Legambiente incorona Venezia

Scippi, furti e rapine sono solo una faccia della sicurezza, quella più visibile. Per l’incolumità di chi vive in città ci sono rischi molto più diffusi e insidiosi, ma apparentemente invisibili. Smog, traffico impazzito e fatiscenza degli edifici sono minacce nascoste di cui si parla molto meno, ma che alla fine presentano un conto ben […]

Scippi, furti e rapine sono solo una faccia della sicurezza, quella più visibile. Per l’incolumità di chi vive in città ci sono rischi molto più diffusi e insidiosi, ma apparentemente invisibili. Smog, traffico impazzito e fatiscenza degli edifici sono minacce nascoste di cui si parla molto meno, ma che alla fine presentano un conto ben più salato di quello imposto dalla micro criminalità. E’ questo il tasto su cui ha voluto battere quest’anno Ecosistema Urbano, la ricerca sulla qualità ambientale delle città italiane realizzata da Legambiente e Sole 24 Ore giunta ormai alla sua XVIII edizione.

Lo studio, realizzato attraverso questionari e interviste dirette ai 104 comuni capoluogo di provincia e sulla base di altre fonti statistiche, con informazioni su 25 parametri ambientali per un corpus totale di oltre 100mila dati, è stato presentato oggi a Genova. Le città italiane, è l’impietoso verdetto, "sono poco sicure, sì, ma per i rischi legati alla cattiva qualità dell’aria, che solo nei grandi centri causa 8.500 morti l’anno, per la congestione da traffico, che vede le città in testa per numero d’incidenti (76%) e feriti (72,6%), per le abitazioni costruite male o nel posto sbagliato, per le fabbriche a rischio d’incidente rilevante, presenti in ben 48 capoluoghi italiani". Problemi, lamenta Legambiente, "di cui si parla poco o non si parla affatto visto che quasi sempre la sicurezza viene declinata come paura della microcriminalità".

Per questo, spiega l’associazione, si è voluto "accendere i riflettori sulle tante insicurezze cui si parla sempre troppo poco. Rischi legati al traffico automobilistico, allo smog, alla siccità e alla saltuarietà dell’approvvigionamento idrico, alle costruzioni prive di standard antisismici, alla presenza di grandi impianti industriali, alla produzione e smaltimento dei rifiuti".

Se a fare notizia è di solito il nome della città che si aggiudica la vetta della classifica per prestazioni al di sopra della media, quest’anno c’è poco da rallegrarsi. Confronti con il passato sono difficili perché i curatori della ricerca hanno deciso per la prima volta di spezzare la graduatoria in tre diverse sezioni, accorpando i comuni in maniera omogenea in base alla loro grandezza, ma spicca comunque l’assenza di progressi significativi. "In una situazione d’immobilismo generale – spiegano gli autori di Ecosistema Urbano – alcuni centri fanno lievi progressi e tanto basta a farli balzare in vetta alle classifiche della qualità urbana. Succede a Nord-Est, a Venezia, Bolzano e Belluno e il contrario nella Sicilia che precipita in fondo alle graduatorie, sia che si parli di grandi capoluoghi come Palermo, Messina e Catania che di città medie come Siracusa e piccole come Caltanissetta".

Per gli amanti delle classifiche, ecco comunque le cifre. Per le grandi città al primo posto è Venezia, per le medie conquista la vetta Bolzano, mentre la regina dei piccoli centri è Belluno. La città lagunare insieme a Mestre, grazie alla particolarità urbanistica del comune sovrasta tutti i centri più grandi principalmente per le buone performance in alcuni degli indicatori più importanti del rapporto: qualità dell’aria, basso tasso di motorizzazione e ampie superfici pedonalizzate (4,87 mq/abitante), alto numero di passeggeri nel trasporto pubblico (558 viaggi per abitante all’anno). Il capoluogo altoatesino, invece, fa riscontrare miglioramenti in quasi tutti gli indicatori principali dello studio: minimi livelli di polveri sottili, secondo posto nell’indice sintetico relativo alle politiche energetiche, quasi totale recupero dei reflui e leggero aumento dei rifiuti raccolti in modo differenziato (45,4%). Belluno conferma buone performance complessive. Le più evidenti sono nelle medie relative a biossido di azoto e polveri sottili. Poi in una buona efficienza nella depurazione dei reflui (al 98%) e nella produzione di rifiuti urbani con 404,5 kg/abitante/anno (una delle più basse medie italiane), ma anche nella raccolta differenziata (64,5% in costante crescita negli ultimi anni).

Quanto alle maglie nere, vanno a finire tutte in Sicilia: Palermo (13ª) è ultima tra le grandi città, Siracusa (44ª) tra le città medie e Caltanissetta (45ª) tra i centri più piccoli. A penalizzare il capoluogo di Regione sono i dati sulla depurazione delle acque reflue (solo il 32%) e quelli sulle perdite della rete idrica (49%), mentre la raccolta differenziata dei rifiuti è ferma al 7,5% e i metri quadrati per abitante di superficie pedonalizzata e di verde urbano fruibile sono rispettivamente appena 0,07 e 2,37. Anche Siracusa colleziona una serie di pessimi risultati come il risibile 3,0% di raccolta differenziata, alte medie di polveri sottili, il 50% di acqua dispersa dalla rete idrica, gli appena 17 viaggi per abitante all’anno effettuati sul trasporto pubblico. Discorso analogo vale per Caltanissetta che per molti indicatori non dichiara dati e abbina a questo una lunga serie di zeri negli indici più importanti come i ridicoli 0,33 metri quadrati per abitante di verde urbano fruibile.

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