L’ acqua del sindaco frena la minerale

PAOLO POSSAMAI Effervescente naturale. Potremmo definirlo così il mercato delle acque minerali negli ultimi anni. E guardando a un periodo lungo, emerge addirittura come nel 1990 in Italia erano stati imbottigliati poco più di 6 miliardi di litri di acqua e che nel 2006 tale cifra era stata doppiata. Ma nel 2010 la crisi ha […]

PAOLO POSSAMAI

Effervescente naturale. Potremmo definirlo così il mercato delle acque minerali negli ultimi anni. E guardando a un periodo lungo, emerge addirittura come nel 1990 in Italia erano stati imbottigliati poco più di 6 miliardi di litri di acqua e che nel 2006 tale cifra era stata doppiata. Ma nel 2010 la crisi ha fatto sentire i suoi effetti anche tra i produttori di acque minerali, con una contrazione del 3% sui volumi venduti. "E’ la risultante di una serie di fattori – dice Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua – che combinano una marcata riduzione della spesa nei ristoranti e nel turismo, un risparmio sui consumi familiari, lo slittamento alle marche di primo prezzo, l’influsso di una stagionalità particolarmente negativa per l’anomala incidenza di piogge e freddo. Però siamo persuasi che la ripresa non tarderà sia per i consumi interni, sia perché l’export riserva ancora grandi spazi di sviluppo".
Il 9 e 10 marzo a Napoli Mineracqua chiama gli associati a analizzare lo status quo e soprattutto a ragionare di futuro e di futuro sostenibile. In Confindustria, Mineracqua rappresenta un settore che conta 165 aziende, con 330 etichette relative a almeno 700 fonti, un giro d’affari di 2,1 miliardi e 40 mila addetti. Numeri che fanno dire a Enrico Zoppas, presidente del gruppo San Benedetto, che il settore "potrebbe conoscere un processo di concentrazione, perché è attualmente assai polverizzato". In effetti, sono in campo centinaia di imprese, però i primi 4 gruppi rappresentano oltre la metà del mercato e i primi 8 polarizzano i tre quarti delle vendite totali.
Stefano Agostini, amministratore delegato del gruppo San Pellegrino (Nestlè), sostiene che "siamo l’unico paese con un numero tanto elevato di competitor. E dunque la logica vorrebbe che andassimo a una semplificazione, dato che i margini si vanno sempre più restringendo e le politiche di sviluppo pretendono investimenti sempre più consistenti. Ma non so se siano maturi i tempi. Quanto a noi, siamo soddisfatti del portafoglio marchi di cui disponiamo, sebbene potremmo forse prendere in considerazione qualche fonte nel Meridione in modo da essere più vicini al territorio di distribuzione".
Non pensa a acquisizioni Zoppas, non in Italia quantomeno. Ma intende spingere di più sull’internazionalizzazione del gruppo veneto che fa capo alla sua famiglia. "Stiamo valutando alcune operazioni per l’ingresso in nuovi e promettenti mercati, come è la Russia e come alcuni grandi paesi balcanici. Non sappiamo se procederemo rilevando aziende locali o se realizzeremo impianti ex novo – dice il presidente del gruppo San Benedetto – ma di sicuro da questa via passa una parte importante della nostra crescita futura. In generale il fatturato estero, grazie anche ai nostri stabilimenti in Polonia, Ungheria, Spagna unitamente alle jointventures in Francia, Messico e Repubblica Domenicana, tende a crescere a ritmi molto più sostenuti del mercato italiano, che per definizione è prossimo alla saturazione".
L’acqua minerale è prodotto e consuetudine di mercato molto italiana. Non esiste un altro paese con un numero paragonabile di fonti e nessun altro paese ha ritmi di consumo tanto elevati. Di qui viene una competizione molto intensa, che si riflette anche sul prezzo finale sui banchi dei supermercati. Detta in numeri, le statistiche rilevano un consumo procapite di 187 litri all’anno (poco più di mezzo litro al giorno), con un prezzo medio di 20 centesimi al litro (il più basso a livello comunitario e fermo da anni) e una spesa media per una famiglia di 2,5 persone di 118 euro all’anno.
Mercato affollato. Da questi numeri discende anche la strategia di San Pellegrino, che sempre più vigorosamente sta puntando sulle esportazioni. Se il fatturato totale 2010 è ammontato a 917 milioni, in crescita del 4,5% sull’anno precedente, occorre pure rilevare che la quota derivante da vendite entro i confini nazionali è salita appena dello 0,4% (peraltro il settore delle bibite analcoliche ha perso volumi). Le esportazioni, invece, nel 2010 sono aumentate del 18% tant’è che l’amministratore delegato Agostini ne parla come del "motore dello sviluppo, dove fa premio la potenza del marchio e del made in Italy, soprattutto nel segmento dell’alta ristorazione. Stiamo pensando a mercati potenzialmente di enormi dimensioni come Cina, Brasile, Messico. E l’export è un driver anche per la redditività, posto che mantenere l’Ebit attorno all’11% dei ricavi è sempre più una sfida a fronte della compressione della marginalità in atto in Italia".
Considerazioni che sottoscrive pure Zoppas, il cui fatturato consolidato 2010 è consistito in 865 milioni, con un Ebitda pari a 140 milioni (indicatori entrambi stabili sul 2009). Ma sul totale i ricavi italiani valgono 510 milioni, il resto viene realizzato all’estero, ossia là dove più ampi sono gli spazi di crescita.
"L’export è in aumento tendenziale da anni, costante sia pur lento, e molti imprenditori – considera Fortuna – hanno ben compreso che questa è una leva fondamentale di sviluppo del business. Parliamo di mercati nuovi e molto remunerativi perché disposti a riconoscere un premio sul prezzo in funzione del made in Italy e della qualità di un prodotto non sofisticabile. Ma è pure evidente che per aggredire gli Stati Uniti o la Cina, per esempio, occorrono una massa critica o una capacità finanziaria di cui sono dotati pochissimi player".
Crescere è necessario, difendere quanto raggiunto anche di più. E dunque, nelle parole di Fortuna e in vista del meeting di Napoli "occorre elaborare e condividere strategie per riaffermare il valore di questo prodotto tipicamente made in Italy e battere chi fa confusione e distrugge valore". L’allusione è di semplice interpretazione: in questione sono la cosiddetta "acqua del sindaco", la campagna marchiata Coop e, soprattutto, la diffusione di caraffe e brocche per filtrare l’acqua del rubinetto.
Secondo l’indagine promossa da Mineracqua, l’iniziativa della Coop e la promozione dell’acqua fornita dagli acquedotti pubblici non avrebbero spostato affatto i consumi dalla bottiglia al rubinetto. Nel mirino vi è piuttosto un altro obiettivo. Dinanzi alla crescita esponenziale delle vendite di caraffe e brocche, Fortuna parla di "propaganda superficiale e ingannevole" perché "il filtraggio presenta gravi anomalie" e "potrebbe configurare una frode ai danni del consumatore". Da questa tesi discende l’esposto denuncia presentato dinanzi al magistrato Raffaele Guariniello. Tra le accuse rientra pure il fatto che le caraffe non sono state autorizzate dal ministero della Salute. Ma la principale casa produttrice, la tedesca Brita, replica che dispone delle autorizzazioni ministeriali di Germania e Austria.

 

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