Paradossi del Sud che non usa i Soldi per Spendere servono Progetti

    di Marcello Messori   Ogni volta che si esaminano i dati sui tassi di utilizzo dei fondi europei da parte delle varie aree regionali, emerge che il Mezzogiorno d’ Italia è uno dei fanalini di coda. Nell’ intervista, sul Corriere di oggi, di Luigi Offeddu a Johannes Hahn, commissario dell’ Ue per i […]

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di Marcello Messori

 

Ogni volta che si esaminano i dati sui tassi di utilizzo dei fondi europei da parte delle varie aree regionali, emerge che il Mezzogiorno d’ Italia è uno dei fanalini di coda. Nell’ intervista, sul Corriere di oggi, di Luigi Offeddu a Johannes Hahn, commissario dell’ Ue per i fondi regionali, questa tendenza negativa trova riscontro anche per il periodo 2007-13. Essendo giunti ben oltre la metà di tale periodo, ci si aspetterebbe che le regioni del nostro Mezzogiorno abbiano ormai speso una quota almeno pari al 50% dei fondi europei a esse assegnati. Viceversa, la regione più «virtuosa» non è arrivata neppure alla metà e le due peggiori neppure a un sesto di questa quota. Quegli stessi amministratori locali, che ogni giorno lamentano la mancanza di risorse per fronteggiare le crescenti esigenze della popolazione meridionale e che sono sempre pronti a denunciare la mancanza di un piano credibile di rilancio dell’ area da parte del governo centrale, si confermano cioè incapaci di disegnare e attuare iniziative credibili per l’ impiego degli ingenti mezzi già a loro disposizione. Il paradosso ha più di una spiegazione. L’ accesso ai fondi europei richiede procedure complesse e soffre, forse, di un eccesso di burocrazia. Il fatto fondamentale è però che tale accesso impone un articolato lavoro di preparazione, chiarezza negli obiettivi, trasparenza nelle modalità di utilizzo delle risorse e rigore nella rendicontazione. È quindi necessario che i beneficiari dei fondi europei: abbiano capacità di progettazione, realizzazione e controllo (policy making); possano affidarsi a efficienti istituzioni di mercato; non perseguano fini impropri. Purtroppo le carenze di «capitale sociale», tipiche dell’ area più problematica del nostro Paese, fanno sì che troppo spesso le amministrazioni locali meridionali non soddisfino nessuno di questi requisiti. Larga parte di tali amministrazioni si rivela così incapace di varare progetti, che vadano al di là degli obiettivi contingenti di chi detiene il potere politico ed economico nell’ area e che contrastino gli interessi delle organizzazioni illegali di tipo mafioso. E le inefficienze di coordinamento da parte del governo centrale non aiutano a migliorare la situazione.

 

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