Batterie ricaricabili nutrite di aria, che promettono di far da base alle auto elettriche del futuro, quelle che ancora non possiamo neppure immaginare, ma anche che potranno dare energia a lungo ai laptop e ai telefoni cellulari, sempre piu’ bisognosi di carica per vedere video, navigare, fare foto. Sono queste tipologie di batterie quelle studiate in Gran Bretagna, all’Universita’ di St Andrews, e finanziate dall’agenzia britannica Engineering and Physical Sciences Research Council (EPSRC): e’ loro il primato di durata, che sara’ di 10 volte di piu’ rispetto alle batterie oggi in commercio. Il progetto e’ ora a meta’ del suo percorso, dopo 4 anni di sperimentazioni, e si concludera’ nell’estate del 2011.
CELLE AD ARIA ? La cella chiamata STAIR (St Andrews Air) messa a punto dai ricercatori inglesi, che sta alla base della nuova batteria, funziona ricaricandosi grazie a un nuovo componente costituito da un elettrodo di carbone poroso utilizzato al posto del litio usato fino a oggi, materiale oltretutto molto piu’ costoso. Il carbone poroso contenuto nella cella STAIR ruba l’ossigeno catturandolo dall’aria intorno a se’, e continuando a cibarsi di energia anche quando il vento non soffia, o il sole non splende piu’. Per questo motivo tale cella e’ una bella speranza anche nel settore delle energie rinnovabili: intanto elimina completamente i componenti chimici ? riuscendo oltretutto ad accumulare piu’ energia anche con pile della stessa dimensione ? e poi supera i problemi legati alle singole energie alternative, come la mancanza di vento o di energia solare per ricaricarsi. Tali energie infatti soffrono del problema dell’intermittenza, giacche’ a fenomeno assente il pannello non si ricarica piu’.
POTENZA DEL CARBONE ? Diverso e’ l’uso di un sistema che crea energia semplicemente a contatto con l’aria. Grazie all’interazione tra il carbone poroso e l’ossigeno si crea un ciclo di carica, ma anche di scaricamento delle batterie, che puo’ essere ripetuto infinite volte. Ora non resta che attendere la fine delle sperimentazioni e, a seguire, le prime applicazioni, che i ricercatori stessi prevedono non prima di 5 anni per la cella STAIR.