Se il pane (o la pizza o i dolci) non va dai poveri, che siano i poveri a andare dal pane. Che peraltro a Roma finisce nella spazzatura, in grandi quantità: 200 quintali se ne buttano, ogni sera, da negozi e supermercati, perchè rimasti sugli scaffali. E venderlo il giorno dopo, magari a prezzi scontati, è proibito per legge. L’idea è venuta a don Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma: «Si potrebbe distribuire una «bread -card» , una «Carta del pane» , alle persone disagiate, in modo che possano andare di persona a recuperare i prodotti nei forni, nelle pizzerie, nei supermercati e nelle mense dei loro territorio, in un orario prefissato a fine giornata -propone -. Gli sprechi sono intollerabili, ma portare tali quantitativi di cibo nei nostri centri non è la soluzione: sarebbero troppi anche per noi e i trasporti sono lenti, costosi e ingombranti. Perchè invece di far muovere le merci non facciamo muovere le persone? Un povero di Tor Bella Monaca difficilmente verrà a via Marsala per un po’ di pane, per lui sarà molto più semplice recuperarlo in un negozio vicino casa» . La proposta di don Feroci si collega direttamente all’allarme lanciato ieri dal presidente dell’Unione Panificatori di Roma (Confcommercio) Giancarlo Giambarresi: «È scandaloso che in un momento economico così delicato il pane, il re della tavola, finisca nell’immondizia. Le istituzioni locali devono trovare il modo di ridistribuire questo prezioso bene ai meno fortunati. Noi vogliamo offrirlo gratis» . Per Giambarresi il problema del pane invenduto riguarda i panifici al dettaglio, «dove la crisi ha fatto contrarre le vendite» , ma soprattutto super e ipermercati, in cui le strategie di marketing impongono scaffali sempre pieni: «Vogliono che il pane sia esposto in grandi quantità e ne prendono sempre più di quanto riescono a venderne. Gli avanzi vengono detratti dall’importo che dovrebbero pagare e quasi sempre vengono gettati. Servirebbe solo che le istituzioni convocassero i protagonisti di questa filiera (produttori artigianali e industriali, la grande distribuzione, le associazioni di beneficenza interessate e le associazioni di categoria) per vedere come ridistribuire questo ciclo di qualità intatta a chi ne ha bisogno» . Un appello che la Caritas raccoglie volentieri e che anche il sindaco Alemanno rilancia. «Attraverso le card -spiega don Feroci -si creerebbe una rete di solidarietà allargata all’intera città, senza più punti di raccolta e distribuzione. Noi, ma anche il Comune o Municipi, saremmo solo il tramite tra panificatori e territorio. Possiamo andare incontro a migliaia di persone e anche ai tanti immigrati che proprio in questi giorni bussano alle nostre porte» . Finora sono state soprattutto le organizzazioni come il Banco alimentare e la stessa Caritas a raccogliere gli avanzi di panetterie, rosticcerie e pasticcerie per distribuirle a parrocchie, mense per i poveri e centri di assistenza cittadini. Il sindaco è il più entusiasta sostenitore della proposta: «La “bread card”è un’ottima idea, un ulteriore strumento per rendere la solidarietà più concreta. Basta organizzarsi, bisogna far incontrare domanda e offerta, per aiutare molta gente
Pane invenduto nei negozi «Una carta per ritirarlo»
Se il pane (o la pizza o i dolci) non va dai poveri, che siano i poveri a andare dal pane. Che peraltro a Roma finisce nella spazzatura, in grandi quantità: 200 quintali se ne buttano, ogni sera, da negozi e supermercati, perchè rimasti sugli scaffali. E venderlo il giorno dopo, magari a prezzi scontati, […]