Onorevoli prestigiatori: dal cilindro del Parlamento esce un trucchetto per evitare di perdere una parte dello stipendio

    di Franco Bechis   www.libero-news.it La casta e il Parlamento non vogliono abolire le province? E allora ci pensiamo noi. Libero ha lanciato una campagna per raccogliere 50mila firme, quelle necessarie per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare per l’abrobgazione degli enti inutili. Per partecipare alla nostra iniziativa, mandate una dichiarazione di […]

 

 
di Franco Bechis   www.libero-news.it
La casta e il Parlamento non vogliono abolire le province? E allora ci pensiamo noi. Libero ha lanciato una campagna per raccogliere 50mila firme, quelle necessarie per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare per l’abrobgazione degli enti inutili. Per partecipare alla nostra iniziativa, mandate una dichiarazione di adesione all’indirizzo e-mail [email protected], oppure un fax al numero 02/99966264 o una lettera alla redazione di Libero: viale Majno, 42 – 20129, Milano. Vi invitiamo anche a segnalare gli sprechi della vostra provincia all’indirizzo e-mail [email protected].
 
La parolina è stata inserita all’ultimo nel testo della finanziaria che riguardava il taglio ai costi della politica. E rischia di essere una piccola trappola organizzata dai colleghi ai danni del titolare dell’Economia, Giulio Tremonti. Lui aveva stabilito un principio semplice: calcoliamo quanto si mettono in tasca deputati, senatori e consiglieri eletti vari in tutta Europa, e poi stabiliamo quale è la media del vecchio continente e portiamo dalla prossima legislatura anche gli italiani a quel livello di trattamento economico. Poi al testo di Tremonti è stata aggiunta quella parolina che sembrava innocua: «omnicomprensivo».
 
Giusto, deve avere detto il ministro. I parlamentari italiani non prendono solo l’indennità base, ma anche più di 4 mila euro al mese di diaria a titolo di rimborso spese esentasse e fra i 4.300 e i 4.700 euro al mese per rimborso spese segreteria, che si possono mettere in tasca o utilizzare per pagare qualche collaboratore. È su quella cifra complessiva che si deve fare il raffronto, hanno sostenuto da Camera e Senato. E Tremonti ha accettato la proposta. Lui non lo sapeva, ma si trattava di una trappola. Perché mettendo dentro tutti i rimborsi spesa nel trattamento economico, i parlamentari italiani stanno mediamente peggio dei loro colleghi europei. E lo sanno bene, perché l’ufficio studi della Camera ha consegnato alla presidenza un dossier riservato che mette a confronto tutte, ma proprio tutte le voci del “trattamento economico omnicomprensivo” dei parlamentari dei principali paesi europei: Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna e Portogallo.
 
L’indennità parlamentare base italiana è di poco superiore a quella francese e a quella tedesca e circa il doppio di quelle spagnole e portoghesi. Se ci si basasse su quella media, dalla prossima legislatura il taglio sarebbe obbligato. Ma se si mette insieme tutto il plafond dei rimborsi spese, la musica cambia e di molto. I parlamentari italiani percepiscono tutti indistintamente la diaria per le spese di soggiorno nella capitale, perfino se sono residenti a Roma. Ammonta a 4.003,11 euro al mese. In Germania è lievemente inferiore, e in Gran Bretagna pure, anche se viene percepita solo da chi non è stato eletto a Londra a dintorni. In Francia è più alta: oltre 6 mila euro al mese, e copre le spese extra ma non quelle di soggiorno a Parigi, perché ai deputati e ai senatori viene rimborsata dietro ricevuta ogni notte trascorsa in hotel. Per chi preferisce sistemazioni più stabili ci pensa il Parlamento a proprie spese.
 
 I parlamentari italiani poi percepiscono più di 4 mila euro al mese per le spese di segreteria e per i propri portaborse, che non sono obbligati ad assumere (se non lo fanno intascano il rimborso come fosse stipendio extra). Negli altri paesi la somma a disposizione di ogni parlamentare per questo è assai più alta: 7.500 euro in Francia, 15 mila euro in Germania, non ha tetto in Gran Bretagna. Ma nessuno può mettersi in tasca quei soldi, perché devono essere giustificati da contratti regolari e note spese. Poi ogni parlamento fa come crede. C’è chi mette dei paletti e chi no, ma ovunque le spese dell’attività politica dei deputati sono rimborsate a piè di lista. Possono muoversi gratis in aereo e in treno, ma solo per motivi politico-istituzionali che devono ogni volta essere giustificati. Se il motivo c’è, la spesa viene rimborsata.
 
In Francia si ottiene di più: ogni parlamentare ha diritto a ricevere sia all’Assemblea nazionale che in Senato un prestito di 94 mila euro al tasso di interesse del due per cento annuo per acquistare o casa o ufficio a Parigi. È un benefit difficile da quantificare, se non per la differenza del tasso di interesse molto inferiore a quelli medi di mercato. Facendo la somma di tutti i benefit e rimborsi ottenuti, è chiaro che i deputati italiani risultano essere quelli che in Europa percepiscono meno fondi diretti. Ma la comparazione “omnicomprensiva” sarebbe ingiusta. Perché le spese che quasi tutti gli altri parlamentari di Europa sostengono in proprio, per gli italiani sono direttamente pagate dalle Camere. Il solo Gianfranco Fini spende circa 50 milioni di euro all’anno per dare un ufficio ai suoi 630 deputati. Per un confronto corretto con i colleghi europei bisognerebbe inserire fra i benefit degli italiani anche i 6.600 euro mensili a testa del costo del loro ufficio pagato dalla Camera.
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