Il 15 settembre 1971 Greenpeace operava il primo blitz dei «guerriglieri ecologici». Jim Bohlen, Irving Stowe, Paul Cote e il giornalilsta Bob Hunter decisero di opporsi ai test nucleari programmati dagli Stati Uniti in Alaska facendo rotta sull’isola di Amchitka a bordo di un vecchio peschereccio, il Phyllis Cormack. La nave venne fermata prima di giungere a destinazione, ma il movimento di opinione creatosi a seguito all’azione portò alla sospensione dei test nucleari. Da quella vittoria è nata Greenpeace, che oggi conta 27 uffici in 41 Paesi, 3,5 milioni di sostenitori e circa undici milioni di attivisti online. «Quello che 40 anni fa ha mosso i primi attivisti era la consapevolezza che il mondo avesse bisogno di un movimento ambientalista e pacifista che parlasse direttamente alle persone per ispirarle ad agire», spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. «Dopo quattro decenni rimaniamo fedeli all’idea che la nostra missione è quella di testimoniare e denunciare in maniera indipendente e diretta i crimini ambientali commessi dai governi e dalle multinazionali, per dare voce al pianeta che non ne ha».
OGGI – Oggi le navi di Greenpeace sono diventate tre: a parte la Raimbow Warrior (affondata a Auckland nel 1985), c’è la Arctic Sunrise, l’Esperanza e la Rainbow Warrior II e tutto è pronto per la Raimbow Warrior III he arriverà in ottobre. La campagna più famosa dell’organizzazione ambientalista rimane quella per salvare le balene. Iniziò già nel 1975 e restano famose le immagini degi gommoni che disturbano l’azione delle baleniere e vengono «innaffiati» da idranti con acqua gelata. Tra le vittorie ottenute da Greenpeace c’è il trattato internazionale che protegge per 50 anni l’Antartide da esplorazioni petrolifere, la messa al bando delle spadare, la moratoria internazionale per la caccia commerciale alle balene (del 1982), il divieto di sversamento di scorie nucleari in mare, la salvaguardia delle foreste primarie.
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