Mense dei poveri, boom di famiglie e quarantenni

Alla porta della mensa del Cottolengo Nicola D. T. e Giuseppe L. arrivano da soli. Non si conoscono. Eppure si ritrovano ogni giorno, da molti mesi a questa parte, seduti alla stessa tavola, a portare il peso di storie simili. Hanno 40 anni. Entrambe separati e senza lavoro. Ma fino a qualche anno fa il […]

Alla porta della mensa del Cottolengo Nicola D. T. e Giuseppe L. arrivano da soli. Non si conoscono. Eppure si ritrovano ogni giorno, da molti mesi a questa parte, seduti alla stessa tavola, a portare il peso di storie simili. Hanno 40 anni.

Entrambe separati e senza lavoro. Ma fino a qualche anno fa il lavoro l’avevano. Nicola era stalliere a San Mauro e alla Mandria, Giuseppe autista per una cooperativa. Contratti a tempo determinato che non potevano essere rinnovati in eterno. E cosi’, di anno in anno, il precariato per loro ha significato l’ossessione quotidiana. Prima non sbarcare il lunario, pagare affitti e bollette, poi non sapere neanche piu’ dove andare a dormire. questa l’Italia?, dice Giuseppe, in un vivo accento agrigentino. E Nicola: Non sono pazzo, non sono malato, cerco solo di ricostruirmi una vita, ma alla mia eta’ chi mi prende piu’?.

Le loro storie purtroppo non sono uniche. Dal 2008 al 2010 le mense cittadine hanno aumentato gli assistiti in misura costante, con un preoccupante incremento ogni anno del 30%, secondo i dati forniti dal Banco Alimentare del Piemonte. La piu’ grande di tutte, il Cottolengo, ha iniziato da pochi mesi a fornire un servizio che prima non era necessario: il pacco viveri da portare a casa. Lo chiedono giovani famiglie di stranieri, soprattutto marocchini e rumeni, ma anche gli italiani, con figli a carico. All’inizio provano vergogna a venire, eppure non possono fare altrimenti, non arrivano a fine settimana – spiega fratel Stefano Groppetti, responsabile della Casa Accoglienza di via Andreis 26 -. Gli diamo pane, pasta, olio, scatolame, biscotti, un pacco completo. Fino a cinque mesi fa capitava di rado: magari si presentavano una volta, poi non piu’ per 7 mesi. Ora li vediamo tornare con assiduita’.

Una situazione condivisa anche dagli altri centri di beneficenza, a cui il Banco Alimentare destina ogni anno 294 tonnellate di cibo di prima necessita’. Mentre nei mesi invernali l’aumento di nuovi poveri pesa per lo piu’ sui dormitori e sulle strutture di accoglienza al chiuso, d’estate sono le mense il termometro dell’indigenza. Solo tra giugno e luglio pero’, molte chiuderanno infatti poi fino a settembre. Ad agosto sara’ aperto solo il Cottolengo, che gia’ adesso, con 400 coperti che vanno esauriti quasi ogni giorno, teme di dover tirar la cinghia. Agli abituali frequentatori infatti, dalla scorsa settimana, si sono aggiunti anche i profughi di via Asti.

Alla Mensa Convento Sant’Antonio da Padova, nell’omonima via al civico 7, che serrera’ temporaneamente i battenti a fine giugno (con distribuzione di panini fino al 15 luglio), la spesa per le famiglie e’ addirittura raddoppiata, dice il responsabile Alessandro Caramelli. Mentre il maggiore Daniele Paone del”Esercito della Salvezza di via Principe Tommaso 8/c racconta come siano le donne marocchine ad essere spedite a fare rifornimenti per la famiglia, mentre per gli italiani sono quasi sempre gli uomini.

A Moncalieri, alla mensa Antida, che ha a suo carico anche nomadi e zingari della zona, il problema dell’assistenza non e’ piu’ solo alimentare. Ci chiedono di pagargli i ticket sanitari, qualche volta anche le bollette domestiche. Non abbiamo abbastanza soldi per aiutare i cassintegrati, spiega il direttore Italo Gazzola. Tra i carichi economici emergenti delle famiglie si aggiunge, in qualche caso, anche il mutuo da pagare, come dice Nicoletta Lilliu, assistente sociale al Cottolengo. Passano da me casi di coppie di estrazione un tempo “media”. Magari lavoricchiavano part time in due e oggi, perso il lavoro, rischiano anche di perdere la casa.

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