Giappone, “Travaso acqua radioattiva in mare”

Scoraggiati dal compito che li aspetta e sollecitati dalla crescente pericolosità della centrale nucleare di Fukushima, i tecnici sono passati a metodi più sbrigativi, cominciando a riversare tonnellate d’acqua contaminata nel Pacifico con conseguenze che loro assicurano trascurabili ma che molti sospettano invece gravissime. Le operazioni di travaso in mare sono cominciate alle 19:00 ora […]

Scoraggiati dal compito che li aspetta e sollecitati dalla crescente pericolosità della centrale nucleare di Fukushima, i tecnici sono passati a metodi più sbrigativi, cominciando a riversare tonnellate d’acqua contaminata nel Pacifico con conseguenze che loro assicurano trascurabili ma che molti sospettano invece gravissime. Le operazioni di travaso in mare sono cominciate alle 19:00 ora locale, per consentire ai "liquidatori" di muoversi in sicurezza tra gli impianti danneggiati. Nell’oceano finiranno circa dodicimila tonnellate di acqua radioattiva, che è quella accumulata durante i tentativi di raffreddamento dei reattori.

Secondo la Tepco, l’azienda che gestisce Fukushima e che dirige gli sforzi della sua messa in sicurezza, il travaso non comprometterà né l’ecosistema marino né la qualità del pescato. "Se si consuma pesce proveniente dal quel mare una volta al giorno per un anno, si potranno assorbire circa 0.6 millisievert di radioattività, pari a un quarto delle normali radiazioni provenienti dall’ambiente nell’arco di un anno", ha detto un portavoce dell’azienda, peccando forse di un eccessivo ottimismo. Infatti, a sentire altri esperti giapponesi, questo rilascio di liquidi "pesanti" avrà ripercussioni drammatiche sulla fauna e la flora costiere, a cominciare dalle mutazioni genetiche che potranno colpire i pesci. Diluendole poco per volta, l’oceano è in grado di assorbire grandi quantità di sostanze venefiche. Diverso è quando la contaminazione si prolunga nel tempo: gravi pericoli minacciano allora l’ecosistema e cresce il rischio che la radioattività entri nella catena alimentare umana.

Il livello di contaminazione dell’acqua riversata in mare è cento volte superiore alla soglia massima, quindi "relativamente basso", secondo la Tepco. Tuttavia, poco prima dell’inizio delle operazioni un portavoce dell’azienda si è così scusato in tv: "Abbiamo già causato talmente tanta sofferenza agli abitanti locali. Non possiamo che esprimere il nostro dispiacere per l’imposizione di questo nuovo fardello al Paese".

Lo scarico in mare è un piano estremo, e si giustifica solo con l’impraticabilità di altre soluzioni: la Tepco non riesce a trovare spazi dove poter trasferire l’acqua radioattiva ed è perciò costretta a ricorrere a mezzi che sembrano dettati più dell’urgenza che dall’esperienza o dal buon senso. Due giorni fa s’era pensato a una piattaforma galleggiante, lunga 136 metri e larga 46, da ancorare di fronte alla centrale, con a bordo dei serbatoi enormemente capienti per immagazzinare l’acqua contaminata. Evidentemente la messa in pratica di questa opzione o si è rivelata troppo complessa oppure richiede troppo tempo.

Nel frattempo, proseguono i tentativi per identificare la crepa da cui esce altra acqua altamente radioattiva, che defluisce anch’essa direttamente nell’oceano. Sempre oggi, infine, l’Università di Tokyo ha scoperto che nella prefettura di Iwate l’onda dello tsunami dell’11 marzo ha raggiunto l’altezza record di 38 metri. Un palazzo di dieci piani.

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