Molto social e un po’ smart, ormai è itanglese

  "SOCIAL" come un "network", Facebook in testa. "Business" per chi fa affari, e "smart" che non è solo un telefonino con tante applicazioni ma uno stile di vita, un modo di essere e persino di volare, come dicono i cartelloni pubblicitari di una compagnia aerea low cost. "Wellness" al posto di "benessere", i centri […]

 

"SOCIAL" come un "network", Facebook in testa. "Business" per chi fa affari, e "smart" che non è solo un telefonino con tante applicazioni ma uno stile di vita, un modo di essere e persino di volare, come dicono i cartelloni pubblicitari di una compagnia aerea low cost. "Wellness" al posto di "benessere", i centri estetici ne abusano. "Benchmarking" resta per addetti ai lavori, e "digital" e "brand" fanno capolino nelle conversazioni. L’inglese ci contamina, complice la pigrizia e la voglia di apparire più moderni, tecnologicamente avanzati.

Queste parole sono le più usate nel 2010, secondo un’indagine della società di traduzioni Agostini Associati, che mostra che l’itanglese prende piede nella lingua italiana scritta delle aziende. Un’analisi di oltre 50 milioni di parole condotta fino a luglio 2010 secondo cui gli italiani tradiscono le parole nostrane per quelle più di moda.
"Il mutamento ha un avanzamento senza precedenti, l’italiano si difende restando una delle lingue più studiate al mondo per piacere", racconta Alessandro Agostini, socio della società. "Rispetto al 2009 abbiamo riscontrato un più 223% nei documenti scritti".

Anche nel parlato la contaminazione cavalca la tecnologia, ma non minaccia la nostra

lingua, secondo gli esperti. "L’anglo-americano la fa da padrone in settori nei quali l’italiano è in ritardo o per una sorta di snobismo esterofilo", chiarisce Massimo Arcangeli, direttore dell’Osservatorio della lingua italiana di Zanichelli. "Ma la lingua non rischia: non si estingue se accoglie parole straniere, perché il lessico ne è solo la struttura superficiale, è minacciata se sono alterate le sue strutture portanti come morfologia e grammatica". D’altra parte se il 50% delle parole inglesi è di origine romanza, l’importazione dei termini va oltre le parole. Abbiamo ereditato espressioni come "nativo digitale" e verbi in senso diverso dal significato originario come "realizzare" per "comprendere".

Il sostituto può essere peggiore dell’originale (su tutti "week end" per "fine settimana"), ma alle volte la parola straniera resta la soluzione più pratica. Reality Show, è un esempio. "Tradurlo sarebbe come arrampicarsi sugli specchi; "smart" invece comprende tante sfumature che non è facile da sostituire, "wellness" viene usato perché sembra promettere di più del "benessere" italiano", continua Arcangeli. Come regolarsi? "Attenersi a un principio di funzionalità e per i termini traducibili fare uno sforzo creativo e identitario e trovare la parola in italiano", suggerisce il linguista.

Nell’uso eccessivo di termini stranieri può avere un ruolo la scarsa conoscenza dell’inglese. "Su 2000 parole che formano il nostro lessico fondamentale gli anglicismi non adattati sono 4-5", dice Luca Serianni, professore di storia della lingua italiana alla Sapienza. "Chi conosce bene l’inglese sta attento a non confondere i piani, lo fa di più chi ne ha una conoscenza scarsa. Ma la diffusione di termini stranieri è un fenomeno di cui prendere atto, non negativo, e appartiene soprattutto a settori specifici, come il linguaggio aziendale o tecnologico, o ai giovani". Per Michele Cortellazzo, ordinario di linguistica italiana a Padova: "Nel linguaggio colloquiale si cede al fascino esotico di un termine straniero, ma le parole più usate restano "ok" ed "ex", che è un latinismo. Negli altri casi meglio accogliere solo quelle che non hanno traduzione". 

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