L’ira dei Piccoli Comuni: ‘Costiamo come 3 deputati’

Gli amministratori comunali dei piccoli centri rifanno i conti alla manovra del governo. E denunciano "il pressapochismo dell’esecutivo", snocciolando i loro dati. Eccoli.  Il taglio degli amministratori comunali. Sono solo quasi 21 mila le "poltrone" che salterebbero con l’accorpamento dei piccoli comuni e non 54 mila come detto dal ministro Calderoli. Inoltre, la maggior parte […]

Gli amministratori comunali dei piccoli centri rifanno i conti alla manovra del governo. E denunciano "il pressapochismo dell’esecutivo", snocciolando i loro dati. Eccoli. 


Il taglio degli amministratori comunali
. Sono solo quasi 21 mila le "poltrone" che salterebbero con l’accorpamento dei piccoli comuni e non 54 mila come detto dal ministro Calderoli. Inoltre, la maggior parte di questi amministratori, non percepisce alcuna indennità per il proprio lavoro pubblico.

I risparmi
presunti e quelli reali. Alla luce del testo della manovra  – dicono gli amministratori dei piccoli comuni – i risparmi si attesterebbero, nell’ipotesi che tutti gli amministratori applichino il massimo delle indennità, oggi vigenti, ad euro 2.298.000, ma considerato che più del 50% degli amministratori dei piccoli comuni non ritira le indennità e pochissimi risultano essere assessori esterni, il risparmio ipotetico si ridurrebbe, al massimo, a soli 1.150.000 euro, pari al costo annuo di due deputati e mezzo; per i cittadini amministrati (1.100.000) il costo è pari ad euro 1,04 all’anno. A seguito del decreto legge n. 2 del 2010 oggi in vigore, nell’ipotesi peggiore che tutti gli assessori fossero esterni al consiglio comunale, aumentando così il numero degli amministratori, e tutti i sindaci, gli assessori ed i consiglieri comunali si attribuissero al massimo le indennità previste per legge, i costi di tali amministrazioni ammonterebbero ad euro 4.832.906. Il costo teorico massimo sarebbe quindi pari al costo di 11 parlamentari.

I 700 milioni non risparmiati per i referendum. I piccoli comuni denunciano che nel 2010 e nel 2011 il governo non ha voluto accorpare elezioni e referendum, sprecando così 700 milioni di euro che avrebbero garantito, con quei soldi e ai costi attuali, 35 anni di vita per le amministrazioni dei centri minori. ”Vale la pena far scomparire circa 1.963 comuni che amministrano oltre un milione di persone e che rappresentano le sentinelle del 5 % del territorio nazionale, soprattutto montano, a costi bassissimi? Vale la pena sopprimere amministrazioni comunali che costano ad oggi (nella peggiore delle ipotesi sopra prospettata) ad ogni cittadino amministrato 1,04 euro all’anno?” si chiedono gli amministratori locali.

L’Associazione dei piccoli comuni ha chiesto di essere "urgentemente" ricevuta dal governo per confrontarsi con queste cifre. E minaccia di avviare immediate forme di protesta, compresa una manifestazione nazionale a Roma, con riconsegna delle chiavi dei municipi al governo, se tale incontro verrà negato.

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