La carica degli eco-avvocati

ANTONELLA MARIOTTI Sono giovani e appassionati, laureati a pieni voti e instancabili. Qualche volta lavorano gratis, e si prendono il lusso di rifiutare certi clienti. Sono gli «eco-avvocati» quelli che «noi gli inquinatori non li difendiamo, è una questione di etica». Una pattuglia di centinaia di professionisti in prima linea come parte civile per le […]

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ANTONELLA MARIOTTI

Sono giovani e appassionati, laureati a pieni voti e instancabili. Qualche volta lavorano gratis, e si prendono il lusso di rifiutare certi clienti. Sono gli «eco-avvocati» quelli che «noi gli inquinatori non li difendiamo, è una questione di etica». Una pattuglia di centinaia di professionisti in prima linea come parte civile per le associazioni come il Wwf e Legambiente.

«I “nostri” sono trecento e ogni anno si impegnano in mille ore al servizio della società civile». Il Wwf Italia ha fatto i conti: 250 udienze nel 2010. Il bilancio contro i crimini ambientali, conta centinaia di penalisti e civilisti che dal 1986 a oggi si sono battuti almeno una volta contro l’illegalità ambientale in oltre 2.000 giudizi in cui il Wwf ha preso parte. «E anche noi non ci facciamo mancare nulla» scherza Sergio Cannavò uno dei responsabili settore legale di Legambiente. «Spaziamo in tutti i settori – spiega – dagli abusi edilizi al maltrattamento degli animali, come nel caso che stiamo seguendo in Emilia contro un cacciatore che ha causato danni a un branco di lupi. E poi traffici di rifiuti ed ecomostri. Siamo presenti in tutto il paese con centinaia di circoli. Il nostro campanello d’allarme sono le grandi infrastrutture e i piani regolatori delle amministrazioni locali. E agiamo in un contesto normativo assurdo, le leggi a volte vengono cambiate durante i procedimenti».

Anche su questo tipo di reati le intercettazioni «sono uno strumento indispensabile per i processi sul traffico di rifiuti – spiegano dal Wwf -, per esempio quello sull’inquinamento del petrolchimico di Priolo, o le cave abusive nel salernitano, in cui sono imputati anche funzionari pubblici». L’attività degli eco-avvocati conferma una realtà drammatica: il numero delle violazioni su tutela ambientale, salute e sicurezza dei lavoratori e dei cittadini è di uno ogni 43 minuti, dato del Ministero dell’Ambiente nel 2010.

STORIE DI VITA TRA FALDONI E PASSIONE
"Con noi i pm si sentono meno soli"
Un impegno piuttosto recente, rispetto ad altri: il primo contatto con la causa ambientale l’ho avuto nel 2004. «Mi occupavo del mio quartiere, e non ho più smesso – spiega Vanessa Ranieri, avvocato presidente regionale Wwf Lazio -. Sono stata “risucchiata” da questa attività che è una passione, mi occupo soprattutto di rifiuti nelle zone vincolate e dell’impatto degli inceneritori e delle discariche come nel caso di Malagrotta». E poi del gassificatore di Albano e dell’inchiesta di Colleferro sul termovalorizzatore. «Quando entro in tribunale, ho sempre la sensazione di un grande rispetto. I pm di solito hanno tempo per ascoltarci, ci chiedono i nostri documenti e le nostre ricerche, sanno che se possiamo diamo volentieri una mano alle loro inchieste. E’ difficile che venga rifiutata una nostra costituzione come parte civile». Vanessa Ranieri ne è convinta: «Gli avvocati del Wwf, e in genere quelli che si battono per l’ambiente, si vedono anche in udienza. Il pm si sente meno solo, si confronta con noi e così spesso allarga l’ipotesi di reato. È bello scoprire il panico dei difensori quando entriamo con tutti i nostri documenti».

