Intervista a Richard Florida: per battere la crisi ci vorrebbe un “Creativity Stimulus”

La crisi mondiale? Quando sara’ finita, spalanchera’ le porte alla nuova era della conoscenza, e la classe creativa si accomodera’ al posto di guida. Questa e’ la buona notizia. Quella cattiva e’ che la crisi durera’ venti, forse trent’anni. Un epocale reset, per usare un termine che piace a Richard Florida, il sociologo statunitense della […]

La crisi mondiale? Quando sara’ finita, spalanchera’ le porte alla nuova era della conoscenza, e la classe creativa si accomodera’ al posto di guida. Questa e’ la buona notizia. Quella cattiva e’ che la crisi durera’ venti, forse trent’anni. Un epocale reset, per usare un termine che piace a Richard Florida, il sociologo statunitense della creative class, parlando di persone, (“L’ ascesa della nuova classe creativa. Stile di vita, valori e professioni”, 2003, “La classe creativa spicca il volo. La fuga dei cervelli: chi vince e chi perde”, 2006) e delle citta’ creative, parlando di luoghi.
Per riferirsi a entrambi, persone e luoghi, stropicciando la lingua inglese quanto basta il prof. Florida, statunitense con i nonni di Avellino,direttore del Martin Prosperity Institute alla Rotman School of Management dell’Universita’ di Toronto in Canada, usa il “chi”. “Who is your city”, “Chi e’ la tua citta’?” e’ il titolo del suo ultimo libro, dedicato ai luoghi di eccellenza, quelli che funzionano come un “magnete del talento”, perche’ riescono ad attrarre nei loro confini le teste migliori e prosperare grazie a loro. Citta’ e nazioni dove il tris talento- tecnologia- tolleranza, le “tre T”, brillante e anche anche furbo marchio di fabbrica di Florida, hanno preso la residenza. Dove il genius loci, che i latini avevano gia’ scoperto un bel po’ di tempo indietro, sta lavorando per favorire questo passaggio. Quindi sta lavorando anche per noi

Professor Florida, siamo in un periodo di crisi che, e’ lei stesso che lo dice, durera’ venti o trent’anni. E non sappiamo nemmeno in quale fase ci troviamo, le voci discordano. Parlare di creativi e creativita’ in questo momento non e’ un lusso? Ce lo possiamo permettere?
Dobbiamo farlo, perche’ finora abbiamo assistito a un grande spreco, quello del talento umano. Le organizzazioni che, soprattutto in questo momento, ragionano a breve o brevissimo termine, non lo riconoscono e non lo ricompensano. L’idea che non possiamo permetterci di valorizzare il talento perche’ c’e’ la crisi e’ il frutto di un equivoco. Non e’ vero che il progresso sia solo tecnologia, in Europa ci sono anche l’arte e la cultura che possono spingere la crescita economica. Ogni crisi si e’ accompagnata a un momento di creativita’, di apertura nella produzione artistica, pensiamo alla Germania prima della Seconda Guerra Mondiale

Eppure non sembra un gran bel momento, questo, per la classe creativa. L’aria che tira e’ quella della lotta di classe piuttosto, come qualcuno ha scritto..
E’ la prima reazione: la paura, i posti di lavoro che scompaiono. Ma dobbiamo capire invece che anche questo questo e’ un momento che si puo’ gestire senza una svolta decisa , basata sull’investimento sulla creativita’ a tutti i livelli. Questa e’ la via d’uscita, e avremo tutto il tempo per riconoscerlo. Sa che spesso i miei critici piu’ duri sono i sindacati? Ma quando poi ci incontriamo faccia a faccia, come e’ successo a Toronto, per esempio, e si parla, non ci vuole molto a convincerli che bisogna muoversi anche su questo piano. Non hanno torto, ci sono problemi urgenti e terribili come la disoccupazione che cresce, e certamente chi fa un lavoro creativo in genere ha piu’ risorse e un miglior reddito

Qual e’ il ruolo della politica?
I governi devono affrontare questo momento con un approccio bilanciato. Ecco, ci vorrebbe un piano come quello lanciato da Obama per risollevare l’economia degli Stati Uniti anche per la creativita’: un “Creativity stimulus” per creare posti di lavoro soprattutto nei settori creativi

E che cosa dovrebbero fare le aziende invece, e chi le comanda, per ricompensare i talenti, visto che la leva economica non e’ praticabile?
Se non possono ricompensarli con i soldi, possono farlo agendo sul coinvolgimento, affidando loro lavori motivanti e utili, quindi socialmente gratificanti. Possono lavorare sugli orari flessibili e sulla stabilita’ del posto di lavoro. Chi e’ spaventato non riesce ad essere creativo. Quindi e’ opportuno dare sicurezza con politiche basate sulla condivisione del rischio, riducendo orario e stipendio a tutti in altri’ernativa al licenziamento di alcuni

