Le cozze amare di Taranto

In questi giorni si parla di Taranto per le delicata vicenda Ilva, contesa tra magistrati, politici e cittadini. Cittadini che si ritrovano in casa delle cozze che, purtroppo, sono assai amare. Un interessante articolo del Fatto Quotidiano a firma di Gianluca Schinaia, che è anche un collaboratore della redazione Non Sprecare, ci porta nella città […]

In questi giorni si parla di Taranto per le delicata vicenda Ilva, contesa tra magistrati, politici e cittadini. Cittadini che si ritrovano in casa delle cozze che, purtroppo, sono assai amare. Un interessante articolo del Fatto Quotidiano a firma di Gianluca Schinaia, che è anche un collaboratore della redazione Non Sprecare, ci porta nella città dei due mari per dirci che un’alternativa di sviluppo potrebbe proprio trovarsi proprio in un ritorno al mare

Angelo Cannata dell’associazione “Le Sciaje” ha detto a proposito: «Taranto è una città di mare e di pescatori, che in 150 anni ha sacrificato la propria vocazione naturale per costruire l’Arsenale e il centro siderurgico più grande d’Europa. In questi giorni, a causa dell’emergenza per la questione dell’Ilva, si pensa solo a rapidi correttivi. Eppure in ballo c’è il destino di una città. Che potrebbe ritrovarlo nelle sue radici». Una città di mare e di pescatori dove però vige da due anni l’interdizione alla coltivazione per i mitili provenienti da quella zona del mare. Perché? Nelle cozze ci sono tracce di diossina, policlorobifenili e alcuni metalli pesanti.

Ecco perché qui le cozze sono amare, anzi velenose. La proposta dei giovani membri dell’associazione “Le Sciaje”? «Prenderci cura del territorio». Semplice e, forse, in grado di offrire un’alternativa concreta di sviluppo. Parliamo di interventi reali finalizzati alla riappropriazione della vocazione marittima di una città, che, come dice l’articolo, è stanca di svendere la propria anima per il salario di un operaio.

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