L’inquinamento sonoro arriva fino in Alaska

Che rumore fa un ecosistema? Quanti spazi sono rimasti, sul pianeta, dove è ancora possibile ascoltare la natura? A queste domande risponde la "Soundscape ecology" una materia ancora poco conosciuta che ci presenta Danilo Mainardi su Sette Green del Corriere della Sera lanciando un nuovo allarme: l’inquinamento sonoro è arrivato perfino nel centro dell’Alaska, una […]

Che rumore fa un ecosistema? Quanti spazi sono rimasti, sul pianeta, dove è ancora possibile ascoltare la natura? A queste domande risponde la "Soundscape ecology" una materia ancora poco conosciuta che ci presenta Danilo Mainardi su Sette Green del Corriere della Sera lanciando un nuovo allarme: l’inquinamento sonoro è arrivato perfino nel centro dell’Alaska, una terra finora incontaminata… almeno dal rumore.

La “soundscape ecology” è una nuova disciplina che studia il paesaggio acustico, ossia i suoni biologici, fisici e antropogenici caratterizzanti un ecosistema. Ricerche affascinanti che ci spiegano, tra l’altro, che se la chimica ha impregnato la terra e l’acqua e il clima va cambiando, pure l’inquinamento acustico non scherza. L’ultimo studio sul tema è stato appena pubblicato su Bioscience e l’ha condotto il ricercatore Davyd Betchkal. Rendiconta il monitoraggio durato 10 anni delle emissioni acustiche registrate in 60 siti del Denali National Park in Alaska, in un’area selvaggia grande come il Vermont e in cui solo in 36 giorni si è verificata la totale assenza di rumori “antropogenici” come quelli di elicotteri, aerei, automobili, motoseghe e così via. E nelle profondità marine le cose non vanno diversamente.

Mitigare il disturbo acustico è importante per il mantenimento di equilibri naturali. Le interazioni sociali fra le specie si fondano infatti su raffinati meccanismi di comunicazione e quelli acustici hanno un ruolo fondamentale nel corteggiamento, nei richiami sessuali, nella difesa del territorio, nella cura della prole. E l’evoluzione ha modulato questi segnali rendendoli efficaci nel loro contesto ambientale. Il frastuono di un torrente, per esempio, ha selezionato i vocalizzi del merlo acquaiolo, fatti di note pure e trilli argentini, in modo che sappiano scavalcare lo scroscio delle acque. E la regola vale per tutti: il messaggio deve superare il rumore di fondo, ne va della sopravvivenza. Il che in natura è garantito perché ogni specie, nei tempi lunghi dell’evoluzione, si è adattata acquisendo la bioacustica più efficace per il proprio am- biente. Anche la nostra specie, in quanto parte essa stessa della natura, è coinvolta. Le ricerche di soundscape ecology indicano che vivere in contesti poveri di suoni naturali fa diminuire la nostra capacità di rapportarci con la natura.

Guardate questo magnifico video che mostra in time-lapse il sorgere della Luna sul Parco Nazionale di Denali

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