Meglio comprare un pane naturale

Oggi comprare il pane significa il più delle volte districarsi tra forme più o meno fantasiose, mangiare panini senza personalità, omologhi da Aosta a Palermo, magari belli a vedersi ma pronti a trasformarsi, dal mattino alla sera, in insignificanti biscotti rocciosi da sgranocchiare. Il problema è la fretta: lieviti molto veloci o “miglioratori” che limitano […]

Oggi comprare il pane significa il più delle volte districarsi tra forme più o meno fantasiose, mangiare panini senza personalità, omologhi da Aosta a Palermo, magari belli a vedersi ma pronti a trasformarsi, dal mattino alla sera, in insignificanti biscotti rocciosi da sgranocchiare.

Il problema è la fretta: lieviti molto veloci o “miglioratori” che limitano anomalie sviluppando anidride carbonica (ecco perché il pane ci “gonfia”); l’ampio utilizzo di semilavorati o di paste surgelate a livello industriale e poi scaldate/cotte in un ultimo passaggio nel punto vendita. Tutte pratiche diffuse, che facilitano la vita a chi deve produrre ma che stanno facendo diminuire i veri panettieri, un mestiere duro fatto di sapienze antiche e levatacce. Tante panetterie (soprattutto nel Nord Italia) si sono trasformate in laboratori di assemblaggio di semi-lavorati industriali a scapito di gusto e digeribilità.

Meglio allora informarsi e re-imparare cos’è il vero pane, che può durare anche quindici giorni, fatto con pasta madre o lieviti meno aggressivi, con l’utilizzo di farine di qualità e gusto. Sembra che la materia prima non conti più: quel grano che oggi ha prezzi ridicoli per i contadini e non viene più voglia a nessuno di coltivarlo. Quando invece è un fondamento dell’alimentazione mediterranea, che non a caso ha sviluppato un universo di forme e sapori: si contano più di trecento pani tradizionali nella sola Italia. E molti di questi oggi si fa fatica a trovarli, nel diluvio di insipide baguette industriali.

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