ordine normativo, data l’assenza di norme e decreti specifici, che tecnologico. Siamo agli inizi. Credo che ci voglia almeno un paio di anni per arrivare a un sistema di smart grid totalmente operativo.

Perché tutta questa complessità?

Innanzi tutto il problema degli incentivi non è da sottovalutare. Stiamo parlando di interventi che richiedono ingenti investimenti e gli incentivi potrebbero in forma stabile dare a tutti i distributori di energia elettrica la possibilità di intervenire in questo sistema. Poi mancano sistemi di controllo, regolazione e gestione dei carichi delle unità di produzione. Progetti attivi sono quelli delle grandi società di distribuzione, come Enel, Acea, A2A per esempio, cioè le grandi utilities che hanno messo in piedi progetti dimostrativi che stanno portando avanti (con il PoliMI).

Quanto ha pesato in questo percorso la non prevedibilità delle fonti rinnovabili?

Molto perché le rinnovabili non sono riuscite a integrarsi molto bene nel sistema elettrico delle reti di trasmissione. Questo ha fatto sì che non ci sia stato un coordinamento tra lo sviluppo di un sistema di reti intelligenti e le fonti rinnovabili. Il problema è strutturale.

Sul piano dell’accumulo, l’Italia è preparata per implementare la nuova potenza verde?

Ci sono varie forme di accumulo e vari studi che se ne occupano con l’obiettivo di far sì che l’energia elettrica rinnovabile prodotta nelle ore di massima potenza possa essere integrata nelle ore in cui la potenza è minima. Oltre alla più classica forma di accumulo, che è la batteria, esistono anche altri sistemi e si stanno facendo anche passi avanti sul piano tecnologico per trovare soluzioni che diano maggiori risultati a costi minori. Anche su questo fronte la situazione non è definita. Quello dell’accumulo è un problema molto dibattuto, soprattutto in quest’ultimo periodo in cui si cerca di capire chi dovrebbe occuparsene. Da una parte, infatti, c’è Terna che, in qualità di gestore delle reti, vorrebbe occuparsi in prima persona dell’accumulo, dall’altra, invece, gli operatori elettrici, piuttosto contrari al fatto che Terna, un distributore puro, si metta a fare un’attività che loro considerano legata alla produzione. L’Autorità dovrebbe intervenire su questo punto stabilendo che tipo di accumulo e chi dovrebbe occuparsene.

Qual è il costo di una non azione?

Di sicuro, sul piano europeo, andremmo incontro a multe e sanzioni. Poi saremmo penalizzati anche sul piano dello sviluppo sostenibile, anche perché oltre ai progetti pilota attualmente in corso, nel nostro Paese c’è un dibattito piuttosto vivace sull’argomento e quasi tutti gli operatori se ne stanno interessando.

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