"Il nostro vero nemico è il legislatore"
C’ è una forte componente di volontariato. E la consapevolezza che si può fare qualcosa per il futuro». Alessandro Amato, 42 anni di Bari, si è laureato a tempo di record con una tesi sulla «tutela civile del danno ambientale»: aveva solo 22 anni e mezzo. Poi un’esperienza a Strasburgo nel consiglio d’Europa. «Fornisco consulenze al Wwf, scrivo libri e tengo corsi sul diritto ambientale. Tutto nasce negli Anni Novanta, quando ho capito che il “bene ambiente” deve essere salvaguardato per le generazioni future. Dove per ambiente si intende una serie di beni come acqua, mare, aria: un discorso solo, tante singole realtà. Sapendo che si tratta di un bene pubblico a esaurimento». Paladino del bene ambiente? «Sì, ma con concertazione, non è detto che chi tutela l’ambiente debba dire sempre no». E Punta Perotti? «Quella è stata un’ipotesi di “scuola” del diritto ambientale. Perché ha aperto una serie di scenari che riguardano il diritto penale, civile e amministrativo. Tranne la polizia tributaria e il tribunale delle acque pubbliche – ironizza Amato – tutte le istituzioni sono state coinvolte». Il nemico da battere? «Il legislatore. Dove c’è una legge di tutela, poi ne salta fuori un’altra contraria. Non c’è fine».

"Stoppi il cemento e passi per seccatore"
Sono una volontaria professionista dell’Ambiente dal 1986». Paola Brambilla è un giovane avvocato, ma anche mamma di due bambini di 8 e 5 anni, perché «ai figli si deve insegnare dando l’esempio. Magari raccogliendo la cartaccia nel parco..». E’ impegnata sulle discariche abusive e sull’impatto ambientale delle piste da sci dello Stelvio. Ed è contro il nucleare, anche a costo di un contratto. «E’ accaduto pure questo: in una intervista ho dichiarato, come Wwf, che la Lombardia aveva bisogno di tutto, ma non di una centrale nucleare. Morale: il giorno dopo è arrivata una telefonata “dall’alto” ad un’amministrazione pubblica per la quale lavoravo come consulente, con cui si chiedeva se c’era davvero proprio bisogno della mia attività». L’avvocato Brambilla è stata una socia-bambina del Wwf di cui raccoglieva i francobolli. «Quando mi sono laureata ho capito cosa volevo fare, perché passiamo per rompiscatole se non vogliamo le colate di cemento nel verde. Ma qualcuno deve difendere la Natura che non ha voce». Nello studio Brambilla «non si difendono inquinatori. E’ una scelta di campo. Noi difendiamo le amministrazioni pubbliche “vittime” degli abusi edilizi. Gli inquinatori invece li denunciamo».

"Tanti successi contro gli abusi siciliani"
Giuseppe Arnone, meglio conosciuto come Peppe, 51 anni, è un «pilastro» di Legambiente Sicilia. «Sono un record-man – dice – ho esordito in Cassazione in una delle più colossali storie di abusivismo d’Italia: l’acquedotto Ancipa, 400 miliardi di lire per undici chilometri di abuso edilizio. Una lunga autostrada chiusa». A soli 29 anni Peppe Arnone era il capo di Legambiente, in una Sicilia dove nei processi raramente la parte civile era presente. «E stuoli di principi del foro difendevano gli inquinatori e chi compiva reati di abuso edilizio». Poi decide di diventare avvocato per le associazione ambientaliste: «A quei tempi questo tipo di cause finivano sempre con assoluzioni degli imputati. Giovani pm del Nord venivano travolti da squadre di avvocati. Da allora ho anche il record di condanne “economiche”, ho ottenuto risarcimenti per migliaia di euro. Nel ‘92 ho fatto sciogliere un consiglio comunale, per merito mio tre sindaci sono finiti nei guai». E adesso? «Adesso se mi candido a sindaco di Agrigento sono quasi sicuro di vincere: sono riuscito a far capire ai miei concittadini che dobbiamo batterci per la nostra terra».

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