E’ la filosofia del contratto di solidarieta’ che abbiamo in Italia, lo sapeva ?
Certo che lo so, e’ proprio questo che intendo. Invece non va bene il telelavoro, perche’ isola e in questo momento l’isolamento fa paura

Il lavoro creativo, frutto dell’ingegno, almeno in Europa pero’ sta perdendo valore, questa e’ la realta’, non e’ una contraddizione?
Si lo e’, dobbiamo cercare una ricompensa interiore per quello che facciamo. Non possiamo guadagnare di piu’, avere un aumento?Domandiamoci se piu’ soldi ci servono davvero, o ne abbiamo bisogno solo per comprare piu’ cose, oltre a quelle che possediamo. Guardi questa borsa 24 ore, e’ vecchia ma e’ bella. Me ne serve davvero un’altra? La situazione presente, che viviamo, e’ l’occasione per rivedere tutto il nostro stile di vita. La parola d’ordine e’ reset, pero’ servono anche tanti reset individuali quante sono le persone. Il crollo dell’economia Usa conta fra le sue cause anche il fatto che noi americani consumavamo troppo. Se abbiamo un impegno, una vita piu’ soddisfacente sentiamo meno il bisogno di comperare cose. Ma questo in Europa e’ piu’ facile da capire che negli Stati Uniti. Questo e’ un momento di grande apertura e prospettive, dovremo riconoscerlo e valutarne gli effetti

Come va sul fronte della terza “T”, quella della tolleranza? Il razzismo e l’intolleranza stanno crescendo nel mondo
Non sono d’accordo. I conflitti peggiorano nei momenti di crisi, e’ vero, ma credo che le giovani generazioni abbiano meno pregiudizi razziali. L’elezione di Barack Obama e’ un aiuto su questo fronte, perche’ e’ nero ma soprattutto e’ un uomo che e’ cresciuto in diversi Paesi del mondo. Inoltre, e’ la crescita economica a richiedere la diversita’

La Cina e’ un luogo che favorisce l’ascesa della classe creativa?
In Cina hanno la classe creativa, ma e’ immigrata altrove. Pero’ la’ si investe nell’innovazione, nella ricerca nei servizi e nelle infrastrutture. In Italia dovreste fare lo stesso

L’India?
Qui e’ diverso: c’e’ il software, la tecnologia, la musica, Bollywood, l’Oscar a “The millionaire” e’ un segnale, trovo straordinario quel film, l’India presto sara’ una esplosione di creativita’ e innovazione.

Per finire le propongo un gioco, a partire dal suo libro “Who’s your city”. che stila una classifica delle citta’ ideali. La tesi e’ che non importa dove sei nato, conta dove vivi e dove scegli di vivere. Se vuoi raggiungere felicita’ personale e successo, questa e’ la decisione fondamentale. Le diro’ una classe professionale, e Lei suggerira’ qual e’ la citta’ piu’ adatta per quel lavoro e quelle persone, spiegando perche’.
Mi piace, cominciamo..

Informatici, gente che lavora con Internet, il web 2.0, le nuove tecnologie di comunicazione?
Toronto, San Francisco, Stoccolma, Helsinki, anche Amsterdam, dove ci sono gl investimenti in ricerca e innovazione

Sempre Internet e tecnologia, ma lavorando sui contenuti?
New York, Washington, Londra: sono i luoghi dove risiedono le comunita’ globali
Cinema, tv, video…
Los Angeles, New York, Londra, per le dimensioni de mercato e la lingua inglese

Ambiente e sostenibilita’?
San Francisco, Los Angeles, Auckland, Sydney, e Shangai, perche’ li’ ce n’e’ un gran bisogno e cominciano a rendersene conto adesso

Architettura e design ?
Toronto, Copenaghen, Milano, Anversa, Amsterdam, Valencia, Hong Kong, Miami

Per un ventenne?
Ancora Toronto, perche’ e’ una citta’ che da’ sostegno ai giovani, e’ sicura, e’ aperta e non discrimina. Magari Shangai, e’ eccitante vedere il tuo Paese che cresce, e’ quello che e’ accaduto a mio padre nel 900, e anche Bangalore

E lei dove vivrebbe?
Milano, Londra, Toronto.. Mi piacerebbe vivere in piu’ luoghi, non in uno solo

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