E’ solo un villaggio, ma lo troveremo”.
Hui Hui, il nostro assistente,
non ha mai sentito parlare
di Wuxi, una città industriale
in pieno sviluppo nella provincia
dello Jiangsu, a 300 chilometri da Shanghai.
Sul treno c’è uno scozzese diretto a Nanchino.
Si chiama Martin Heath e frequenta la
Cina da trent’anni. Questo è il suo ultimo
viaggio prima della pensione. Ha l’aria disincantata
di chi conosce bene questi luoghi:
“Rappresento una società di consulenze
per investimenti tecnologici. Ma ormai il
nostro è un compito puramente formale.
Presto saranno i cinesi a darci consulenze”.
Lasciamo Heath sulla banchina di Wuxi,
dove alcuni operai stanno terminando le
saldature della nuova faraonica stazione,
decisamente troppo grande per un “villaggio”
che conta comunque sei milioni di abitanti.
“Come se potessimo conoscere tutte
le città della Cina con meno di dieci milioni
di abitanti…”, sospira Hui Hui.
Abbiamo davanti ancora un’ora di taxi
attraverso un interminabile complesso di
fabbriche di recente costruzione per arrivare
alla Suntech Power, il nuovo gioiello cinese
in materia di energie rinnovabili.
Quest’azienda che produce cellule fotovoltaiche
è diventata in meno di quattro anni il
numero uno mondiale del settore. Nel paese
dei paradossi, questo è particolarmente
stridente: dopo aver strappato agli Stati
Uniti il posto di primo inquinatore del pianeta,
la Cina si è imposta anche come leader
dell’energia solare ed eolica. Grazie al
basso costo della manodopera, ma non solo.
“Se crede di avere di fronte un’azienda
che si limita a copiare, potrebbe rimanere
deluso”, dice Richard Zhang, responsabile
delle relazioni con gli investitori. “Nel 2009
abbiamo presentato 126 brevetti. Le nostre
università hanno ricevuto l’ordine di orientare
la ricerca verso le rinnovabili. Tra poco
metteremo sul mercato squadre di ingegneri
molto preparati. Ed è solo l’inizio!”.
Nei laboratori della Suntech 350 ingegneri
in camice bianco lavorano per affinare
le prestazioni fisiche del silicio. L’obiettivo
è migliorare il rendimento delle cellule fotovoltaiche,
quello che viene definito il tasso
di conversione. Nei pannelli solari, infatti,
solo una parte dei raggi viene trasformata
in energia. Attualmente la Suntech riesce a
ottenere un tasso di conversione del 19,2
per cento, il più alto al mondo. È un po’ come
nell’atletica: ogni decimo di secondo
conquistato apre nuove prospettive. E quelle
della Suntech oggi appaiono decisamente
rosee. Decine di migliaia di dipendenti
sparsi per la Cina, uici vendita in tutta Europa,
un centro di ricerca a Phoenix, in Arizona,
tre miliardi di dollari di fatturato e
una crescita vertiginosa: 494 per cento nel
2008, 43 per cento nel 2009 e 75 per cento
nel 2010. Dal 2005 la società è quotata in
borsa a Shanghai e a Wall street. Nel 2009 il
presidente e fondatore, Zheng-grong Shi, è
stato proclamato “eroe verde” da Time, un
riconoscimento particolarmente caro a Richard
Zheng. “Abbiamo fatto la stessa università
a Sydney”, spiega Zhang. “Sappiamo
che il petrolio non è eterno e che la Cina
non può crescere continuando a inquinare.
La nostra ambizione è semplice: far diventare
la Suntech entro il 2025 più importante
della Bp, la multinazionale del petrolio”.
Questa serie di superlativi avrebbe un
che di fastidioso senza l’entusiasmo di
Zhang. Il nostro uomo apre il portatile, clicca
su un documento in pdf, inforca gli occhiali
in titanio e spiega: “È il testo della
legge sulle energie rinnovabili adottata nel
2009, che inaugura una nuova politica
energetica. Entro dieci anni i tetti di tutte le
fabbriche cinesi saranno ricoperti di pannelli
solari”. Le imprese tedesche, che finora
hanno dominato il mercato, possono cominciare
a preoccuparsi. Nonostante i loro
sforzi, il prezzo di un chilowattora di energia
solare è ancora molto più elevato di
quello prodotto con gli idrocarburi. Solo
l’uso di massa dell’energia solare permetterà
di cambiare le cose. E sicuramente tutto
questo non succederà in Europa. Quando
lasciamo lo stabilimento della Suntech, uno
schermo gigante mostra in tempo reale i
risultati giornalieri: “E tutto grazie ai pannelli
solari montati sulla facciata della fabbrica,
al carbone che non abbiamo bruciato,
all’anidride carbonica che non abbiamo
emesso”. Sulla strada del ritorno vediamo
una centrale a carbone che lavora a pieno
regime, spargendo fumo nero nelle campagne
circostanti. È stata inaugurata poco più
di un anno fa.
Fonte: Internazionale