L’Italia è indietro sugli obiettivi di Kyoto

L’Europa ha già raggiunto gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto (meno 8% di emissioni di CO2) e nel  2020 sfiorerà il target 20-20-20 per la riduzione delle emissioni serra, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica. Lo potrebbe anche superare largamente se tutti facessero un piccolo sforzo supplementare e se Italia, […]

L’Europa ha già raggiunto gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto (meno 8% di emissioni di CO2) e nel  2020 sfiorerà il target 20-20-20 per la riduzione delle emissioni serra, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica. Lo potrebbe anche superare largamente se tutti facessero un piccolo sforzo supplementare e se Italia, Austria e Lussemburgo non rallentassero la corsa. E’ la fotografia scattata dal rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente che fa il punto sul contributo dei vari Stati alla produzione dei gas che alterano il clima.

Dai dati dello studio emerge che, dopo una caduta legata alla recessione economica del 2009, nel 2010 le emissioni serra sono tornate a crescere (più 2,4 % rispetto all’anno precedente), complice anche un inverno più rigido che ha fatto aumentare i consumi di energia per il riscaldamento. Nel complesso dell’Unione europea il livello di queste emissioni resta comunque del 15,5 % inferiore ai livelli del 1990 che rappresentano il punto di riferimento scelto dalle Nazioni Unite per misurare i progressi compiuti.

Proiettando le tendenze finora registrate al 2020, anno in cui si dovrebbe raggiungere l’obiettivo meno 20 per cento di gas serra, più 20 per cento di rinnovabili, più 20 per cento di efficienza energetica, si ottiene un risultato al fotofinish: la riduzione si arresterebbe attorno al 19 per cento, appena un punto sotto l’obiettivo fissato. Ma un maggiore impegno dei tre Paesi fuori rotta (Italia, Austria e Lussemburgo) – che l’Agenzia europea invita fermamente ad adeguare le politiche energetiche – permetterebbe di rispettare e superare largamente il traguardo del 2020.

In sostanza, sia pure in maniera solo in parte virtuosa perché la crisi economica ha dato una mano, c’è già stato un secco rallentamento dei consumi che ha contribuito ad arrivare al primo step del percorso indicato da Bruxelles. L’impegno assunto firmando il protocollo di Kyoto è stato onorato in anticipo: nell’Europa a 15 le emissioni sono già scese del 10,7 % a fronte di un obiettivo di riduzione complessivo dell’8 per cento entro il 2012.

E ora anche la seconda tappa, quella del 2020 che a molti sembrava un obiettivo impossibile, è a portata di mano: basterebbe un piccolo sforzo aggiuntivo per guadagnare ancora un punto in percentuale. Ma per andare oltre, per arrivare al dimezzamento delle emissioni serra, quello che è stato fatto finora non basta: bisogna adottare politiche più rigorose. Con le sole misure già approvate, al 2030 la riduzione dei gas che minacciano la stabilità del clima si fermerebbe a quota 30%, a fronte di un obiettivo del 40%. Mentre se gli Stati seguissero le indicazioni dell’Unione europea, soprattutto nel campo dei trasporti e dell’edilizia che sono i settori in cui lo spreco è maggiore, la possibilità di costruire un sistema produttivo più sostenibile sia dal punto di vista ecologico che da quello economico e finanziario diventerebbe credibile.

"L’Italia ha ridotto le emissioni del 4,8 % tra il 1990 e il 2010, ma non è sufficiente", commenta il direttore dell’Agenzia, la biologa Jacqueline McGlade. "Bisogna accelerare il passo: abbiamo poco tempo di fronte perché anche questi paesi centrino l’obiettivo fissato dal protocollo di Kyoto per il 2012, che per l’Italia è il 6,5 %. Si tratta di un passo importante per poter poi raggiungere i target di medio periodo". Importante soprattutto per chi finora si è distratto: è difficile che chi rimane indietro sulla strada dell’efficienza possa sperare di difendere la propria economia nel periodo in cui la competizione diventa più dura.

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